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lo scenario

Da Vienna a Parigi, da Amsterdam a Berlino: l’onda euroscettica che spaventa l’Europa

Una manifestazione a sostegno di Norbert Hofer in Austria
Una manifestazione a sostegno di Norbert Hofer in Austria

Con la vittoria del verde Alexander Van der Bellen, il ballottaggio per scegliere il presidente austriaco non ha dunque segnato la svolta storica ipotizzata e temuta dalle cancellerie europee: la prima elezione diretta di un capo dello Stato appartenente all’estrema destra, in questo caso il candidato del Fpö Norbert Hofer. L’epilogo del voto a Vienna non rende tuttavia meno urgente la riflessione su un fenomeno partito da lontano e ormai diffuso in larga parte dell’Europa: l’avanzata dei partiti populisti di destra. Una destra più o meno estrema, accomunata però da toni euroscettici e xenofobi.

È un trend che coinvolge i grandi Paesi fondatori dell’Unione - la Francia del Front National come la Germania di Alternative für Deutschland - come il ricco Nord, dall’Olanda alla Danimarca. Senza dimenticare alcuni tra i giovani Paesi membri dell’Est - Polonia, Ungheria, Slovacchia - che oggi già mettono la Ue pesantemente in discussione, rispolverando a volte - è il caso del Partito del Popolo-La nostra Slovacchia - i toni di una retorica neonazista che sembrava dimenticata.

TRE SFUMATURE DI EUROSCETTICISMO
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È facile oggi individuare la causa di questa progressiva affermazione nelle due grandi crisi vissute dall’Europa nell’ultimo decennio: quella economico-finanziaria - che ha imposto ai Paesi ricchi una solidarietà sempre più malvista e ha instillato nei più poveri un’insofferenza crescente verso l’austerity imposta dalla Ue - e quella migratoria che, sommata all’emergenza terrorismo, ha prodotto una progressiva chiusura all’interno dei propri confini, al punto da far vacillare oggi conquiste dell’integrazione europea come la libera circolazione di cittadini e merci. Si tratta però di un fenomeno che ha radici più antiche.

Austria
L’Fpö di Hofer, sconfitto di misura e solo grazie ai voti postali, non è un movimento nuovo: è il partito che già con Jörg Haider sfiorò il 27% dei consensi, entrando al governo. Dopo una netta flessione, ha acquisito nell’ultimo decennio nuovo vigore ed è oggi accreditato del 34% dei consensi in un eventuale voto per rinnovare il Parlamento, teoricamente fissato per il 2018: quanto basta per rendere difficile un governo che lo escluda. Alle tradizionali battaglie xenofobe, accentuate oggi dall’emergenza immigrazione, si sono aggiunti - negli ultimi anni, sotto la guida di Heinz-Christian Strache - toni di crescente euroscetticismo.

Olanda

Per certi versi simile la parabola del Pvv, il Partito per la libertà di Geert Wilders, con la cui personalità carismatica e controversa sostanzialmente si identifica. Nato nel 2006 come movimento anti-Islam, sulle orme della lista di Pim Fortuyn, assassinato nel 2002, il partito ha via via accentuato la battaglia contro l’euro e l’Europa, “il mostro burocratico” di Bruxelles. Ha già registrato negli anni picchi nei consensi elettorali (o nei sondaggi), arrivando anche ad appoggiare dall’esterno un governo di minoranza tra il 2010 e il 2012. Mai però è stato accreditato del 37% indicato oggi che - se confermato - ne farebbe il primo partito alle elezioni politiche del prossimo marzo. Sarebbe difficile, anche in questo caso, escludere il Pvv dal governo.

Francia
Il Front National è forse l’emblema più efficace dell’avanzata delle destre in Europa. Fondato nel 1972 da esponenti del movimento neofascista Ordine nuovo, il movimento sembrava destinato al declino dopo l’exploit che aveva portato nel 2002 il fondatore Jean-Marie Le Pen al ballottaggio per le presidenziali, ma ha trovato nuovo slancio sotto la guida di Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie, che ha saputo sfrondare il Front degli aspetti più estremisti, allargando la platea dei potenziali elettori. Già forte del 25% di voti ottenuto alle Europee del 2014, cavalcando i temi della sicurezza e l’euroscetticismo crescente, il Fn è ora accreditato di un 30% in vista delle presidenziali del 2017. In virtù del doppio turno che caratterizza il sistema elettorale francese, non ha però molte chance di conquistare la presidenza, grazie alla prevedibile alleanza tra i partiti tradizionali. Sta però influenzando sempre più programmi e linee d’azione politica degli altri, soprattutto del Partito repubblicano.

Germania

Fondato come movimento euroscettico nel 2013, dall’economista Bernd Lucke, Alternative für Deutschland, escluso al suo debutto dal Bundestag perché rimasto sotto la soglia del 5%, è progressivamente cresciuto. La battaglia contro l’Europa - qui intesa come una zavorra per la florida economia tedesca - si è così saldata alla crescente insofferenza verso le ondate migratorie e verso la politica di accoglienza della cancelliera Merkel, testimoniata anche dalle iniziative del movimento anti-islamico Pegida. Con la nomina a leader del partito di Frauke Petry, l’estate scorsa, il partito ha assunto toni sempre più populisti, al punto da indurre il fondatore e altri europarlamentari a staccarsi. I risultati delle ultime regionali premiano però la nuova linea e nei sondaggi AfD è oggi accreditato dell’11%.

Gran Bretagna
La carrellata non può che chiudersi con la patria dell’euroscetticismo, la Gran Bretagna, il cui alfiere, lo Uk Independence Party (Ukip) può vantare oggi il 17% dei consensi nei sondaggi. Anche Ukip, come il Front National, ha registrato la migliore performance alle ultime Europee (27,5%), ma risulta penalizzato dalla legge elettorale nelle consultazioni politiche interne. La vera battaglia chiave per Nigel Farage e i suoi è però quella del 23 giugno prossimo: il referendum che deciderà l’eventuale uscita di Londra dalla Ue. Sarebbe il primo colpo all’architettura europea, destinato forse a non essere l’unico.

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