Con la caduta della Sirte nelle mani delle milizie di Tripoli e Misurata si allunga la lista delle roccaforti strategiche perse nelle ultime settimane dai seguaci del Califfo. Ma si offusca anche la stella del generale Khalifa Haftar che intendeva presentarsi, con l'appoggio dell'Egitto e della Francia, come il liberatore di tutta la Libia. Ora dovrà occuparsi di mantenere il potere in Cirenaica e tenere in pugno il governo di Tobruk, rivale dei tripolini. Lo Stato islamico controlla, secondo le forze lealiste, solo 20 chilometri quadrati di territorio nell'area di Sirte e i leader dell'Isis sarebbero in fuga.
Ma che fine faranno i jihadisti libici e la “legione straniera”? Un interrogativo che vale per la Libia, con frontiere da anni fuori controllo che tracimano nel Sahel e minacciano al stabilità di Tunisia e Siria. Ma anche per la Siria e l'Iraq: la spirale delle vendette settarie è in agguato. Le esperienze fallimentari dell'Iraq con Al Qaeda e dell'Afghanistan con i talebani devono spingere a una riflessione. Come pure inquieta la sorte dei foreign fighter che avevano attraversato i confini della Turchia percorrendo “l'autostrada della Jihad” di Erdogan e poi sono confluiti in Libia. Questo è un serbatoio di destabilizzazione e terrorismo che ritorna nei Paesi arabi, in Europa, in Caucaso. Come negli anni'80 tornarono dall'Afghanistan i mujaheddin della guerra contro l'Armata Rossa.
In Iraq i jihadisti hanno perso Fallujah e prima ancora Ramadi, due roccaforti del sunnismo. In Siria tre mesi fa Palmira è caduta sotto i colpi dei russi e di Assad, una sconfitta che ha aperto la strada a Raqqa, mentre una coalizione arabo-curda sostenuta da Washington ha preso Manbij, asse di rifornimento jihadista dalla Turchia. Un anno fa l'Isis controllava 200mila chilometri quadrati e 10 milioni di persone: oggi ha perso il 40% delle conquiste.
“Non è detto che la sconfitta dell'Isis alla Sirte, ottenuta anche l'appoggio di forze speciali anglo-americane, sia la fine della guerra civile e dell'anarchia libica”
In Libia la sconfitta della Sirte avrà conseguenze politiche rilevanti: il governo di Tripoli di Sarraj mette a segno un punto a suo favore e ora anche le tribù, alcune gheddafiane, che avevano sostenuto l'Isis, dovranno riposizionarsi. Ma non è detto che la sconfitta dell'Isis alla Sirte, ottenuta anche l'appoggio di forze speciali anglo-americane, sia la fine della guerra civile e dell'anarchia libica: la nostra ex Quarta Sponda abbonda di divisioni e rivalità fomentate dai “pompieri incendiari”.
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