BRUXELLES - Nel caso di un voto giovedì a favore dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione, il Regno Unito cercherà di avere con i suoi ex partner rapporti politici e commerciali che vadano al di là delle buone relazioni di vicinato. Anche i paesi dell'Unione vorranno, in un modo o nell'altro, preservare legami economici oggi molto importanti. Supponendo per un attimo che la Gran Bretagna lasci l'Unione, il paese diventerebbe il primo mercato dell'export europeo, con il 16% del totale.
Spiegava di recente in un seminario a Firenze Brigid Laffan, professore all'Istituto universitario europeo: «Se l'esito del referendum è a favore dell'uscita del paese dell'Unione, sarebbe per molti versi un salto nel buio. La posta in gioco è incredibilmente elevata per entrambe le parti». Allo stesso evento, Richard Portes, professore della London Business School, precisava: «L'intero progetto europeo sarebbe (…) a rischio, con la UE e il Regno Unito impegnati per anni in un difficile negoziato».
Concretamente, l'Unione ha firmato nel corso degli anni due accordi di collaborazione con i propri vicini, che potrebbero essere opzioni per il futuro rapporto con il Regno Unito. Con la Norvegia, l'Islanda e il Liechtenstein, paesi membri dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), la UE ha creato uno Spazio economico europeo. Con la Svizzera, invece, i Ventotto hanno firmato una lunga serie di intese per cercare di inquadrare relazioni che spaziano dal commercio all'immigrazione.
L'accordo con l'EFTA è stato firmato nel 1992 a Porto ed è entrato in vigore nel 1994. L'obiettivo è di creare uno Spazio economico europeo che allarghi ai tre paesi EFTA il mercato unico comunitario. L'intesa riguarda le quattro libertà europee – circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali – così come le regole relative alla concorrenza, agli aiuti di Stato, alla protezione dei consumatori, al diritto societario, all'ambiente, alle politiche sociali e alle statistiche.
L'intesa garantisce uguali diritti per tutti, operatori economici e persone fisiche. L'accordo tra la UE e l'EFTA esclude però alcune politiche comunitarie: l'agricoltura; la pesca; l'unione doganale; la giustizia e gli affari interni (salvo per alcune regole relative all'Area Schengen); la tassazione diretta e indiretta; l'unione economica e monetaria. Lo Spazio economico europeo è gestito da organismi paritetici, che volta per volta riuniscono leader politici, parlamentari, diplomatici.
“L’accordo Efta riguarda le quattro libertà: di circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali”
Da un punto di vista giuridico, l'accordo siglato a Porto si basa sui Trattati europei e sulla legislazione comunitaria esistente al momento della firma. Dal 1992 in poi, la legislazione comunitaria direttamente legata al mercato unico europeo deve essere volta per volta incorporata nell'accordo sancito a suo tempo dalla UE e dall'EFTA. L'adozione avviene in modo semplificato, una volta accertato che le nuove norme approvate a Bruxelles siano relative all'intesa.
Quanto alla Svizzera, questa è il paese che ha più rapporti con l'Unione al di fuori degli stati membri dello Spazio economico europeo. Le parti hanno firmato un accordo di libero commercio nel 1972, allargato ai prodotti agricoli prima nel 1999 e poi nel 2004. L'Unione rappresenta per la Svizzera il 64,7% dell'interscambio, mentre per i Ventotto la Confederazione elvetica pesa per il 7,7% del commercio estero. Più delicati da negoziare sono stati in questi decenni i tanti accordi bilaterali non prettamente economici.
Dal 1999, le parti hanno firmato un accordo di libera circolazione delle persone. La Svizzera è un membro associato dell'Area Schengen e partecipa pienamente alle regole del Principio di Dublino, relativo al diritto d'asilo. Intese vi sono anche per il trasporto aereo, e per il trasporto di persone e prodotti su rotaia e su strada. Infine, nel 2015, la Svizzera ha firmato con l'Unione un accordo che imporrà lo scambio automatico delle informazioni sui conti bancari dal 2018 in poi.
Nel 2014, gli svizzeri in un clamoroso referendum hanno deciso di imporre tetti all'immigrazione di persone, anche per i cittadini dell'Unione. L'esito del voto è in contrasto con il principio della libera circolazione delle persone, oggetto di una intesa bilaterale con l'Unione ormai quasi 20 anni fa. Le parti si stanno consultando per mettere a punto un difficile compromesso. La questione è simbolica della situazione in cui potrebbe trovarsi il Regno Unito, se votasse giovedì 23 giugno per il Brexit.
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