Madrid - Tutto come prima, tutto da rifare. Contro ogni previsione i Popolari, che con Mariano Rajoy sono al governo dal 2011, non soltanto si confermano il primo partito più votato ma guadagnano consensi e seggi rispetto al voto dello scorso dicembre. Invariati gli equilibri a sinistra con il Partito socialista che cancella l’incubo del sorpasso e conquista un buon margine di vantaggio su Podemos. Il movimento degli indignati di Pablo Iglesias, nonostante l’alleanza con la sinistra radicale, non riesce infatti a guadagnare terreno. Male i centristi di Ciudadanos.
I risultati ufficiali stravolgono i sondaggi della vigilia e ribaltano le previsioni degli exit poll diffusi subito dopo la chiusura dei seggi. Alla fine dello scrutinio alcuni dati sono evidenti: il Parlamento che verrà formato nelle prossime settimane è frammentato come quello uscito dalle elezioni dello scorso dicembre, il peso dei diversi partiti è quasi invariato; i seggi aggiuntivi ottenuti dai Popolari sono gli stessi persi da Ciudadanos, socialisti e Podemos restano più o meno sulle medesime percentuali. Di nuovo, come sei mesi fa, né la destra - Popolari e Ciudadanos - né la sinistra - Socialisti e Podemos - sono in grado di raggiungere la maggioranza assoluta.
Rajoy esce come vincitore, forse aiutato dai timori di Brexit ma non potrà governare da solo come ha fatto negli ultimi quattro anni. Il Partito popolare raggiunge il 33% dei consensi e si prende 137 seggi nella Camera bassa, l’unica determinante in Spagna per la fiducia al governo: per Rajoy si tratta di un incremento di quasi il 5% e di 14 seggi. «Rivendichiamo il diritto di governare, perchè abbiamo vinto», ha detto Rajoy nella notte davanti a una folla di sostenitori festanti davanti alla sede del partito in calle Genova. «Da domani - ha aggiunto, inizieremo a parlare con tutti in vista della formazione di un futuro governo».
I Socialisti di Pedro Sanchez tengono con il 23% e 85 seggi in Parlamento, cinque in meno dell’ultima consultazione. Podemos non riesce a sommare i suoi voti a quelli di Izquierda Unida e si ferma al 21% con 71 deputati, gli stessi che avevano in precedenza le due formazioni. Bocciato Ciudadanos con il 13% e 32 seggi, otto in meno di quanti ne aveva.
«Non sono buoni risultati, Non sono i risultati che ci aspettavamo. Non sono buoni risultati per la Spagna. E, in ogni caso, siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità di fronte al nostro popolo e continueremo a tendere la mano a tutta l’opposizione perché si possa arrivare a un governo di cambiamento. Ho già inviato un messaggio a Sanchez», questo il primo commento a caldo di Iglesias mentre cercava di consolare la platea di Podemos.
Il voto - nel quale l’affluenza ha sfiorato il 70% chiudendo poco sotto il 73% del 2015 - dunque non sblocca la politica in Spagna. Il Parlamento resterà molto frammentato, nessun partito avrà la maggioranza assoluta. Come temuto, diventa quindi molto difficile per i quattro principali partiti, vecchi e nuovi, trovare l’accordo per formare un governo.
Da sei mesi senza governo il Paese iberico cercava nelle urne una soluzione dopo che il voto dello scorso 20 dicembre aveva prodotto un Parlamento diviso in quattro, con i partiti incapaci di formare una coalizione per guidare il Paese. Ma poco sembra essere cambiato. Da domani ripartiranno i negoziati e le schermaglie per formare una coalizione , una maggioranza e forse un governo. Con lo spettro di una terza tornata elettorale se non si troverà un’intesa.
«Prima o poi governeremo la Spagna. Spero sia ora, perchè - aveva detto alla vigilia delle consultazioni Pablo Iglesias - il Paese non può più aspettare. Ci sono solo due opzioni dopo il voto: un governo con il Partito popolare o noi. Deciderà il Partito socialista se vuole appoggiare Rajoy o dare forza a un governo delle sinistre». Il leader di Podemos ha sempre cercato un accordo con i socialisti, ma alle sue condizioni, con il suo programma e sotto la sua guida. E non ha mai trovato il sostegno dei socialisti: Sanchez accusa infatti Podemos di essere «un movimento inaffidabile che vuole sfasciare il Paese».
Il premier uscente Rajoy intanto, come leader del partito più votato, attenderà la convocazione di re Felipe VI ribadendo il bisogno di stabilità del Paese e candidandosi a guidare una grande coalizione di governo che comprende popolari, socialisti e Ciudadanos. Ma per convincere gli avversari a partecipare a un simile progetto Rajoy dovrebbe fare un passo indietro rinunciando alla carica di premier, un’eventualità già esclusa nei mesi passati. Resta Ciudadanos con Albert Rivera pronto, nonostante la sconfitta, a trarre vantaggio dall’impasse politica per fare da mediatore e avere un ruolo nel prossimo esecutivo.
In definitiva, la pressione è ora tutta sul Partito socialista: il voto assegna ai socialisti la responsabilità di fare nascere un nuovo governo o invece di chiudere ogni possibilità. Solo Sanchez può sbloccare la situazione con un appoggio pieno a un governo di maggioranza o con l’astensione di fronte a un governo di minoranza.
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