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Che cosa può davvero fare la Scozia su Brexit? Tre domande e tre risposte

Nicola Sturgeon, premier scozzese
Nicola Sturgeon, premier scozzese

La Scozia è filo-europea: questa è l'unica certezza, consolidata da secoli di storia e confermata da voto della settimana scorsa. Tutte le altre notizie e voci degli ultimi giorni, dal presunto veto di Edimburgo a Brexit a un imminente secondo referendum sull'indipendenza della Scozia, sono da prendere cum grano salis. Vediamo quindi qual è la posizione attuale della Scozia, quali sono le ragioni e quali le prospettive.

La Scozia ha il potere di porre il veto a Brexit?
In una parola: no. In breve, il Parlamento scozzese ha il diritto di votare contro Brexit, ma non può impedire al Parlamento di Westminster di approvarlo.
La premier scozzese Nicola Sturgeon aveva provocato forti reazioni ieri con la sua dichiarazione che Holyrood, il Parlamento di Edimburgo, potrebbe tentare di bloccare Brexit schierandosi contro con una “mozione di consenso legislativo” invocando lo Scotland Act del 1998, lo statuto che ha dato autonomia alla Scozia. Lasciare la Ue è contro gli interessi della Scozia, ha sottolineato la premier, e quindi il Parlamento scozzese non può votare a favore. La Sturgeon non ha però mai parlato di ‘veto', sapendo che Edimburgo non ha potere di veto su Londra.
Stamani Alex Salmond, il suo predecessore, ha chiarito quello che gli esperti legali avevano già messo in chiaro: Edimburgo ha facoltà di negare il «consenso legislativo» a Brexit ma non di porre il veto a Westminster, che è il Parlamento sovrano. Il voto sarebbe quindi un segnale politico, un chiaro messaggio a Londra che la Scozia la pensa diversamente e non ha intenzione di essere “trascinata fuori dalla Ue contro la sua volontà”.
Salmond ha lodato la Sturgeon, dichiarando che «è l'unica rappresentante politica che negli ultimi giorni ha dimostrato di sapere cosa vuole e ha tracciato un percorso chiaro».

Ci sarà un secondo referendum sull'indipendenza in Scozia?
Probabilmente sì ma sicuramente non subito. Sia la Sturgeon sia Salmond hanno dichiarato più volte negli ultimi giorni che un nuovo referendum è «altamente probabile» e anche necessario dato che la situazione è drasticamente cambiata.
Un sondaggio di Survation, il primo tenuto dopo il referendum Ue, rivela oggi che il 48% degli scozzesi sono a favore dell'indipendenza, il 41% contro e il resto indecisi. Eliminando dal quadro gli indecisi, l'esito del sondaggio è del 54% a favore di lasciare il Regno Unito e il 46% contro. Secondo un altro sondaggio, condotto da Panelbase, il 52% degli scozzesi voterebbero per l'indipendenza e il 48% contro. Un terzo, di ScotPulse, mette i separatisti addirittura al 59 per cento.
Quindi sia il netto risultato pro-Ue del referendum in tutti i distretti elettorali scozzesi sia i sondaggi di opinione puntano a una netta divisione tra la Scozia e il resto del Regno Unito. Ci sono però due importanti ostacoli che impongono cautela alla Sturgeon: l'economia scozzese, fortemente indebolita dal crollo del prezzo del petrolio, e la questione di che valuta una futura Scozia indipendente userebbe, sterlina o euro.
«Se l'indipendenza è l'unico modo in cui possiamo tutelare gli interessi della Scozia, allora il popolo scozzese ha il diritto di avere questo dibattito e di prendere questa decisione», ha detto ieri la premier. Questo significa che il Governo scozzese avvierà un dialogo diretto con Bruxelles al più presto, ma per il resto aspetterà di vedere gli sviluppi della situazione a Londra. La Sturgeon è troppo abile per prendere decisioni affrettate e, dopo avere perso di misura il referendum del 2014, ne indirà un altro solo se avrà la certezza di vincerlo.

Perché la Scozia è così filo-europea?
Per ragioni storiche, sentimentali e anche economiche. Nei secoli di guerra e conflitto con l'Inghilterra, la Scozia ha sempre cercato sostegno in Europa – in particolare in Francia. Il forte risentimento verso l'invasore inglese aveva alimentato un senso di comunanza con il continente, che è rimasto anche negli oltre tre secoli dopo la definitiva annessione della Scozia al Regno Unito all'inizio del Settecento.
I sentimenti filo-europei degli scozzesi si sono poi rafforzati negli ultimi anni con una grande cooperazione economica e scambi culturali. Il 46% delle esportazioni scozzesi vanno verso i Paesi Ue, e 330mila posti di lavoro sono direttamente collegati all'Unione. La Scozia ha attratto oltre duemila imprese straniere negli ultimi anni, circa metà delle quali sono europee. La Scozia inoltre ha ricevuto generosi aiuti e fondi strutturali dalla Ue.
Ci sono circa 200mila studenti da Paesi Ue nelle Università scozzesi. Edimburgo ha autonomia in materia di Istruzione e ha optato per mantenere le tasse universitarie a 3mila sterline all'anno quando l'Inghilterra le ha triplicate a novemila, portando a un boom di iscrizioni negli atenei scozzesi. La libera circolazione degli studenti e in generale delle persone è considerata una cosa positiva da non perdere, anche perchè la Scozia ha un numero limitato di immigrati e ha anzi il problema di attrarre più lavoratori da fuori.
Sono le motivazioni storiche che spiegano perchè oggi i quasi due terzi di scozzesi che hanno votato a favore di restare nella Ue vedono Brexit come l'ennesima inaccettabile imposizione da parte di Londra.

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