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Ricapitalizzazioni, l’Italia tratta con la Ue

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la trattativa sulle banche

Ricapitalizzazioni, l’Italia tratta con la Ue

Il governo italiano è pronto a «sfidare l’Europa», ma su crescita, investimenti, occupazione e immigrazione, mentre sulle banche la strategia italiana predilige «soluzioni di mercato» che rispettino i confini delle regole Ue. Palazzo Chigi risponde così al titolo che ieri ha aperto l’edizione europea del Financial Times evocando una «sfida di Renzi all’Europa sul salvataggio delle banche in difficoltà»: un salvataggio, secondo il quotidiano della City, che potrebbe passare da «un’iniezione unilaterale di miliardi di euro» nelle banche se arrivasse «un grave pericolo sistemico». Questa mossa, chiosa il FT, «darebbe uno schiaffo al nascente regime del blocco europeo per gestire le banche in difficoltà».

Proprio quest’ultimo passaggio spiega l’ottica dell’Ft, che nonostante la presa di posizione esplicita anti-Brexit assunta a metà giugno ha subito scommesso, all’indomani del referendum, che le conseguenze dell’addio di Londra sarebbero state «da neutrali a moderatamente negative per il Regno Unito, ma devastanti per l’Ue», all’interno di un quadro in cui proprio l’Italia potrebbe essere «la prossima tessera del domino a cadere». Una visione di questo tipo non è ovviamente condivisa nelle stanze del governo, dove le banche occupano le prime voci in agenda, le strade per allargare le forme di intervento pubblico dopo la garanzia sulle nuove emissioni già ottenuta sono allo studio ma il tutto si colloca all’interno di un confronto con l’Ue su vincoli e modalità di un’eventuale azione del Tesoro.

In questo quadro arriva anche un’indicazione di peso dalla Bce, che per bocca di Ignazio Angeloni, membro del consiglio di vigilanza, ricorda il «ruolo fondamentale del sostegno pubblico per un sistema bancario ben strutturato», strumento da usare «con moderazione, non più di quanto necessario, ma neppure meno». È questo il piano su cui la trattativa è in corso, e si attendono scambi ulteriori di documenti. Da Bruxelles, del resto, sono arrivate le prime aperture sulla possibilità che la mano pubblica possa avere un ruolo in ricapitalizzazioni precauzionali delle banche più in difficoltà, e il focus delle trattative fra Roma e Bruxelles si sta concentrando sui limiti all’eventuale sospensione del «burden sharing», cioè i meccanismi di condivisione dei costi fra gli investitori quando una banca va in crisi. Ancora ieri Ricardo Cardoso, portavoce Ue sui temi Antitrust, ha confermato i «contatti con le autorità italiane», spiegando che «ci sono diverse soluzioni che si potrebbero praticare, e che sarebbero in linea con le regole Ue»; nel linguaggio di Bruxelles, però, ogni parola conta, e non va trascurato che secondo la posizione dell’Ue riassunta dal portavoce sulla concorrenza queste soluzioni andrebbero studiate «sulla base di casi precedenti» e con l’obiettivo di evitare «effetti avversi per gli investitori retail». Ed è su quest’ultimo aspetto che sembra aumentare la distanza fra Bruxelles e Roma, dove si punta a una garanzia estesa agli investitori istituzionali per eliminare ostacoli che potrebbero risultare di troppo. Il tema domina anche il dibattito politico, compreso quello interno al Pd che ha acceso la direzione di ieri, ma in questo caso la polemica si infiamma più sui passi appena compiuti. Parlando ai suoi, il premier ha rivendicato le scelte (decreto banche in primis) fatte per «salvare i conti correnti degli italiani, senza fare sconti a nessuno e commissariando le banche», e ha attaccato i “cedimenti” interni al Pd a uno «storytelling molto M5S, francamente indecente» perché «salvare i correntisti non significa fare gli interessi dei banchieri».

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