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Attacco contro la polizia a Dallas: 5 agenti uccisi. «Volevano…

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quattro cecchini

Attacco contro la polizia a Dallas: 5 agenti uccisi. «Volevano colpire poliziotti bianchi»

NEW YORK - L'America si trova improvvisamente travolta da un conflitto razziale che ha portato poche ore fa all'uccisione per vendetta di cinque poliziotti a Dallas. Altri sette poliziotti sono stati feriti, alcuni gravemente. Gli spari venivano dall’alto, da uno o più cecchini coordinati nel tendere l'imboscata mortale alle forze di polizia. Gli sparatori si erano appostati lungo il percorso di una marcia di protesta di almeno mille persone contro le recenti uccisioni di innocenti afroamericani in Luisiana e in Minnesota per mano della polizia.

La sparatoria a Dallas in diretta

La protesta si era estesa a molte città americane dopo che la fidanzata della vittima in Minnesota in una cittadina chiamata Falcon Heights, aveva messo su Internet un video che mostrava il fidanzato ferito a morte al volante, in un bagno di sangue, ancora vivo nei primi momenti del video, fuori dal finestrino aperto, il poliziotto, ancora con la pistola spianata, che parla nervosamente; di sottofondo, la voce della ragazza che parlava con voce calma nella videocamera del suo telefonino, mostrando ogni tanto il suo volto e offrendo un resoconto di quello che era accaduto. Il video, un documento incredibile e agghiacciante per il realismo della situazione, è andato virale, è stato visto da quasi 5 milioni di persone e ha generato l'orrore che ha portato alle decine di dimostrazioni in tutto il paese e alla vendetta di Dallas.

Johnson, il reduce dell’Afghanistan che vole ail «black power»

Una foto tratta dal profilo Facebook aperto a nome di Micah Xavier Johnson, 25 anni, il cecchino che ha ucciso 5 agenti a Dallas

Almeno tre dei sospetti sarebbero nelle mani delle forze dell'ordine. Il quarto, asseragliato in un garage, armato fino ai denti, è stato ucciso da una carica di esplosivo attaccata ad un robot ed è stato identificato come Micah Xavier Johnson, 25 anni. Il giovane riservista si arruolò nell'esercito americano nel 2009 e vi rimase fino all'aprile del 2015. Nel novembre del 2013 fu mandato in missione anche in Afghanistan, dove fece il carpentiere, e rientrò negli Usa nel luglio del 2014. Nella foto del profilo di Facebook appare con indosso un dashik, la camicia africana, con il pugno alzato, nel gesto simbolo del «black power». E dalla sua pagina emerge come il giovane ex caporale dell'esercito fosse affascinato da tutti i gruppi legati all'ala più estremista del movimento afroamericano, con i gruppi separatisti come le New Black Panther e l'African American Defense League. Alcuni lo hanno sentito urlare frasi minacciose: «Vi uccideremo tutti voi poliziotti, abbiamo piazzato bombe in varie parti della città». Un crimine in evoluzione dunque che ha portato il terrore in una grande città americana per via delle tensioni razziali. Il presidente Obama, a Varsavia per uno storico vertice della Nato, è stato informato degli sviluppi e segue da vicino la situazione. In serata, ieri, aveva pronunciato parole contro la violenza sugli afroamericani «certamente discriminati» aveva detto.
Il ministro della Giustizia Loretta Lynch, durante il suo discorso alla nazione dopo la sparatoria, ha definito quanto accaduto una «tragedia incomprensibile». Ha quindi rivolto un appello a coloro che manifestano pacificamente affermando: «La vostra voce è importante».

La miccia che ha fatto esplodere la vendetta

La strage di Dallas è la conseguenza orrenda di un conflitto esploso negli ultimi due giorni prima in Luisiana poi in Minnesota, con l'uccisione a sangue freddo di due afroamericani fermati dalla polizia per un semplice controllo amministrativo. In entrambi casi i poliziotti hanno reagito con nervosismo, temevano che ci fossero pistole. All'esplosione di rabbia hanno contribuito due video andati virali nel giro di poche ore raccolgono tutta la gravità delle circostanze che hanno portato alla morte due innocenti. Ora sappiamo che a Dallas si è trattato di un'operazione coordinata. Non sappiamo se ci fossero collegamenti con gli organizzatori della manifestazione ma questo, per ora lo si può escludere. Resta invece la cronaca dell'eccidio più grave in almeno 15 anni contro le forze dell'ordine per motivi razziali, gravissimo perché calcolato.

Tutto è cominciato con il video di ieri. La compagna della vittima in Minnesota, Lavish Reynolds, ha trasmesso su Facebook Live con il suo telefonino la dinamica degli eventi subito dopo gli spari. La vittima si chiamava Philando Castile, 32 anni, era stato fermato a bordo della sua auto da una volante che voleva controllare i documenti per un fanalino rotto.

Castile aveva dichiarato al poliziotto di detenere con regolare porto d'armi una pistola. Poi quando il poliziotto gli ha chiesto i documenti Castile ha infilato la mano nella tasca interna della giacca per prendere la patente e il poliziotto ha sparato. Il poveretto è stato colpito da quattro proiettili e il video mostra l'uomo insanguinato, riverso all'indietro sul sedile della macchina. Di sottofondo il racconto della dona, anche lei in macchina insieme alla vittima e alla figlia di quattro anni. La sequenza filmata mostra l'uomo già ferito, seduto al posto di guida, e un poliziotto che continua a tenere la pistola puntata contro di lui, mentre la fidanzata racconta cosa è successo; poi, si sente la voce dell'agente, che urla: «Gli ho detto di non muoversi, gli ho detto di non muovere le mani». Il giovane è morto poco dopo all'Hannepin County Medical Center.

Come si è detto, questo incidente segue di poche ore quello che ha portato all'uccisione di Alton Sterling, un altro afroamericano: in un altro video di nuovo agghiacciante, si vede la polizia che spara mentre il giovane è immobilizzato per terra da due poliziotti.

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