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Turchia, Erdogan dà il via alla grande epurazione

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dopo il golpe fallito

Turchia, Erdogan dà il via alla grande epurazione

Manifestazione pro Erdogan (Reuters)
Manifestazione pro Erdogan (Reuters)

ISTANBUL - Per un momento tornano alla memoria i ricordi del colpo di stato del settembre 1980 del generale Kenan Evren. Allora gli oppositori penzolavano dai patiboli. “Se non impiccate quelli che lo meritano si propagheranno come un virus”, disse il generale, le stesse parole che ha usato Erdogan per definire i gulenisti, un virus. L'immagine di dozzine di soldati legati, a torso nudo e sdraiati, stipati come sardine, ammassati in una palestra in cui è stato allestito un tribunale a Bakirkoy, non è quella che si vorrebbe vedere in un Paese che aspirava all'Europa.

Non scorre il sangue come nei linciaggi per strada ma è cruda perché è quella di una Turchia tornata tristemente indietro nel tempo. Assassinii politici compresi: il vice sindaco del distretto Sisli di Istanbul è stato ucciso ieri da una coppia di assalitori che gli hanno sparato alla testa. L'aggressore è entrato nell'ufficio di Cemil Candas quando sono stati uditi degli spari. A governare il distretto è il Partito popolare repubblicano Chp, all'opposizione.

La tensione non si allenta mentre si susseguono le notizie di migliaia di arresti, la più colossale epurazione nella storia della Turchia recente. Le purghe hanno colpito le forze armate, almeno 3mila i soldati senza stellette, e anche la polizia. Sono 7850 gli agenti costretti a riconsegnare arma d'ordinanza e distintivo per poi essere esonerati dal servizio.

I dipendenti del ministero dell'Interno sollevati dai loro incarichi in totale sono quasi 9 mila di cui 7.850 poliziotti, 614 gendarmi, 30 prefetti e 47 governatori di distretti provinciali. In manette sono finiti anche 103 tra generali e ammiragli (un terzo del totale). Poi c'è il personale legato alla magistratura: il 36% dei giudici e dei procuratori è stato eliminato e infine circa 1.500 dipendenti del ministero della Finanze sono stati sollevati dai loro incarichi per presunti legami con il religioso Fethullah Gulen, predicatore islamico moderato passato da alleato di Erdogan a suo acerrimo oppositore, esiliato negli Usa, al quale presidente turco ha subito addossato la regia occulta del tentato golpe. Le autorità turche hanno inoltre vietato l'espatrio ai dipendenti pubblici, provvedimento che riguarda quasi il 5% della popolazione turca.

Proviamo ad analizzare gli eventi con Yavuz Baydar, giornalista eccellente e sopravvissuto alle purghe erdoganiane: «Non c'è dubbio che il golpe di venerdì ha riproposto un modello di presa del potere fuori dalla storia ma non è corretto affermare che si è trattato di autogolpe orchestrato da Erdogan. Da mesi arrivavano segnali di insofferenza: i militari erano stanchi della drammatica situazione sul confine siriano, poi era arrivata la sentenza della Cassazione che riabilitava gli ufficiali finiti sotto processo per Ergenekon (presunta organizzazione clandestina kemalista). Credo che il colpo di stato sia stato preparato a lungo ma male organizzato: è probabile che la decisione di entrare in azione sia stata accelerata da elementi delle forze armate che sapevano di essere già nella lista nera degli epurati».

Uno di questi, che sicuramente sarebbe saltato alla prossima riunione dell'Alto consiglio militare, è il capo dell'Aviazione, Akin Ozturk, che ha prima ha confessato poi successivamente ritrattato di essere la mente del golpe. Il colpo di stato, cui hanno aderito non sono solo gulenisti ma anche kemalisti, non ha avuto l'appoggio di gran parte delle Forze Armate che però sono restate a guardare senza intervenire e infatti nelle strade i ribelli sono stati fermati dalla polizia, non dai militari.

Non solo. Anche i poliziotti sono rimasti senza ordini, con plotoni di giovani leve impaurite. Il comandante della base Nato di Istanbul, come quello di Incirlik, è stato arrestato mentre il suo vice è stato ucciso da un proiettile sul ponte del Bosforo.

Quando cadono anche i generali è difficile immaginare che il colpo di stato sia stata una messa in scena. E non lo è certamente per quei soldati imprigionati e legato a torso nudo che rischiano assai se il Parlamento introdurrà di nuovo la pena di morte, cancellata un decennio fa per compiacere le richieste dell'Unione europea.

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