
Potrebbe essere stato Inspire, il magazine di Al-Qaeda, a ispirare direttamente o indirettamente il killer di Nizza. Come riferisce Site, il sito internet di monitoraggio delle attività jihadiste, in uno dei numeri del periodico venne suggerito ai fedeli di usare i camion come delle falciatrici, «non per tagliare l’erba ma per falciare i nemici di Allah».
Ma com’è fatto Inspire?
A sfogliarlo non sembra - almeno graficamente - aver molto a che fare con i format più consueti di propaganda jihadista su internet. In compenso i contenuti fanno davvero paura. Elegante nell’impaginazione e tutta scritta in inglese, la rivista di Al-Qaeda (o presunta tale) comparve sul web per la prima volta nel gennaio 2010, diffusa in pdf all’interno di un virus informatico, con un numero monografico dedicato alla costruzione di bombe fatte in casa. La seconda uscita era dedicata a una generica “chiamata alle armi” contro gli Stati Uniti, anche - appunto - utilizzando un pick up per falciare gli infedeli; la quarta si focalizzava più nello specifico su come piazzare bombe sugli aerei americani, la sesta (luglio 2011) era dedicata alla morte di Osama Bin Laden, mentre la settima celebrava l’11 settembre.
Nei numeri successivi di Inspire (la cui testata è un omaggio al verso del Corano che recita «ispira i credenti a combattere») vengono approfondite le tecniche del reclutamento dei “lupi solitari”, degli attacchi suicidi, delle azioni con autobombe e le istruzioni per costruire un mini-ordigno in grado di eludere i controlli di sicurezza aeroportuali, con consigli su quali aerei piazzare le bombe.
L’ultimo numero conosciuto, il quattordicesimo, è stato pubblicato il 9 settembre scorso: ottantotto pagine, in inglese e in arabo, stavolta con un focus particolare sulle operazioni omicide. Il filo conduttore dell’ultima uscita segue la scia delle due precedenti, fornendo una valanga di informazioni su come preparare un’azione omicida, dalla selezione del bersaglio all’esecuzione pratica. L’attacco alla redazione di Charlie Hebdo viene ampiamente rievocato nei minimi dettagli come case study, dalla fase di preparazione effettuata nella penisola araba all’esecuzione, con Cherif e Said Kouachi dipinti come esempi da seguire.
Uno degli articoli, dal titolo “Assassinations – Field Tactics” (“Omicidi - tattiche operative”), fornisce anche nomi e cognomi di alcuni possibili obiettivi da colpire «per portare instabilità nell’economia americana»: economisti come Ben Bernanke e James Shiller, ma anche «ricchi imprenditori» del calibro di Bill Gates, Warren Buffet, Michael Bloomberg, i fratelli Koch e Lawrence Joseph (ceo di Oracle).
Last but not least, l’ultimo Inspire contiene anche una guida su come costruire una bomba a mano a tempo, partendo dalla lista di materiali necessari e proseguendo con l’assemblaggio dell’ordigno step-by-step, con tanto di immagini per chiarire bene ogni passaggio. Non mancano le misure di sicurezza e le istruzioni per verificare che la bomba funzioni.
Attenzione alla data di uscita dell’ultimo numero: il 9 settembre, due giorni prima dell’anniversario dell’11 settembre. «Non è un caso - spiega Rita Katz, direttore di Site - perché serve a “ispirare” sia sul piano teorico che su quello pratico i “lupi solitari” o le cellule che vogliono commettere attacchi nell’anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle».
Con la sua grafica elegante e gli articoli in inglese colloquiale, Inspire, a differenza della propaganda generica in lingua araba, mira al reclutamento di un fascia specifica di persone, istruite e sensibili a certi tipi di messaggi. Un target inconsueto, tanto da aver fatto sorgere in alcuni analisti dubbi sull’autenticità del magazine. Thomas Hegghammer, del Norwegian Defence Research Establishment, nota che «non c’è nulla di particolarmente unico o allarmante» nel magazine ed è pure «difficile determinare con precisione i legami dei giornalisti con Al-Qaeda: giudicando dalla massa di materiale riciclato su Inspire, sarei sorpreso di scoprire un legame forte con Al-Qaeda».
Di diversa opinione Site e parte dei servizi occidentali, i quali ritengono che dietro il magazine ci sia Anwar al-Awlaki, un leader di Al-Qaeda nascosto nello Yemen che compare nell’elenco “capture or kill” statunitense.
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