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La Corte Ue boccia il ricorso della Slovenia, il bail-in è…

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ok alla ripartizione degli oneri

La Corte Ue boccia il ricorso della Slovenia, il bail-in è legittimo

  • –dal nostro corrispondente

BRUXELLES - In una decisione relativa a un caso bancario sloveno, la Corte europea di Giustizia ha pubblicato stamani una sentenza in cui la magistratura comunitaria dà ragione alla Commissione europea quando impone perdite agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati, in occasione di un salvataggio pubblico di una istituzione di credito. La presa di posizione giunge mentre il governo italiano sta negoziando con Bruxelles un delicato pacchetto di aiuti al settore creditizio.

«La comunicazione della Commissione sugli aiuti al settore bancario è valida – riassume in un comunicato la Corte -. In particolare, non viola il diritto dell'Unione la ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell'autorizzazione, da parte della Commissione, degli aiuti di Stato a favore di una banca sottocapitalizzata». La sentenza riguarda il salvataggio nel 2013 di cinque banche slovene da parte dello Stato, con il contributo degli investitori - come previsto dalle regole comunitarie.

Alla luce della legislazione europea e a seguito dell'operazione decisa da Lubiana, la Corte costituzionale slovena ha chiesto tempo fa alla magistratura comunitaria di pronunciarsi sulla validità e sull'interpretazione delle disposizioni della comunicazione della Commissione sul settore bancario (del 2013). In primis, la magistratura comunitaria fa notare che le linee-guida non vincolano direttamente il paese membro, ma solo la Commissione europea.

A proposito del contributo degli investitori al salvataggio, la Corte ritiene che le norme comunitarie siano in linea con i Trattati. «Le misure di ripartizione degli oneri mirano a garantire che, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, le banche in carenza di capitale operino, con i propri investitori, una riduzione del deficit, in particolare attraverso la raccolta di capitale nonché attraverso contributi dei creditori subordinati, essendo tali misure idonee a limitare l'entità dell'aiuto di Stato concesso».

«Una diversa soluzione – sempre secondo la Corte - rischierebbe di provocare distorsioni della concorrenza, in quanto le banche, i cui azionisti e creditori subordinati non avessero contribuito alla riduzione del deficit di capitale, riceverebbero un aiuto di Stato maggiore rispetto a quanto sarebbe stato sufficiente per colmare il residuale deficit di capitale (…). Nell'adottare la comunicazione, la Commissione non ha sconfinato nell'area delle competenze affidate al Consiglio dell'Unione europea»

Alcuni osservatori in Italia speravano che la sentenza di oggi avrebbe dato ragione al governo italiano nella sua trattativa con Bruxelles (si veda Il Sole 24 Ore del 9 luglio). L'esecutivo vorrebbe in un modo o nell'altro sospendere le regole di burden sharing, ossia il principio secondo il quale gli investitori di una banca sono chiamati a contribuire a un salvataggio pubblico. Una fetta dell'estabablishment italiano si interroga anche sulla costituzionalità del principio comunitario.

La sentenza di oggi precisa invece che il principio è valido e che la Commissione ha il potere di imporne l'applicazione. La decisione di giustizia non prende posizione su eventuali sospensioni. Le regole europee prevedono eccezioni al burden sharing in caso di impatto sproporzionato o rischi finanziari. La commissaria alla concorrenza Margrethe Verstager ha già fatto notare che dal suo punto di vista il secondo fattore non è in questo momento presente (si veda Il Sole 24 Ore del 15 luglio).

Nel contempo, però, la stessa Commissione europea ha spiegato che è pronta a evitare un impatto eccessivo per gli investitori non istituzionali, nel caso di salvataggio pubblico. Da alcuni giorni, si fa strada l'idea che l'esito del negoziato tra Roma e Bruxelles possa imporre una qualche forma di burden sharing per gli investitori istituzionali, mentre quelli non istituzionali potrebbero recuperare l'investimento ex post, per esempio denunciando forme di raggiro al momento della vendita.

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