DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES – In un contesto politico avvelenato da tensioni politiche e da attacchi terroristici, la Commissione europea ha dato oggi tre mesi alla Polonia perché corregga il funzionamento della Corte costituzionale, e metta mano alla deriva dello stato di diritto nel paese. La clamorosa decisione, la prima del suo genere, è un nuovo passaggio verso possibili sanzioni contro Varsavia, a cui l'establishment comunitario rimprovera scelte controverse relative in particolare alla magistratura.
“Nonostante il dialogo aperto con le autorità polacche dall'inizio dell'anno – ha spiegato in una conferenza stampa qui a Bruxelles il vice presidente dell'esecutivo comunitario Frans Timmermans –, la Commissione europea considera che i principali nodi che minacciano lo stato di diritto in Polonia non sono stati risolti. Stiamo quindi inviando concrete raccomandazioni alle autorità polacche in modo che queste affrontino le nostre preoccupazioni relative alla Corte costituzionale”.
Il tribunale è stato oggetto di varie modifiche, l'ultima delle quali approvata dal Parlamento polacco il 22 luglio. A rischio, secondo la Commissione, è l'indipendenza della magistratura. Tra le altre cose, nella sua raccomandazione, l'esecutivo comunitario mette l'accento sulla necessità di applicare e pubblicare le sentenze della Corte, e sulla nomina di tre giudici avvenuta nel 2015 dal precedente governo e che l'attuale esecutivo si è rifiutato finora di mettere in pratica.
Da tempo, Bruxelles sta puntando il dito contro una serie di controverse decisioni prese dal governo nazionalista guidato da Beata Szydlo e arrivato al potere alla fine dell'anno scorso. Mai prima di oggi, la Commissione europea aveva utilizzato questa procedura relativa allo stato di diritto e che potrebbe permettere ai partner della Polonia di sanzionare il paese nel caso la raccomandazione non venisse rispettata. Varsavia ha tre mesi di tempo per introdurre i cambiamenti richiesti.
“La Commissione rimane pronta a perseguire una discussione costruttiva con il governo polacco – si legge in un comunicato -. Se non vi sono risposte soddisfacenti entro il periodo di tempo previsto, la procedura dell'articolo 7 sarà possibile”. Quest'ultima norma dei Trattati prevede l'unanimità dei paesi membri quando si tratta di dichiarare la violazione dello stato di diritto in un paese dell'Unione e successivamente la maggioranza qualificata per eventualmente adottare sanzioni.
In questo momento, sanzioni a Varsavia appaiono improbabili, anche perché alcuni paesi dell'Est Europa hanno appoggiato la Polonia nel suo braccio di ferro con Bruxelles. La vicenda resta particolarmente preoccupante perché mette in luce le tensioni nazionali non solo all'interno di singoli paesi membri, ma soprattutto tra i paesi membri (si veda Il Sole/24 Ore del 2 giugno). Già in giugno la Commissione europea aveva inviato a Varsavia una sua opinione sullo stato di diritto in Polonia.
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