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La Banca del Giappone spinge la Borsa a suo rischio

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le mosse della boj

La Banca del Giappone spinge la Borsa a suo rischio

Il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda
Il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda

TOKYO – Altro che l’”helicopter money” di cui nei mercati finanziari si favoleggiava nelle ultime settimane pur se il governatore Kuroda l'aveva esclusa: la Banca del Giappone ha allentato ieri la politica monetaria in una forma modesta, limitandosi ad annunciare il raddoppio degli acquisti di Exchange-Traded Funds (ETF) da 3.300 a 6mila miliardi di yen annui (oltre 52 miliardi di euro).

A molti osservatori non è parsa certo una misura da “whatever it takes” (come promesso in passato da Kuroda) per avvicinare il target di inflazione del 2%, ma di una sorta di riconoscimento che la BoJ è ormai a corto di munizioni e che il vero stimolo all'economia giapponese non potrà che arrivare dall'ampio pacchetto fiscale che il premier Shinzo Abe ha preannunciato nei giorni scorsi e dettaglierà settimana prossima in coincidenza con un rimpasto governativo post-elettorale.

Scampato pericolo per le banche

Eppure il mercato ha finito per cogliere un risvolto positivo: se lo yen si è un po' rafforzato, dopo uno sbandamento iniziale da delusione il Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,5%, in quanto una pioggia di acquisti si è riversata sulle banche per lo scampato pericolo. Se la BoJ avesse portato i tassi in territorio ulteriormente negativo, titoli e redditività delle banche ne avrebbero sofferto. Invece, nessuna mossa audace è arrivata né sono stati aumentati gli acquisti di titoli di stato. Piuttosto, la BoJ – pressata dai politici e dal mercato a non restare inattiva - ha deciso di assumere più rischi in bilancio, esponendosi pure all'accusa di voler manipolare il mercato azionario, di cui diventa sempre più un prim'attore rastrellando ETF: lo hanno fatto notare anche i due membri del board dissenzienti.

A parte che maggiori acquisti di ETF non avvicinano il target sull'inflazione, c'è anche l'inquietante paradosso della coincidenza con il giorno in cui il principale fondo pensione pubblico del mondo, il GPIF, ha annunciato una perdita cartacea record nella scorsa annata equivalente a oltre 51 miliardi di dollari, proprio a causa della maggiore esposizione all'azionario - più che raddoppiata al 44% degli investimenti - imposta dal governo Abe (altri 50 miliardi la stima del rosso GPIF solo nell'ultimo trimestre). Curioso, poi, il linguaggio del comunicato ufficiale, che inizia con un «alla luce del voto del Regno Unito per lasciare la Ue e del rallentamento delle economie emergenti…».

Mentre i record a Wall Street e la calma di altre banche centrali avevano contribuito a smussare i timori per la Brexit, la Nippon Ginko va a caccia di fattori “esterni” per giustificare la nuova revisione al ribasso delle stime sull'inflazione (solo +0,1% nell'annata in corso, rispetto alla precedente previsione di +0,5%): una (non necessariamente convinta) drammatizzazione della congiuntura internazionale sulla scia di quanto fatto dal premier Abe al vertice G7 per preparare l'annuncio del rinvio del previsto rialzo dell'Iva. Anche in via precauzionale, la BoJ ha deciso tra l'altro di facilitare a banche e aziende l'accesso a valuta estera (dollari).

Inflazione e prezzi in calo
Ieri i dati su giugno hanno segnalato un calo dello 0,5% dei prezzi al consumo “core” (il peggio dal marzo 2013), tra una contrazione del 2,2% della spesa delle famiglie. Per il resto, la BoJ abbonda di avverbi indegni di un istituto centrale come “oomune” e ”yokobai: “più o meno” confermiamo le previsioni sull'inflazione nel 2017 e 2018, “grosso modo” export e produzione sono rimasti piatti e invariata l'utilizzazione di lavoro e capitale. O come “shibaraku no aida” e altre vaghe espressioni: “per qualche tempo” (?) export e produzione dovrebbero rimanere fiacchi, “in questa fase di transizione” l'inflazione resterà a zero e leggermente negativa, a causa del declino dei prezzi dell'energia.

Un annuncio sibillino
Più sibillino ma efficace l'annuncio finale: sempre premesse le incertezze internazionali, la BoJ condurrà una “valutazione comprensiva” della situazione di economia e prezzi e degli effetti della sua politica, in tempo per il prossimo meeting di settembre. Kuroda ha negato che questo voglia dire un abbandono del target del 2% sull'inflazione, del resto già diventato quasi una barzelletta in quanto continuamente rinviato (da ultima all'annata 2017, ossia al 2018) e da ieri accompagnato ufficialmente da “considerevoli incertezze”.

A settembre, insomma, potrebbero esserci sorprese con qualche cambiamento di rotta: le banche, ad esempio, sperano che la BoJ si rimangi la politica dei tassi negativi introdotta a febbraio e considerata controproducente in Giappone anche da molti analisti. Abbastanza per tenere sulla corda il mercato e far dire agli analisti di Nomura: la Boj è stata astuta a evitare di deluderlo troppo, sostenendo la Borsa sia con l'impegno a più acquisti di Etf sia con una spinta ai titoli delle banche con l'evitare tassi più negativi.

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