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Un arresto e un’espulsione. Chi sono i due islamici fermati in Italia

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dopo l’arresto del giovane siriano

Un arresto e un’espulsione. Chi sono i due islamici fermati in Italia

Poliziotti  in piazza San Pietro a Roma
Poliziotti in piazza San Pietro a Roma

Uno arrestato e l’altro espulso. Uno, siriano, aspirante affiliato ai qaedisti di al Nusra, l’altro, pachistano, aveva già giurato fedeltà al califfo. I due estremisti islamici bloccati in questi ultimi giorni in Italia avevano diversi obiettivi: il siriano voleva tornare nel suo paese d’origine e unirsi alla lotta armata contro il regime di Assad; il pachistano voleva colpire qui in Italia una rivendita di alcolici, proibiti dall’Islam, obiettivo come al solito non scelto a caso fra chi poi vuole rivendicare una ispirazione e/o affiliazione dell’Isis. I due casi non sono collegati ma ovviamente alimentano la paura che quanto accaduto in Francia e Germania possa ripetersi in Italia. Elemento comune è che i giovani appartengono a famiglie musulmane all’apparenza “normali”, che non coltivano l’estremismo ma vivono pacificamente in Italia.

Il giorno dopo l’operazione antiterrorismo a Genova che ha portato all’arresto del giovane siriano che voleva unirsi allla lotta qaedista in Siria, parlano gli imam coinvolti nell’indagine: «Predichiamo la pace, sempre. Anche durante l'ultima preghiera di venerdì scorso dove ho condannato gli attentati in Francia». Così si difendono i predicatori genovesi indagati per associazione con finalità terroristiche nell'inchiesta della procura di Genova che ha portato
all'arresto del siriano 23enne. Dall'inchiesta della Digos, coordinata dal pm Federico Manotti, emerge che due dei tre imam indagati avrebbero messo in
piedi una terza moschea a Sampierdarena, dove si riunirebbero i musulmani con posizioni radicali e dove stava per nascere una vera e propria cellula jihadista, scrive Il Secolo XIX. «Non è così - continua l'imam - anzi noi siamo contro il terrorismo. Tra i documenti sequestrati dagli agenti ci sono i
nostri depliant contro la violenza, contro il terrorismo». Il perno dell'inchiesta sarebbe l' albanese, Bledar Brestha, 34 anni, predicatore del centro 'Al Fajer' di piazza Durazzo, con alle spalle studi in giurisprudenza islamica. È lui il punto di
contatto con il giovane siriano. E' lui che con l'altro imam Mohamed Naji, 33 anni, marocchino che secondo la procura avrebbe abbracciato l'estremismo islamico (predica nella sala di preghiera di vico Amandorla) creando la nuova moschea a Sampierdarena dove lo stesso ragazzo viene ospitato durante i
suoi soggiorni in Liguria.

A Genova arrestato giovane siriano per arruolamento terroristico

Il ventenne siriano
Il siriano si chiama Mahmoud Jrad, ha 23 anni ed è stato fermato oggi a Varese dalla Digos nell'ambito dell'indagine condotta dalla procura distrettuale antiterrorismo di Genova. L'accusa è di associazione e arruolamento con finalità di terrorismo. Insieme col giovane, indagate 6 persone tra le quali 3 imam di Genova. Indagato anche il fratello più giovane del 23enne, che avrebbe dovuto accompagnarlo nel viaggio in Siria: Mamhoud voleva unirsi a Jabat al Nusra (“Partigiani del soccorso al popolo della Grande Siria”, ndr), gruppo armato legato ad Al Qaeda. È stato fermato quando è stato chiaro che stava pianificando il viaggio e vi era quindi un pericolo di fuga. A far partire l'indagine della procura genovese, un input dell'intelligence.

Il fermo di Jrad è legato all'arresto dei libici all’inizio dell'anno al porto di Genova. In entrambi i casi i fermati avrebbero avuto rapporti con un soggetto oggetto di perquisizioni, oggi, sempre a Genova. Il giovane viveva in forte rapporto conflittuale con la famiglia: i parenti osteggiavano fortemente le sue scelte radicali. Il giovane, ora in carcere a Varese, era già stato in Siria nel 2015 e vi era rimasto per due mesi. Dopo il rientro a casa a Varese, dove risiede insieme alla famiglia, era stato a Genova, poi si era trasferito nel Lazio per un lavoro da edile, ma si era licenziato a causa dei forti contrasti con gli altri colleghi di fede musulmana, sempre per ragioni legate alle sue idee ortodosse.

Il padre del 23enne è in Italia dal 2009; intorno al 2012 il giovane lo ha raggiunto insieme al resto della famiglia, composta da madre e quattro fratelli. Ma Mahmoud Jrad non avrebbe mai voluto integrarsi e, nel corso della sua permanenza in Italia, si era sempre più rifugiato nella fede: l'operazione infatti è stata chiamata Fitna che, in lingua araba, ha diversi significati e indica «dissidio, conflitto, tormento», proprio perché il giovane, secondo quanto emerso dall'indagine, era tormentato e riluttante a integrarsi come aveva invece fatto la sua famiglia. I parenti, di fronte alla sua idea di tornare in Siria a combattere, avevano tentato di tutto per fermarlo, senza esito.

Nell’operazione sono state perquisite sei persone, tra cui i 3 imam e altri due soggetti che frequentavano i luoghi di culto di Genova e Rapallo, sono stati iscritti nel registro degli indagati per ragioni di garanzia.

Il pakistano giocatore di cricket
Fra i potenziali obiettivi del pakistano di 26 anni che viveva nella provincia milanese, espulso il 1° agosto, ci sarebbe stata una rivendita di alcolici da colpire con armi da fuoco e militari, dicono i carabinieri del Ros. L'aspirante combattente, che avrebbe già prestato giuramento di sottomissione al califfo, ha sostenuto di essere a conoscenza della possibilità di reperire materiale per la costruzione di ordigni esplosivi. Dai primi accertamenti, pare che nessuno avesse avuto consapevolezza o sentore del cammino verso l'estremizzazione islamica del giovane, ma su di lui hanno indagato per mesi i carabinieri del Ros.

A Vaprio d'Adda, comune del Milanese che si estende anche in Brianza, dove ha vissuto fino al blitz, alcuni conoscenti si sono lasciati sfuggire un commento: «una famiglia normale, niente di sospetto». Infatti la famiglia - tutti musulmani - al momento è risultata estranea al comportamento del giovane. Ovviamente gli investigatori stanno ancora lavorando sui suoi contatti e su cosa o chi potrebbe averlo portato sulla strada dell'estremismo religioso.

Il ventiseienne pachistano espulso si chiama Farook Aftab, è ora in viaggio per Islamabad, A confermarlo all'Ansa è il fratello del magazziniere, che ha raccontato che l'uomo è atterrato a Lahore, in Pakistan, da dove è stato accompagnato in macchina verso la capitale. Il fratello ha raccontato che il giovane aveva in programma, per settembre, di fare un viaggio, a scopo turistico in Marocco insieme alla moglie. Inoltre ha confermato che nel 2009 il ragazzo espulso ha giocato per diversi anni nei Kingsgrove Milano e nella squadra nazionale italiana under 19. N.F., il maggiore dei fratelli di Aftab, ha inoltre sottolineato che il fratello «era un collezionista di monete, stampi, bolli e amava la vita» e «adorava gli animali. Non avrebbe mai fatto quello che scrivono giornali».

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