L'Italia è pronta «a considerare positivamente un eventuale utilizzo delle basi sul territorio nazionale, se dovesse essere funzionale ad una più rapida ed efficace conclusione delle operazioni in corso». Lo ha detto il ministro della Difesa Roberta Pinotti, rispondendo ad un'interrogazione sul coinvolgimento dell'Italia nelle operazioni aeree statunitensi contro lo Stato Islamico scatenate sulla città libica di Sirte lunedì. L'ipotesi, anche se per ora non vi sono segnali in tal senso, è che Washington chieda di poter impiegare la base di Sigonella per le incursioni dei droni armati Reaper.
Negli ultimi giorni su Sirte sono stati impiegati velivoli teleguidati decollati dalla lontana Giordania per aggirare il divieto posto da Roma all'impiego delle sue basi per missioni di attacco sul suolo libico. Una limitazione fortemente contestata dagli Stati Uniti quando nei mesi scorsi venne rinnovato l'accordo per l'uso di Sigonella ma che potrebbe venire rimossa dal governo italiano.
Il comando militare di Tripoli ha fatto sapere che la decina di raid effettuati dai cacciabombardieri Harrier e dagli elicotteri da attacco Super Cobra dei marines decollati dalla portaelicotteri Wasp hanno già consentito progressi alle milizie di Misurata, che starebbero avanzando nel centro di Sirte.
Di certo i limiti imposti dai pochi velivoli messi in campo e dai soli 30 giorni di incursioni annunciati da Barack Obama (che per prolungarli dovrebbe chiedere al Congresso un via libera inusuale per un presidente in scadenza) inducono a ritenere che l'intervento a stelle e strisce potrà dare una mano alle milizie filo-Tripoli sul fronte di Sirte ma non risulterà decisivo nella guerra contro lo Stato Islamico in Libia, i cui miliziani si sono già in gran parte dispersi nel deserto a sud della città.
Di fatto contro l'IS è stato aperto un nuovo fronte a bassa intensità, come quelli in Siria e Iraq (in media 5 raid al giorno su Sirte contro i 20/25 della Coalizione in Medio Oriente), cioè un intervento molto blando ma che a differenza dei fronti mediorientali non vede impegnata la Coalizione costituita contro lo Stato Islamico ma solo forze statunitensi e britanniche.
Londra non ha messo in campo velivoli ma sue unità di forze speciali sono da tempo segnalate al fianco delle milizie di Misurata sul fronte di Sirte al punto che a fine giugno il premier Fayez al-Sarraj ringraziò pubblicamente un non meglio specificato Paese (che anche la BBC indicò essere la Gran Bretagna) per il supporto militare ricevuto.
Se consideriamo il ruolo rilevante ricoperto dalle forze speciali francesi al fianco delle truppe del generale Khalifa Haftar che combatte le milizie qaediste e dei Fratelli Musulmani in Cirenaica appare evidente come il tramonto dell'ipotesi di schierare una forza internazionale sotto la guida dell'Onu e a guida italiana abbia lasciato spazio all'intervento di contingenti di alcune potenze che perseguono interessi nazionali probabilmente neppure coincidenti tra loro.
I raid statunitensi del resto evidenziano la marginalità dell'Unione Europea e dell'Italia rispetto alla nostra ex colonia limitando ancor di più la capacità di Roma e Bruxelles di influenzare il governo libico sul fronte dei flussi migratori illegali.
“Il tramonto dell'ipotesi di schierare una forza internazionale a guida italiana ha lasciato spazio all'intervento di alcune potenze con interessi divergenti”
Non si può infatti non notare che al-Sarraj si è rivolto a Washington per combattere con più efficacia lo Stato Islamico ma non ha chiesto alle flotte italiana ed europea di intervenire sulla costa e nelle acque libiche per contrastare i trafficanti di esseri umani tra i quali vi sono anche molte milizie e tribù che sostengono il governo di Tripoli.
Le incursioni aeree americane potrebbero poi rivelarsi un boomerang per la traballante posizione di al-Sarraj che ha chiesto i raid per superare l'impasse sul campo di battaglia, che vedeva le milizie di Misurata inchiodate dal fuoco dei jihadisti, e lamentare l'assenza dal fronte del governo e delle altre milizie della Tripolitania. Milizie e partiti Salafiti e dei Fratelli Musulmani che appoggiano al-Sarraj su indicazione dei loro sponsor in Turchia e Qatar, potrebbero infatti guardare con diffidenza ai raid aerei americani tenuto conto che il premier aveva fatto una bandiera del principio di escludere interventi militari stranieri sul suolo libico.
A Tobruk, dove siede il governo laico rivale di quello di Tripoli e il parlamento che non ha mai legittimato il governo di al-Sarraj, lo speaker della Camera dei deputati Aguila Saleh ha dichiarato che «l'intervento straniero in Libia costituisce una violazione della Costituzione».
Decisamente ostile anche il “Consiglio supremo delle tribù e delle città della Libia”, che aveva accolto il governo di al-Sarraj con moderato ottimismo e ha definito le incursioni statunitensi un «intervento imperialista che sarà sfruttato dal governo di unità di Tripoli per colpire i suoi oppositori».
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