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Preso il reclutatore dell’Isis in Italia

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guerra al terrorismo

Preso il reclutatore dell’Isis in Italia

AbuNassim - Ansa
AbuNassim - Ansa

La caccia al jihadista e gli effetti della battaglia della Sirte, dove ieri sono esplose due autobomba uccidendo otto soldati anti-Isis, arrivano fino all’Italia. Le forze libiche di Zintan, alleate del generale Khalifa Haftar che non riconosce il governo di unità nazionale di Tripoli guidato da Fayez Serraj, hanno catturato il tunisino Moez Ben Ahmed al-Fezzani, conosciuto anche come Abu Nassim, segnalato dalla polizia italiana come il capo di una rete per il reclutamento di jihadisti per l’Isis e diventato uno dei leader del Califfato in Libia.

Anche gli americani avrebbero assestato ieri un duro colpo all’Isis uccidendo con un drone l’emiro di Tripoli dell’organizzazione jihadista, il libico Ahmad al-Hamali. Fuggito durante l’offensiva contro lo Stato Islamico a Sirte, al-Fezzani sarebbe stato fermato al confine con la Tunisia dove stava cercando di rientrare.

Chi è al-Fezzani-Abu Nassim? Una vecchia conoscenza degli inquirenti italiani. Arrivato in Italia negli anni 80, è stato bracciante, muratore, spacciatore di hashish: diventa un militante islamico radicale a Milano dove frequenta il centro di Viale Jenner e la moschea di Via Quaranta. Insieme a Sassi Lassaad, altro terrorista morto a Tunisi nel 2006 mentre capeggiava una rivolta, si occupava di reclutare mujaheddin da spedire nelle zone dell’Afghanistan controllate da al-Qaeda.

Al-Fezzani è il terrorista più ricercato dalla Tunisia che lo ritiene responsabile dell’assalto alla città di Ben Guerdane nello scorso marzo. Negli scontri rimasero uccise 58 persone. Secondo un rapporto dall’intelligence italiana del gennaio 2015, elaborato dopo l’attacco a Charlie Hebdo, al-Fezzani era in una lista di 25 jihadisti partiti per la Siria nel 2013 per combattere tra le file dell’Isis. Dalla Siria sarebbe poi passato in Libia, per assumere il comando del Califfato a Sabratha. Dopo il bombardamento Usa dello scorso febbraio su Sabratha, si era trasferito prima a Bengasi e poi a Sirte dove è rimasto fino a pochi giorni fa, quando la città è stata liberata.

Ma la storia di estremista islamico di al-Fezzani comincia molto prima dell’ascesa del Califfato. Il suo nome figurava anche nell’elenco di 35 residenti in Italia partiti per l’Afghanistan ai tempi di al-Qaeda e delle Torri Gemelle, e poi detenuti a Guantanamo. Tre di loro erano stati consegnati all’Italia, tra questi lo stesso al-Fezzani catturato dagli americani a Peshawar, in Pakistan. Su di loro pendevano procedimenti penali come fiancheggiatori di organizzazioni salafite.

Restituito all’Italia nel 2009, al-Fezzani era rimasto in carcere fino all’assoluzione del 2012 da parte del tribunale di Milano che lo aveva giudicato «un ideologo, non un combattente». Il ministero dell’Interno ne decretò l’espulsione perché considerato soggetto pericoloso. Soltanto dopo, quando al-Fezzani era ormai lontano, la Corte d’Appello aveva ribaltato il primo verdetto condannandolo a sei anni di reclusione per associazione a delinquere con finalità di terrorismo.

Il nome di al-Fezzani ritorna nel 2015: secondo i tunisini sarebbe uno dei terroristi dell’attacco al museo del Bardo in cui persero la vita anche quattro italiani, mentre dal campo di addestramento da lui diretto a Sabratha sarebbe venuto il killer dei turisti uccisi sulla spiaggia di Sousse. Secondo altre indiscrezioni il nome di al-Fezzani figura nelle indagini sul sequestro dei quattro tecnici italiani della Bonatti. Dopo otto mesi di prigionia due di loro, Failla e Piano, morirono in circostanze mai del tutto chiarite proprio a Sabratha, dove al-Fezzani era il capo dell’Isis in un contesto assai complicato dove le bande armate garantivano la sicurezza degli impianti stranieri.

Se fosse confermata la sua cattura da parte delle forze leali al generale Khalifa Haftar, l’Italia per arrestarlo o interrogarlo dovrebbe iniziare una trattativa complicata con il governo di Tobruk, acerrimo rivale di quello di Tripoli.

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