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RUSSIA E GREGGIO

Putin auspica un accordo con l’Opec per congelare la produzione di petrolio

Reuters
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Da Vladivostok, in viaggio verso il G-20 del 4 e 5 settembre in Cina, Vladimir Putin ha rilasciato un'intervista all'agenzia Bloomberg chiarendo il proprio punto di vista sui temi “caldi” che coinvolgono la Russia in questo momento, dai prezzi del petrolio alle mail di Hillary Clinton. I mercati si concentreranno sicuramente sul primo fronte: in attesa del Forum internazionale dell'energia che si aprirà ad Algeri il 26 settembre, il presidente russo ha auspicato un accordo con i Paesi Opec per congelare la produzione.

Intesa che russi e sauditi non riuscirono a concludere in aprile per l'opposizione dell'Iran, che intende aumentare la produzione finché non avrà riguadagnato la quota che gli apparteneva prima dell'imposizione di sanzioni internazionali. Riad si rifiutò di procedere, senza gli iraniani. Per questo ora il presidente russo accenna alla possibilità di consentire a Teheran un'esenzione: «Dal punto di vista del buon senso economico e della logica, sarebbe giusto trovare un compromesso, sono certo che tutti lo capiscono. Crediamo sia la decisione giusta per l'energia mondiale».

Putin avrà occasione di parlarne nei prossimi giorni con il vice-principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, uno dei bilaterali più attesi ai margini del G-20 di Huangzhou. Il principe bin Salman, ha detto il presidente russo a Vladivostok, «è un partner molto affidabile e con cui puoi stringere accordi sapendo che verranno onorati». E tuttavia, ha aggiunto Putin riferendosi al mancato accordo di aprile, «all'ultimo minuto i nostri partner sauditi hanno cambiato idea. Noi non abbiamo respinto l'idea di un congelamento della produzione. La nostra posizione non è cambiata».

E tuttavia proprio ieri il ministro russo dell'Energia, Aleksandr Novak, aveva ribadito la tradizionale posizione di Mosca - molto restia, al di là delle parole, a porre limiti alla propria produzione. Non c'è bisogno di discutere un congelamento con gli altri Paesi esportatori finché il petrolio resterà intorno ai 50 dollari al barile, aveva detto Novak. Mentre la Russia, primo esportatore di energia al mondo, malgrado le pesanti ripercussioni dei prezzi bassi sul budget continua a produrre più che può, e nei prossimi anni si avvia a battere altri record post-sovietici, intenzionata a raggiungere gli 11,65 milioni di barili prodotti al giorno.

“Dal punto di vista del buon senso economico e della logica, sarebbe giusto trovare un compromesso”

Vladimir Putin 

L'intervista a Bloomberg è stata per Putin anche l'occasione di intervenire per la prima volta sul tema delle privatizzazioni: un altro fronte su cui la posizione del Cremlino è ambigua. Putin è consapevole dell'urgenza di trovare nuove entrate per il bilancio pubblico, ma è restio a cedere controllo e proprietà dello Stato. Nei giorni scorsi il governo aveva rinviato la privatizzazione di Bashneft, una quota del 50,08% che potrebbe far guadagnare allo Stato 315 miliardi di rubli, circa 5 miliardi di dollari. Interessati all'acquisto, in particolare, Lukoil (prima compagnia petrolifera russa, in mani private) e Rosneft (prima compagnia, in mani pubbliche). «Forse - ha commentato Putin - non è la cosa migliore che una compagnia controllata dallo Stato acquisti un'altra compagnia pubblica».
Ma è forse proprio per dare a Rosneft la possibilità di partecipare alla gara che Putin ha poi messo l'accento proprio sulla sua stessa privatizzazione, considerata ora la priorità per il governo. Se la compagnia guidata da Igor Sechin potrà trovare «adeguati investitori strategici», ha detto Putin, la vendita del 19,5% di Rosneft (valore stimato 11 miliardi di dollari) potrebbe avvenire già quest'anno. «Il governo russo - ha spiegato - non ha necessità di mantenere quote così ampie, noi siamo impegnati a realizzare i nostri piani. La domanda non è se vogliamo farlo o no, ma se ha senso o no, e in quale momento più adatto» per l'economia russa e per lo Stato. Finora, l'unica privatizzazione della lista conclusa è stata quella di Alrosa, il primo produttore mondiale di diamanti che ha venduto una quota del 10,9% per 816 milioni di dollari, per la maggior parte a investitori russi ed europei. «Alla fine - ha osservato Putin lasciando capire che la spinta a privatizzare nasce dalla difficoltà dei conti pubblici, non dalla necessità di gestire meglio le compagnie - la cosa importante per il budget è chi dà più soldi. In questo senso non possiamo discriminare su chi partecipa».

Infine, riguardo alle migliaia di e-mail e documenti pubblicati da Wikileaks in seguito a presunti attacchi di hacker russi ai server del Democratic National Committee, poco prima della convention che ha incoronato Hillary Clinton, Putin ha chiarito che rendere pubblico il contenuto dei messaggi è stato un servizio al pubblico. «Non bisognerebbe distrarre l'attenzione del pubblico dall'essenza del problema, sollevando questioni secondarie alla ricerca di chi lo abbia fatto. Voglio ripetere però - ha concluso Putin - che io non ne so niente, e che a livello di Stato la Russia non lo ha mai fatto».

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