La procura di Lugano indaga sul Credit Suisse Ag per violazione del segreto bancario, spionaggio economico, violazione dell'obbligo di discrezione e del segreto commerciale. L'inchiesta del ministero pubblico del Canton Ticino è scattata in seguito alle denunce penali presentate da quattro clienti della banca coinvolti nella maxi indagine aperta dalla procura di Milano su una presunta evasione fiscale da 14 miliardi di euro.
Nel corso di una perquisizione avvenuta nella sede milanese del Credit Suisse a metà dicembre 2014 gli uomini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, coordinati dal procuratore della Repubblica, Francesco Greco, avevano sequestrato del materiale informatico su 13mila clienti del Credit Suisse, alcuni dei quali avevano sottoscritto delle false polizze vita nel paradiso fiscale delle Bermuda. I clienti italiani che hanno denunciato penalmente il Credit Suisse (altre istanze civili sono state già presentate nei mesi scorsi), accusano la banca di gravi negligenze che sarebbero alla base dell'inchiesta avviata in Italia.
Il mistero della lista in Italia
Ma l'indagine della procura di Milano è soprattutto all'origine di un mistero al quale i magistrati di Lugano dovranno dare una risposta: come mai i nomi dei 13mila clienti del Credit Suisse si trovavano in Italia, tanto da essere sequestrati dalle Fiamme Gialle? Come è stato possibile rintracciarli a Milano se, proprio per evitare guai con il fisco (visto che quei soldi non erano molto probabilmente mai stati dichiarati), i 13mila clienti dell'istituto elvetico si erano ben guardati da aprire conti nella sede italiana? La maggioranza dei 13mila nominativi, infatti, aveva sottoscritto polizze assicurative con il Credit Suisse Life (Bermuda) Ltd presso la sede del Credit Suisse di Lugano o di Chiasso. I nomi, dunque, dovevano essere custoditi in Svizzera e non in Italia.
Ma non è questo l'unico mistero legato all'inchiesta della procura di Milano. L'Agenzia delle Entrate, infatti, ha avviato accertamenti fiscali anche su contribuenti italiani che avevano conti non dichiarati nella filiale di Zurigo del Credit Suisse e che non hanno mai avuto rapporti né con la sede italiana della banca elvetica né con gestori che operano in Italia. Come mai anche questi nomi sono finiti nell'indagine di Milano e nelle mani degli ispettori del fisco?
La denuncia penale contro Credit Suisse Ag
«I clienti lamentano la violazione del segreto bancario, dell'obbligo di discrezione, oltre che l'ipotesi di spionaggio economico», spiega l'avvocato Emanuele Verda, che assiste diversi clienti del Credit Suisse sia sul fronte penale sia su quello civile, chiamando in causa la banca anche per quanto riguarda la responsabilità penale dell'impresa, per la quale se nell'esercizio di attività commerciali viene commesso un crimine che, per carente organizzazione interna non può essere ascritto a una persona fisica determinata, il reato è ascritto all'impresa, punita con la multa milionaria. L'istruttoria penale dovrà accertare, se non si riusciranno a identificare le persone fisiche responsabili dei reati ipotizzati, gli eventuali difetti organizzativi e strutturali di Credit Suisse Ag (la capogruppo di Zurigo). «La banca - aggiunge l'avvocato di Lugano - potrebbe comunque pensare a risarcire almeno parzialmente il danno economico dei clienti, cosa che permetterebbe alle autorità penali di prescindere, a determinate condizioni, dal procedimento penale, dal rinvio a giudizio o dalla pena».
Le denunce penali sono state presentate al ministero pubblico di Lugano e a quello della Confederazione (per il reato di spionaggio economico) lo scorso maggio. Il Credit Suisse si è opposto all'apertura dell'indagine ma questa settimana il ministero pubblico ha respinto l’eccezione della banca e ha ammesso i clienti come parti civili nel procedimento penale. Ora l'istituto bancario ha altri dieci giorni per opporsi anche a questa decisione.
Chiesta una rogatoria per acquisire il fascicolo milanese
Resta il giallo di come le liste degli italiani siano finite nella sede di Milano del Credit Suisse. «Clienti del Credit Suisse Ag che non hanno mai avuto alcun rapporto contrattuale o di qualsiasi altra natura con la sede milanese o altre sedi italiane di Credi Suisse Ag o Credit Suisse Life & Pension Ag - aggiunge Verda -, né hanno mai autorizzato la sede di Lugano della banca a trasferire in Italia dati bancari coperti da segreto si sono ritrovati su una lista rinvenuta presso il Credit Suisse Life & Pension Ag a Milano nel dicembre 2014, lista poi finita in mano alle autorità fiscali». Sarà questo uno dei punti centrali dell'indagine dei magistrati di Lugano.
Sul fronte civile ci sono già numerose cause avviate e per una di queste è in corso un procedimento a Mendrisio (si veda Il Sole 24 Ore del 27 aprile 2016). I clienti che hanno fatto causa al Credit Suisse lamentano la responsabilità della banca, che avrebbe dovuto custodire i dati riservati e coperti dal segreto bancario e che non ha informato per tempo i clienti dell'esistenza dell'inchiesta di Milano «privandoli - dice Verda - della possibilità di aderire alla voluntary disclosure. Da qui il danno rimproverato alla banca, determinato dalle imposte supplementari e dalle multe che i clienti hanno hanno dovuto sopportare dal successivo accertamento fiscale».
Nella denuncia penale i clienti del Credit Suisse chiedono alla magistratura elvetica di avviare una rogatoria internazione per ottenere dalla procura di Milano l'accesso agli atti del procedimento penale avviato nei confronti di Credit Suisse Ag per riciclaggio, frode fiscale, ostacolo all'attività di vigilanza e abusivismo finanziario in base al decreto legislativo 231 sulla responsabilità amministrativa delle imprese. L'indagine, coordinata da Francesco Greco, è portata avanti dai pm Antonio Pastore e Gaetano Ruta. Si attende di capire se Credit Suisse AG si accorderà per pagare una sanzione che potrebbe aggirarsi attorno ai 100 milioni di euro.
Elementi importanti, anche per l'inchiesta milanese, potrebbero emergere se la procura di Lugano accoglierà la richiesta, contenuta nella denuncia penale, di perquisire le sedi del Credit Suisse di Zurigo, Lugano e Chiasso e del Credit Suisse Life (Bermuda) Ltd per sequestrare la documentazione utile alle indagini.
La perquisizione al Credit Suisse di Milano
Già, ma allora come sono arrivati in Italia i nomi in possesso della procura di Milano? Alcune fonti hanno riferito al Sole 24 Ore che la lista era già nelle mani dei magistrati prima della perquisizione nella sede del Credit Suisse di Milano avvenuta nel dicembre 2014. Le stesse fonti riferiscono che la perquisizione potrebbe essere servita ad acquisire ulteriori elementi a conferma della presunta evasione fiscale miliardaria. Gli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano avrebbero esercitato tutta la loro abilità per sequestrare email compromettenti e altri elementi, prelevandoli dal server della banca nonostante l'opposizione dei legali dell'istituto di credito. Per quanto riguarda la lista dei 13mila presunti evasori, la perquisizione potrebbe essere servita per blindare legalmente l'elenco, la cui origine non è ancora chiara, visto che nel dicembre 2014 non esistevano ancora le sentenze della Corte di Cassazione che hanno stabilito la possibilità di utilizzare i dati della Lista Falciani (l'elenco con i nomi dei clienti della Hsbc Private Bank di Ginevra) e, come conseguenza, anche i nomi di tutte le liste successive arrivate o che arriveranno in futuro in Italia.
Interpellato dal Sole 24 Ore il Credit Suisse Ag di Zurigo ha risposto, attraverso la sua portavoce, di non poter commentare indagini ancora in corso e di non essere a conoscenza di pareri legali inviati ai magistrati italiani. Secondo alcune voci, infatti, sarebbe esistita una legal opinion nella quale i consulenti legali del Credit Suisse avrebbero affermato che i nomi ottenuti dalle autorità italiane sarebbero stati sottratti da dipendenti infedeli della banca. Ma Zurigo non ne è a conoscenza.
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