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I partiti in Russia

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I partiti in Russia

I partiti in Russia / La banda dei quattro
Ridefinizione delle leggi elettorali, pesanti restrizioni per limitare il più possibile la partecipazione dei partiti di opposizione. Le elezioni sono un'anomalia per un regime autoritario, ma lo legittimano: formalmente la Russia, Stato altamente centralizzato, resta una democrazia parlamentare multipartitica, con le sue istituzioni. Quest'anno l'obiettivo è presentare elezioni un po' più corrette e trasparenti attraverso concessioni che, dietro la facciata, non hanno però modificato più di tanto il meccanismo costruito per assicurare il dominio del Cremlino, e cementare lo status quo. Nella nuova Duma è previsto l'ingresso degli stessi quattro partiti della precedente, i soli in grado di superare la soglia del 5% dei voti espressi: Russia Unita, il Partito comunista, i populisti LDPR, Russia Giusta.

Il partito del potere / Russia Unita
E' sinonimo di governo, e infatti il suo leader è Dmitrij Medvedev, il primo ministro. “Edinaja Rossia” (Russia Unita) non ha una vera struttura né un'ideologia, se non sostenere quella del presidente. Può contare sull'appoggio di quasi tutte le amministrazioni regionali ma i suoi indici di popolarità – mai superiori al 50% - non sono confrontabili con quelli di Vladimir Putin, oggi all'82%. Per gli “edinorossii”, i candidati del partito, il legame con il presidente è cruciale, sanno che senza Putin non conterebbero nulla: “Siamo il partito del presidente”, sottolineano nei manifesti elettorali appesi sui portoni delle case, e questa per loro è la prima ragione per cui bisogna votare Russia Unita: “Perché così darete la vostra voce a sostegno del Presidente”. L'umore degli elettori nei loro confronti è diviso: molti trovano più naturale riversare sui burocrati di Russia Unita l'ostilità e il malumore per tutto quanto non funziona, soprattutto nelle questioni locali. Per altri, invece, appoggiare Russia Unita ha comunque senso perché è questo il partito che ha più mezzi e risorse per risolvere i problemi. Da parte sua, Putin è attento ad appoggiare ma non a identificarsi con il partito, di cui non ha voluto diventare membro. Per avere la possibilità di restare al di sopra delle parti e, nel caso il voto non vada come previsto per Russia Unita, prenderne le distanze. Nell'ultimo sondaggio registrato dal Centro Levada (indipendente) il 1° settembre, il consenso per Russia Unita vedeva un brusco calo, dal 39% di luglio al 31%.

L'opposizione sistemica / Partito Comunista
Il grande rivale del potere uscito dal crollo dell'Urss negli anni si è trasformato in alleato del Cremlino, utile veicolo per incanalare il sentimento antigovernativo in modo non troppo pericoloso, mantenendolo sotto controllo: il KPRF, il Partito comunista della Federazione Russa guidato dal 1993 da Ghennadij Zjuganov (72 anni), condivide con Vladimir Putin l'esaltazione del sentimento patriottico e nazionalista, non usa più il termine “comunismo” e bada a non perdere l'accesso al Parlamento. Preferendo alzare un po' più i toni contro il sistema a livello locale. In questa campagna elettorale il partito ha cercato di ringiovanire il proprio look e strapparsi di dosso l'immagine di eterno perdente: la crisi economica dovrebbe contribuire a portare tra le sue fila i giovani privati di prospettive dalla mancanza di lavoro, soprattutto nelle regioni che stanno vivendo le crisi economiche più difficili. Ma il grosso degli elettori di Zjuganov sono ancora pensionati e nostalgici dell'Unione Sovietica, spesso anche dello stalinismo. Il 70% dei membri del KPRF ha più di 30 anni. Rispetto al voto del 2011, i sondaggi vedono i comunisti in forte calo, dal 19,19% al 10.

L'opposizione sistemica / I “liberaldemocratici”
Le virgolette sono d'obbligo: LDPR, il Partito “liberaldemocratico” di Vladimir Zhirinovskij, è tutto tranne il nome che porta. Populista, ultranazionalista. E' il partito che ha investito finanziariamente di più in questa campagna, sfruttando la retorica nazionalista e atteggiandosi a partito dei giovani, anche se ad attirare voti sembra sia ancora soprattutto l'immagine di Zhirinovskij, non il programma. E anche Zhirinovskij, come Zjuganov, è stato comunque cooptato dal Cremlino per diventare un canale “sicuro” per le proteste. Paragonato a Trump, famoso per il comportamento esuberante e aggressivo, Zhirinovskij (70 anni) sembra risentire un po' l'età. Gli spot del partito inneggiano al ritorno dei confini dell'Urss, esaltano l'espansionismo della Federazione Russa e attaccano le minoranze etniche. I sondaggi danno l'LDPR al 9%, dopo l'11,67% del voto 2011.

L'opposizione sistemica / Russia Giusta
Il partito di Serghej Mironov (63 anni) è nato nel 2006 dalla fusione tra i nazionalisti di Rodina (Patria), i socialdemocratici del Partito della Vita, e il Partito delle Pensioni. Di orientamento socialdemocratico, Russia Giusta è leale al regime, e nella Duma generalmente vota in linea con il Cremlino. Pur essendo anche questo uno dei partiti che in qualche modo hanno il compito di assorbire i voti di protesta, Russia Giusta si presenta alle elezioni con qualche incertezza sulla possibilità di superare la barriera del 5%, in forte calo rispetto al 13,24% raggiunto nel 2011. Il vero obiettivo dei partiti che rientrano nell'opposizione sistemica del resto non è tanto competere tra loro sui programmi, ma entrare in Parlamento, mantenere il proprio status e i finanziamenti governativi. La percezione della gente è che Russia Giusta diventi visibile solo in tempo di elezioni: tra un voto e l'altro, molti si chiedono che cosa faccia.

L'opposizione non sistemica / Yabloko
A partire da questo punto, il consenso per i partiti scende a livelli risibili, sopra o sotto l'1%: Yabloko, guidato da Grigorij Yavlinskij, non entra in Parlamento dagli anni 90. Ma se nessuno dei partiti esterni al sistema riesce a farsi strada alla Duma, le responsabilità non sono tutte del Cremlino. Da sempre, fin dai tempi di Boris Eltsin, i leader liberali e democratici russi hanno mostrato un'incapacità cronica a fare squadra. E dopo le proteste del 2011 la classe media, che ne era stata la protagonista, non è riuscita a creare un serio movimento di opposizione, incanalando in un unico movimento la domanda di liberalizzazione. Tra tutti i partiti, Yabloko è l'unica voce ad aver denunciato l'annessione della Crimea. E' considerato un partito troppo incentrato sulla figura di Yavlinskij, dominato da funzionari e burocrati poco abituati a comunicare con il pubblico.

L'opposizione non sistemica / Parnas
E' il movimento di opposizione che ha pagato più di tutti la repressione seguita alle proteste del 2012, messo in ginocchio nel febbraio 2015 dall'assassinio di Boris Nemtsov, il suo fondatore ucciso davanti alle mura del Cremlino. Alla guida del partito è Mikhail Kasjanov, primo ministro ai tempi di Boris Eltsin, e poi entrato in rotta di collisione con Putin. Kasjanov è penalizzato dall'incapacità di fare fronte comune con gli altri leader democratici come Aleksej Navalny o Ilja Yashin. Poco visibile, nei media e per strada, il partito resta poco conosciuto.

L'opposizione non sistemica / Open Russia
Non è un vero partito, e partecipa al voto da dietro le quinte: “Open Russia” è il progetto finanziato da Mikhail Khodorkovskij, l'ex oligarca del petrolio che vive in esilio tra la Svizzera e Londra dopo aver trascorso dieci anni in carcere. Accusato, tra l'altro, di finanziare i partiti dell'opposizione. Ha quasi del miracoloso, dunque, che a 19 candidati sostenuti da Khodorkovskij sia stata data la possibilità di partecipare al voto, in 12 regioni da San Pietroburgo a Irkutsk.

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