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Bombe in New Jersey e dubbi su legami tra attentati: tensione alla vigilia…

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Bombe in New Jersey e dubbi su legami tra attentati: tensione alla vigilia dell’Onu

NEW YORK - C’è una matrice comune ai tre attacchi terroristici di sabato scorso in tre diverse località americane? Da dove spuntano altre bombe tubo trovate ieri vicino alla stazione di Elizabeth, in New Jersey, dove a Seaside ci fu uno degli attacchi di sabato? L’America e gli inquirenti restano in stato di allerta e in stato di forte tensione. Possibile che gli attacchi di sabato siano un preambolo per altri attacchi? Le scoperte a Elizabeth non hanno calato la tensione.

Anche perché 200 leader mondiali sono arrivati o stanno arrivando a New York per l’incontro oggi sull’emigrazione e poi martedì per l’Assemblea Generale dell’ONU e hanno percepito il dilemma con cui si confronta l’America dopo gli attacchi di sabato, tre in un giorno: la consequenzialità degli attacchi è il risultato di un terrorismo coordinato o di una semplice coincidenza? Sia il sindaco de Blasio che il governatore Andrew Cuomo hanno confermato che non vi sono rivendicazioni internazionali per New York e New Jersey. Lo stesso non si può dire per l’attacco in Minnesota: la rivendicazione dell’ISIS è giunta puntalissima ieri. Intanto, cosa che aggiunge drammaticità a questa sessione delle Nazioni Unite, i leader mondiali arrivando hanno trovato aeroporto, città, alberghi, strade in stato di assedio.

Ma la domanda di fondo ricorrente ieri notte era una soltanto: c’è un filo che lega la violenta esplosione a Chelsea, a New York, con 27 feriti, all’attacco a coltellate del Minnesota e alla bomba tubo esplosa in New Jersey? Inizialmente gli inquirenti non avevano dubbi: nessun collegamento. Ora però sembra vi siano meno certezze. Ed è su questo che ci si interroga oggi, a quasi due giorni dall’attentato a New York, dagli otto accoltellati da un forsennato che gridava Allah Akbar e che è stato poi ucciso in Minnesota e dall’esplosione di seaside in New Jersey dove si doveva tenere una manifestazione di veterani (poi annullata). Come sempre succede, su questi eventi drammatici ci sono posizioni e sfumature diverse.

“È stato un attacco premeditato, intenzionale, ma non di matrice politica e senza legami con il terrorismo mediorientale”

Bill de Blasio, sindaco di New York 

«È stato un attacco premeditato, intenzionale, ma non di matrice politica e senza legami con il terrorismo mediorientale», ha detto il sindaco Bill de Blasio. Andrew Cuomo, il governatore dello stato, è stato più diretto: «Se una bomba esplode in città è per spaventare la gente, è un atto di terrorismo in questo caso non di terrorismo internazionale, non abbiamo avuto rivendicazioni di gruppi organizzati come ISIS, ma i colpevoli - e vi prometto che li prenderemo -, saranno processati come terroristi».

Questa divergenza apparente fra i due non aiuta. Cuomo ha minimizzato, ha parlato di «sfumature semantiche». Sono arrivati nelle notte, nelle ultime ore, alcuni dettagli che sembrano fare maggiore chiarezza, per ora senza elementi conclusivi, ma con passi in avanti nell’inchiesta certamente interessanti.

Se in New Jersey non c’erano delle pentole a pressione riempite di complesse miscele di esplosivo come a NY, c’erano tre bombe tubo di nuovo con miscele di esplosivi difficili da calibrare, simili a quelli di New York. A New York una bomba è stata recuperata inesplosa, lo stesso è successo a Seaside dove due delle bombe tubo non sono state detonate. Il collegamento? Gli esperti artificeri dell’FBI che lavorano ai laboratori di Quantico in Virginia, hanno già identificato tecniche complesse, inusuali per gli Stati Uniti con un meccanismo a tempo regolato da telefonini e con luci di natale per creare un maggior impatto durante l’esplosione.

Sia a Seaside che a New York è stata usata la stessa tecnica di fondo, non dissimile da quella usate per l’attentato alla Maratone di Boston. Può essere solo un caso, una coincidenza, il fatto che tecniche esplosive simili siano state usate in città diverse, facendo danno ( ma fortuna non morti) a poche ore di distanza le une dalle altre? Una semplice coincidenza? Tutto è possibile, ma alcuni fra gli inquirenti non ci credono. Si aggiunga che gli attentati di St Cloud in Minnesota hanno una chiara rivendicazione di matrice estremista islamica: l’attentatore che sferrava coltellate in un grande centro commerciale, riuscendo a accoltellare e ferire otto persone, urlava in arabo Allah Akbar dio e grande.

L’attentatore è stato alla fine ucciso da un poliziotto in pensione che con grande coraggio lo aveva confrontato. In quell’area ci sono moltissimi residenti islamici e uno degli esponenti della comunità somala ha fatto una dichiarazione condannando l’attacco. Il timore di vendette contro le comunità islamiche aumenta ogni giorno, soprattutto dopo attacchi come quelli di sabato.

Questo per dire che la situazione ’ complicata. È complicata per la polizia, per i leader, raccolti a New York, per i residenti della città, complica anche la campagana elettorale per la Casa Bianca 2016.

Donald Trump ha parlato per primo, in anticipo sulla comunicazione ufficiale annunciando di fatto l’attacco a New York. Ha anche parlato di una bomba e ha detto che questo caos deve finire.

“Non ipotizziamo prima di avere certezze, lasciamo lavorare gli inquirenti”

Hillary Clinton, candidata democratica alla Casa Bianca 

Hillary Clinton è stata più prudente. Ha parlato dopo l’annuncio ufficiale, è apparsa stanca affaticata dopo un’intera giornata passata e ha detto: «Non ipotizziamo prima di avere certezze, lasciamo lavorare gli inquirenti».
Quello di Hillary è stato il discorso di uno statista contro l’improvvisazione apparente di Trump. Ma come ha detto ieri sera l’ex candidato repubblicano per la Casa Bianca 2016 Jeb Bush in uno sketch divertentissimo filmato per l’avvio degli Emmy Awards, i premi televisivi, la provocazione aiuta. Bush appariva con il berretto da autista alla guida di una limousine presidenziale occupata da un presidente donna. «Sono fra un lavoro e l’altro», diceva fra la sorpresa e l’ilarità dello sterminato pubblico «ma posso dirvi una cosa, spararle grosse aiuta sempre soprattutto in una elezione», continuava l’ex candidato repubblicano, saggio, prudente, preparato, predestinato a vincere prima che le follie elettorali, quelle delle cronache e le improvvisazioni e gli insulti di Donald Trump cambiassero il corso della storia.

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