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Tulsa, incriminato l’agente che uccise un afroamericano disarmato

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coprifuoco a charlotte

Tulsa, incriminato l’agente che uccise un afroamericano disarmato

Betty Shelby, l'agente di polizia di Tulsa in Oklahoma che venerdì scorso ha ucciso Terence Crutcher, un afroamericano il quale davanti agli agenti che lo avevano fermato aveva alzato le mani appoggiandole sulla sua auto come prescritto, è stata incriminata dalla procura locale, guidata da Steve Kunzweiler, per omicidio colposo di primo grado. Un mandato d'arresto è stato subito emesso e eseguito e l'agente, 42 anni e da cinque in servizio, è detenuta presso il carcere dello sceriffo della contea.

La decisione riflette le inconfutabili immagini riprese da telecamere sui veicoli della polizia e sue due elicotteri che mostrano le circostanze dell'uccisione di Crutcher, 40 anni e figlio di un pastore protestante. L'avvocato di Shelby ha sostenuto che lei ha creduto Crutcher volesse prendere un'arma in auto, un Suv. Ma il capo della polizia di Tulsa, Chuck Jordan, ha smentito che sulla vittima o nella vettura sia stata rinvenuta alcuna pistola. E ha aggiunto che «giustizia sarà fatta».

Intanto a Baltimora è deceduto un altro afroamericano, rimasto gravemente ferito nei giorni scorsi dopo una colluttazione con agenti chiamati a casa per disturbi. E a Charlotte, dove è in vigore lo stato di emergenza e il ricorso alla guardia nazionale (e dove il sindaco Jennifer Roberts ha indetto il coprifuoco a
partire dalla mezzanotte fino alle sei del mattino), dopo due notti di scontri ha regnato una calma tesa: neppure i video dell'uccisione di Keith Lamont Scott, la tragedia che ha scatenato i disordini, trovano d'accordo la famiglia e la polizia. Entrambi hanno guardato i filmati. I familiari affermano che Scott è tranquillo e per nulla belligerante nei confronti degli agenti che lo avvicinano. Mentre le autorità sostengono che appare minaccioso. Sia gli uni che gli altri concordano tuttavia che dai video è impossibile concludere con certezza se avesse in mano o puntasse una pistola, come sostengono gli agenti, oppure un libro, come dice la famiglia.

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I familiari hanno chiesto che i video vengano resi pubblici, le autorità hanno rifiutato. Ma la richiesta di trasparenza e pubblicazione dei video si sta intensificando: il New York Times, in un editoriale, prende oggi posizione affinchè siano resi pubblici.

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