Mondo

Svizzera, rebus libera circolazione: mentre Berna cerca un…

  • Abbonati
  • Accedi
rapporti con la ue

Svizzera, rebus libera circolazione: mentre Berna cerca un compromesso, in Ticino si vota su giri di vite

(Ansa)
(Ansa)

LUGANO_ Il tempo passa veloce e la Svizzera è nuovamente ad uno snodo nei rapporti con l'Unione europea. L'esito della votazione popolare del 9 febbraio 2014, che ha imposto uno stop alla libera circolazione e dunque reintrodotto il concetto delle limitazioni anche per la manodopera Ue, deve concretizzarsi entro tre anni. Cioè entro il febbraio del 2017, una scadenza ormai molto vicina. Governo e Parlamento svizzeri, che erano contro lo stop voluto dalla Udc, partito della destra nazionalista, stanno moltiplicando gli sforzi per trovare un compromesso interno e con la Ue, ma il percorso non è semplice. E intanto in Canton Ticino due iniziative su cui si vota il 25 settembre – “Prima i nostri” e “Basta con il dumping salariale” – puntano ancora al mercato del lavoro ed a porre di fatto limiti al numero di frontalieri italiani.

Nei giorni scorsi il governo elvetico ha ribadito alla Ue di non voler negoziare legando il dossier della libera circolazione ad un nuovo accordo quadro per regolare i rapporti tra Berna e Bruxelles, con una certa adozione del diritto comunitario. Una mossa in un certo senso obbligata, perché sul fronte interno il leader dell'Udc, Christoph Blocher, ha messo nel mirino proprio l'accordo quadro, lanciando il suo comitato “contro l'adesione strisciante alla Ue”.

La libera circolazione è parte dei bilaterali in vigore e Bruxelles ha sempre richiamato il fatto che vale la clausola-ghigliottina: se cade un bilaterale, cadono tutti. Ribadendo nel contempo la necessità di un accordo quadro per il futuro. Ma per il governo svizzero, composto dai partiti principali di tutte le aree, è importante in questa fase non essere bloccato internamente sull'accordo quadro, per poter negoziare meglio sulla libera circolazione. Cornice abbastanza complicata.

Le imprese sono in gran parte interessate a mantenere il più possibile la libera circolazione. Il Parlamento elvetico sta pure cercando di muoversi e il Consiglio nazionale (la Camera dei deputati) ha votato a maggioranza uno schema che privilegia la manodopera residente, però senza fissare contingenti e tetti per la manodopera straniera. È uno schema che non piace all'Udc, schierata a favore dei contingenti, ma che rispecchia in una certa misura la posizione della conferenza dei governi dei cantoni. Questa ha di fatto appoggiato il modello proposto dal governo del Canton Ticino, che prevede un ruolo preciso dei cantoni nel meccanismo di preferenza a favore dei residenti e nelle clausole di salvaguardia. Su questo modello ticinese secondo la stampa elvetica c'è la critica dell'Italia, che difende la libera circolazione, irrinunciabile per la Ue, e non vuole giri di vite eccessivi sulla manodopera proveniente dalla penisola.

Tutto è ancora da decidere, nel Parlamento elvetico (della questione dovrà occuparsi ora il Consiglio degli Stati, cioè il Senato dei cantoni) e nei negoziati con Bruxelles. La Brexit, che ha tempi più lunghi del previsto, non sta per ora aiutando la Svizzera, che ha un problema decisamente più ravvicinato con la Ue.
Intanto il 25 prossimo c'è una nuova tornata di votazioni popolari. A livello nazionale si vota su un'iniziativa sull'economia verde che pone limiti stringenti sulla gestione delle risorse (eccessivi secondo le associazioni delle imprese), su un aumento del 10% delle pensioni pubbliche, su un rafforzamento delle attività dei servizi segreti e di sicurezza soprattutto in funzione antiterrorismo. Il governo nazionale è schierato per il no sui primi due quesiti e per il sì sul terzo.
In Canton Ticino si vota su due iniziative che riguardano il mercato del lavoro.

“Prima i nostri”, sostenuta da Udc e Lega dei ticinesi, propone l'introduzione della “preferenza indigena”, con la conseguente abolizione “dell'effetto di sostituzione” tra lavoratori provenienti dall'estero e residenti, e con applicazione dei punti centrali della votazione nazionale del febbraio 2014. “Basta con il dumping salariale in Ticino”, promossa a sinistra, propone maggiori controlli sul livello dei salari, anche attraverso il potenziamento dell'Ispettorato del lavoro. È un'iniziativa che arriva al voto dopo le molte polemiche sul livello medio più basso dei salari dei frontalieri. Il Governo e il Parlamento cantonali in entrambi i casi propongono controprogetti meno stringenti e più articolati. Situazione tesa nel cantone, dove la disoccupazione è a livelli storicamente bassi ma dove ciò nonostante i contrasti rimangono.

© Riproduzione riservata