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Colombia, vince il no al referendum. Da rifare l’accordo tra Farc…

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Colombia, vince il no al referendum. Da rifare l’accordo tra Farc e Governo

Niente pace in Colombia. Al referendum di ieri ha vinto il “no” all'accordo di pace, con una differenza di pochi voti, 65 mila. Il 50,2% del 37% dei partecipanti al voto si è pronunciato per il “no” alla pace tra il governo e Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia).
Tutto da rifare, quindi. Sarebbe stato un accordo di portata storica, frutto di lunghe trattative internazionali; dietro le quinte, l'importante contributo di Cuba, della Chiesa e dell'Unione europea.

Il risultato del voto ha scosso in profondità, e sorpreso, il Paese. All'unanimità i sondaggi prevedevano una vittoria - in qualche caso anche un trionfo - del “sì” voluto in primo luogo dal presidente Juan Manuel Santos, per il quale il referendum rappresenta un colpo durissimo. Quello incassato da Santos è un è un pesante ko politico. Insperata vittoria, invece, per il suo rivale e predecessore, Alvaro Uribe, strenuo difensore del “no” all'accordo.

La notizia della vittoria del “no” all'accordo tra Santos e le Farc, il cui leader è Rodrigo “Timochenko” Londono, apre una nuova fase di instabilità per l'intero Paese, che non riesce a trovare la strada per chiudere definitivamente 52 anni di conflitto armato.

Quale sarà il futuro della Colombia ? Premesso che al referendum, al quale erano chiamati 13 milioni di persone - l'astensione è stata altissima, pari al 60% - si aprono scenari di incertezza. Gli analisti politici colombiani ritengono che il “no” si spieghi così: i colombiani non hanno detto “no” alla pace, ma più semplicemente all'accordo Santos-“Timochenko”.

Il referendum doveva rappresentare il definitivo via libera alla pacificazione. Non è stato così, anzi: il voto ha dimostrato che la Colombia è un Paese spaccato tra chi era pronto all'intesa e chi invece considera che l'accordo sia troppo favorevole agli ex guerriglieri Farc e al loro reinserimento, dopo anni di sangue e attacchi armati, nella società.

Ivan Duque, portavoce del “no”, aveva ripetutamente ricordato che per la Colombia sarebbe stato inaccettabile consegnare ai criminali delle Farc - responsabili di atrocità e reati di “lesa umanità”- la possibilità di assumere incarichi politici.

Superato lo shock iniziale, Santos ha sottolineato in un breve intervento a reti unificate che “il cessate il fuoco è bilaterale e definitivo”: un modo chiaro per rassicurare i tanti colombiani che s'interrogano su un futuro incerto. Il presidente Santos ha comunque offerto un'apertura al fronte del “no”, con il quale - ha assicurato - intende confrontarsi fin dalle prossime ore.
Poco dopo anche le Farc hanno detto di voler mantenere la propria “volontà di pace” ribadendo di essere disponibili “a usare solo la parola come arma di costruzione del futuro”. In questo modo, le Farc confermano che il loro addio alle armi è definitivo.

Si apre ora una fase di incertezza che, al di là dell'accordo bocciato dal referendum, riporta la Colombia al punto zero nel superamento dei suoi problemi ancestrali. Primo tra tutti una riforma agraria che ripristini una accettabile redistribuzione dei redditi e superi l'impasse di Paese produttore ed esportatore di coca.

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