
Il gelo nei rapporti tra Russia e Stati Uniti, nato in Siria, si è esteso all’Europa. O almeno alla Francia, dove Vladimir Putin avrebbe dovuto recarsi il 19 ottobre prossimo per inaugurare a Parigi la cattedrale ortodossa di quai Branly, vicino al Pont de l’Alma. Una visita preparata da tempo, ma che martedì mattina è stata improvvisamente annullata: «Non avverrà», ha confermato una fonte del Cremlino citata dall’agenzia Tass.
Da diverse settimane, ormai, ogni giorno vede deteriorarsi sempre di più le relazioni tra l’Occidente e la Russia di Putin, impegnata nella guerra siriana a fianco di Bashar Assad. Un’operazione avviata dal presidente russo un anno fa, con l’obiettivo di mantenere in sella il leader siriano ma anche di riportare la Russia al centro della scena internazionale, superando l’isolamento della crisi ucraina. Fino a un mese fa, era sembrato possibile conciliare la presenza russa sul teatro siriano con la ricerca comune di una soluzione diplomatica. La rottura dei contatti diretti tra Mosca e Washington, seguita al fallimento della tregua per Aleppo e alla ripresa dell’offensiva russo-siriana sulla città, ha congelato le speranze. È dilagata su altri fronti, dal disarmo alla campagna elettorale americana. E ha coinvolto altri Paesi.
“Ho fatto sapere a Putin che se fosse venuto a Parigi non lo avrei accompagnato in alcuna cerimonia. Sarei però stato pronto a continuare il dialogo sulla Siria. Ha deciso di rinviare.”
François Hollande
Il 6 ottobre scorso, incontrando a Mosca il collega francese Jean-Marc Ayrault, il ministro degli Esteri Serghej Lavrov aveva dato per certo un incontro tra Putin e il presidente François Hollande, in occasione del viaggio a Parigi durante il quale il capo del Cremlino avrebbe anche assistito all’apertura di un centro spirituale e culturale russo. Ma sabato sera, al Palazzo di Vetro dell’Onu, la Russia ha posto il veto a una risoluzione presentata in Consiglio di Sicurezza dalla Francia per chiedere la fine dei bombardamenti aerei su Aleppo. Quelli che il giorno dopo Ayrault, invocando un’inchiesta della Corte penale internazionale, definiva «crimini di guerra».
L’arrivo di Putin a Parigi diventava sempre più problematico. Manifestando forti perplessità sull’utilità di un confronto con Putin sulla Siria, ed escludendo l’idea di «accompagnarlo in qualunque cerimonia» - ovvero all’inaugurazione della chiesta ortodossa - ancor prima del voto all’Onu Hollande aveva detto in televisione che restava disponibile «a continuare il dialogo sulla Siria», dicendo chiaramente al presidente russo quello che pensa: «Se lo riceverò - ha spiegato Hollande - gli dirò che questo è inaccettabile. Cosa possiamo fare ancora per costringerlo a interrompere quello che sta commettendo insieme al regime siriano, bombardando Aleppo e la sua popolazione?».
Dal Cremlino, l’annullamento del viaggio in Francia di Putin non è tardato ad arrivare: nel cuore di Parigi, scrivono i media francesi, attorno al simbolo della nuova cattedrale ortodossa Putin intendeva celebrare la fine dell’isolamento russo. Impensabile e umiliante non avere al proprio fianco Hollande. Notando che le celebrazioni previste erano state escluse dal programma, non senza ironia il portavoce Dmitrij Peskov ha precisato che Putin sarà pronto a recarsi a Parigi «quando sarà più comodo per il presidente francese». L’idea che il presidente russo si trovi isolato, ha detto ancora Peskov, è «assolutamente assurda: basta guardare la sua agenda che dimostra il contrario». Da parte sua Hollande si è detto pronto a incontrare Putin «in qualunque momento», a condizione però che questo serva a «far avanzare la causa della pace»: «Considero necessario il dialogo con la Siria - ha insistito - ma deve essere fermo, chiaro, franco. Altrimenti è una farsa».
E poiché inizialmente si era sperato di poter organizzare a Parigi un rilancio del “quartetto di Normandia” - composto da Putin, Hollande, il cancelliere Angela Merkel e il presidente ucraino Petro Poroshenko - martedì mattina è emersa la possibilità di trasferire l’incontro a Berlino, su invito della Cancelleria, la sera del 19. Ma neppure la crisi ucraina concede grandi speranze per una ripresa delle trattative, tanto meno in un clima deteriorato come quello attuale: la notizia dell’invito a Berlino, comunicata solo dall’ambasciatore russo in Francia, Aleksandr Orlov, non ha trovato conferme.
E ora l’Europa, sempre più restia a discutere un allentamento delle sanzioni contro la Russia legate alla crisi ucraina, trova nel martirio di Aleppo una ragione per alzare ulteriormente i toni con Mosca. A invocare una presa di posizione più dura ieri è stato Boris Johnson, il ministro britannico degli Affari esteri che invoca i pacifisti - tra cui la coalizione Stop the War sostenuta dal leader laburista, Jeremy Corbyn - a manifestare davanti all’ambasciata russa. «Se la Russia continua su questa strada - ha detto ieri Johnson - penso che un grande Paese corra il rischio di trasformarsi in una nazione paria».
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