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Dublino vara un budget anti-Brexit. Gli industriali: non basta

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contro gli effetti negativi

Dublino vara un budget anti-Brexit. Gli industriali: non basta

Il ministro delle Finanze Michael  Noonan mostra una copia del budget 2017
Il ministro delle Finanze Michael Noonan mostra una copia del budget 2017

L’iter Brexit deve ancora prendere il via, ma già fa sentirei suoi effetti sull’economia irlandese. E Dublino cerca di correre ai ripari, con un budget 2017 presentato dal governo come antidoto all’uscita di Londra dalla Ue, che tuttavia ha già sollevato qualche perplessità sull’efficacia.

Quella varata ieri è una manovra espansiva, con tagli alle tasse e incrementi della spesa pari a 1,3 miliardi, con l’obiettivo di continuare a crescere dopo le ottime performance registrate negli anni post-crisi. Il ministro delle Finanze, Michael Noonan, ha annunciato ai parlamentari che il Pil irlandese crescerà del 4,2% quest’anno e “solo” del 3,5% nel 2017, a causa dell’impatto negativo di Brexit. Ciononostante l’economia di Dublino, trainata dalle multinazionali hi-tech, si candida a essere ancora quella a crescita più rapida in Europa, dopo il dissesto finanziario seguito allo scoppio della bolla immobiliare e il piano di aiuti internazionali del triennio 2010-2013.

Il problema maggiore da fronteggiare è la dipendenza dell’export irlandese - vero motore della crescita, nonostante negli ultimi due anni anche la domanda interna abbia fornito un importante contributo - dal mercato britannico, dove finisce il 16% delle esportazioni totali e ben il 40% di beni e servizi. Qui gli effetti di Brexit si fanno già sentire, considerando che il netto calo della sterlina ha già tolto competitività ai prodotti irlandesi denominati in euro. Ci sono poi le possibili ricadute sui posti di lavoro dipendenti dal commercio con Londra. «Qualunque sia l’accordo finale (del Regno Unito con la Ue, ndr) - ha dichiarato ieri Noonan - i rischi per la nostra economia sono aumentati».

Da queste preoccupazioni nascono alcune delle misure inserite nella manovra varata ieri:  il mantenimento di un’aliquota ridotta per il settore turistico, che potrebbe subire il contraccolpo di un calo delle presenze britanniche; prestiti agevolati e altri incentivi fiscali per gli agricoltori, dipendenti dalle esportazioni in Gran Bretagna; l’istituzione di un fondo nazionale per assorbire gli eventuali shock economici futuri. «La cosa migliore che possiamo fare per ridurre i rischi - ha aggiunto però Noonan - è tenere sotto controllo i conti pubblici». Di qui l’impegno rinnovato a ridurre il deficit (allo 0,9% del Pil quest’anno e allo 0,4% nel 2017) e il debito (oggi al 76%) del Pil, che il ministro vorrebbe portare al 45% nel prossimo decennio.

Le misure annunciate dal governo sono apparse però ad alcuni troppo prudenti. «Se si paragonano a quello che stanno facendo gli altri Paesi europei (che hanno meno da perdere), mio Dio...loro sono molto più preparati», ha commentatoMichael McGrath, portavoce finanziario del Fianna Fail, il partito di opposizione che tuttavia appoggia dall’esterno il governo di minoranza guidato dal Fine Gael. Mentre l’Ibec, la confederazione degli industriali, si è espressa in toni molto critici: «Non è un budget a prova di Brexit e non sembra molto diverso da quello che avrebbero varato se non ci fosse stata Brexit», ha dichiarato il capo economista, Fergal O’Brien. «Speriamo che il primo ministro intervenga presto, con misure ulteriori nei prossimi 60 giorni».

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