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«Che farà Trump con la Nato?» chiedono i governi europei. Stoltenberg: è a tutela anche degli Usa

Jens Stoltenberg. EPA/STEPHANIE LECOCQ
Jens Stoltenberg. EPA/STEPHANIE LECOCQ

Cosa succederà adesso alla Nato? Il primo governo a uscire allo scoperto sulla delicata questione è stato quello tedesco. Lo ha fatto il ministro della Difesa, Ursula von der Leyen di prima mattina: «È stato un grande shock» ha esordito. «Anche noi europei sappiamo ovviamente, come partner della Nato, che Donald Trump da presidente chiederà “che fate voi per l’Alleanza”?» ha commentato l’esponente del governo di Berlino. «Ma anche noi chiediamo “come vi ponete nei confronti dell’Alleanza?”».

Nel giro di qualche ora anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha parlato dal quartier generale di Bruxelles. «La Nato è importante per la sicurezza collettiva in Europa ma lo è anche per gli Stati Uniti tanto che l’unica volta che è stato invocato l’articolo 5 per la difesa collettiva è stato dopo l’attacco all’America dell’11 settembre per l’intervento in Afghanistan». Un impegno in tal senso è «assoluto e garantito» ha aggiunto Stoltenberg, congratulandosi con Trump per la vittoria.

Nella lunga campagna elettorale il miliardario ha più volte detto che da presidente avrebbe chiesto conto ai paesi europei del livello di spesa per la difesa sostenuto all’interno dell’Alleanza Atlantica. Trump ha parlato in modo critico dell’obbligo della Nato di andare in difesa di un proprio membro che subisca un’aggressione (l’articolo 5 del trattato); nel nuovo clima di alta tensione tra Occidente e Russia, dopo l’invasione della Crimea, l’Alleanza ha rafforzato la presenza militare in alcuni paesi baltici mentre Mosca ha posizionato armi nell’enclave russa di Kaliningrad, incuneata nell’Unione europea.

All’interno dell’Alleanza sono soltanto una manciata i paesi che investono più del 2% del Pil in spese per la difesa: Stati Uniti, Gran Bretagna, Grecia, Polonia ed Estonia. La media dell’Europa più Turchia è pari all’1,43% del Prodotto interno lordo mentre quella dell’America del Nord è alzata dagli Stati Uniti che destinano in difesa il 3,62% del proprio Pil. Trump durante la campagna elettorale ha detto che la Nato è un’allenza «scorretta economicamente per noi statunitensi perché aiuta di più gli altri membri e noi paghiamo una quota sproporzionata». La maggior parte dei Paesi invece paga molto poco ha sottolineato il futuro presidente degli Stati Uniti.

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Anche in Asia c’è preoccupazione per un possibile disimpegno Usa in nome degli «interessi americani» che Trump intende mettere davanti a tutto, come ha confermato nel discorso della vittoria a New York . Il partito di governo in Corea del Sud teme che Washington non mantenga i gravosi impegni nell’area per garantire uno “scudo” nei confronti della Corea del Nord. Appena noti i risultati delle elezioni, a Seul si è riunito il consiglio di sicurezza nazionale per discutere dell’impatto del voto. Più volte Trump ha parlato di un minore impegno americano nella penisola che faccia pesare i costi della difesa soprattutto sui paesi asiatici. Il ministro degli Esteri sudcoreano Yun Byung-se si è detto comunque convinto che Washington continuerà la realizzazione del sistema di difesa antimissile di fronte ai continui test nordcoreani che arrivano a minacciare anche il territorio statunitense.

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