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Ecco come Trump ha costruito la sua vittoria sui social

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l’analisi su facebook e twitter

Ecco come Trump ha costruito la sua vittoria sui social

Foto Lapresse
Foto Lapresse

La ricorderemo come la carica dei 75 milioni di conversazioni su Twitter durante la campagna elettorale, più di uno ogni due statunitensi andati alle urne. Settantacinque milioni di post, oltre alla pletora di messaggi si Facebook e sugli altri social media, su cui si è giocata e decisa la partita Clinton-Trump a vantaggio di quest’ultimo. Perchè è proprio qui che il magnate newyorchese ha vinto la sua partita contro la rivale democratica. Lo dicono i numeri processati in queste ore società di analisi come Socialbakers, lungo quattro elementi di osservazione: la quantità di tweet, la quantità di follower, la capacità di interazione (engagement) e la qualità del messaggio in 140 battute. Numeri che ci dicono che Trump ha stravinto sulla sua rivale su Twitter (oltre che su Facebook) soprattutto in termini di engagement, oltre che di numero di follower.

La capacità di coinvolgere e rendere virale le parole del candidato repubblicato hanno inciso più della capacità persuasiva delle parole di Hillary Clinton. Un coinvolgimento costantemente superiore alla rivale e costantemente cresciuto nell’ultimo mese. La superiorità quantitativa di post di Clinton (e delle persone a lei vicine) su Twitter è stata sovrastimata per tutta la campagna elettorale; ma quello che ha fatto la differenza è la capacità di engagement di Trump, rispetto al merito del messaggio e alla tipologia, nonostante in occasione del dibattito presidenziale il sentiment è stato negativo nel 66,9% dei post relativi al candidato repubblicano, contro il 57,8% di quella democratica. Insomma, non importa che siano critiche o insulti, l’importante è che se ne parli e che il messaggio passi. Anche se non elegante: tanto è bastato per diventare presidente. La forza dell’impatto social di Trump è ancora più evidente su Facebook.

TRUMP VS. CLINTON SU FACEBOOK
La sfida sul social media tra i due candidati (e il loro entourage) a partire dallo scorso maggio. Numero post per giorno. (Fonte: Socialbakers)

TRUMP VS. CLINTON SU FACEBOOK/2
La sfida sul social media tra i due candidati (e il loro entourage) a partire dallo scorso maggio. Numero di interazioni social su Facebook

Sulla piattaforma ideata da Mark Zuckerberg, che raccoglie un numero decisamente superiore rispetto a Twitter, la quantità di post dello staff di Trump si è rivelata maggiore e proporzionale è stata la forza dell’engagement su Facebook: negli ultimi giorni di campagna elettorale i post dello staff di Trump sono stati sempre più condivisi, in una crescita esponenziale, a differenza di quelli di Hillary, in calo nelle ultime battute di campagna. Una differenza fondamentale, vista la percentuale rilevante di elettori che decidono solo nelle ultime ore se e chi votare.

Certo, c’è chi sottolinea come abbiamo giocato a favore notizie come quella su un ufficiale dell’Fbi che indagava sullo scandalo delle mail di Hillary che dopo aver ucciso la moglie si sarebbe suicidato. Una notizia che ha eccitato i fan di Trump, che l’hanno letta e si sono scambiati su Facebook il link al giornale di Denver che l’aveva pubblicata. Nonostante - è il caso di sottolinearlo - la notizia non fosse vera, inesistente l’ufficiale Fbi e il presunto quotidiano di Denver. Ma tanto è bastato per sostenere Trump e portarlo alla Casa Bianca, secondo il ben noto fenomeno dell’«omofilia delle reti sociali», che porta i frequentatori dei social a leggere e condividere solo ciò che conforta le proprie convinzioni e a odiare tutto ciò che vi si oppone.

L’onda che ha trascinato Trump alla vittoria ha dunque superato gli ostacoli del politically correct, del gradimento del popolo della rete, del modo di fare un po’ ingessato che l’estabilishment statunitense ha sempre garantito. E che ha bocciato una fetta di elettori importante: forse non maggioritaria, ma sicuramente sufficiente a conquistare la maggioranza dei grandi elettori.

Il che non significa che i social abbiano “venduto” una merce elettorale di facciata, inesistente o falsa. Al contrario lo staff social del magnate newyorchese ha esaltato la figura e la personalità del nuovo inquilino della Casa Bianca, come sottolinea Pier Luca Santoro, esperto di marketing, comunicazione & sales intelligence e project manager di Datamediahub: «Se certamente è difficile poter affermare che la vittoria di Trump sia stata costruita esclusivamente sui social, poiché notoriamente il giusto mix di comunicazione e di utilizzo dei diversi canali a decretare il successo, o meno, di un'operazione di marketing, non vi è dubbio che il contributo ottenuto grazie ai social sia significativo. Soprattutto - continua Santoro - emerge come a fronte dell'ennesimo flop di sondaggisti e exit poll invece i segnali, sia quantitativi che qualitativi che sono emersi nel tempo dai social sono un chiaro indicatore della preferenza delle persone per Trump. Un chiaro indicatore di come social media listening e social media monitoring siano sempre più essenziali per una corretta strategia di comunicazione, anche politica».

@maloconte

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