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Trump team: idea Dimon per il Tesoro, ruolo forte per Giuliani

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DOPO LE PRESIDENZIALI USA

Trump team: idea Dimon per il Tesoro, ruolo forte per Giuliani

Trump con Barack Obama alla Casa Bianca (Afp)
Trump con Barack Obama alla Casa Bianca (Afp)

Politici conservatori dai capelli bianchi e consulenti economici più animati dalla fede (o fedeltà) in The Donald che da una definita visione politica. Soprattutto due o tre nomi che riportano al crollo finanziario del 2008, protagonisti di Wall Street che sono stati toccati ma non travolti dalla grande crisi. Il nome che spunta in queste ore come prossimo ministro del Tesoro è quello del capo di JPMorgan Chase Jamie Dimon.

Nessuna donna al momento nel team a parte forse Sarah Palin, ex stella del Tea Party che fiutò subito le chance del neopresidente e gli giurò fedeltà con un comizio in Iowa. Nella squadra che va formandosi attorno a Donald Trump uomo di potere sarà Mike Pence, vicepresidente che mai come in questa Casa Bianca avrà una forte influenza non foss’altro perché è già stato a per anni nei palazzi di Washington e sa come funziona.

Trump si è finora circondato di fedelissimi e Pence lo è, e soprattutto lo è stato in un momento difficile della lunga corsa elettorale, quando molti nel partito repubblicano, a cominciare dal presidente della Camera Paul Ryan, hanno pubblicamente sconfessato il miliardario in seguito alle numerose gaffe.

Il vicepresidente «rinato»
Pence, 57 anni, è stato governatore dell’Indiana - Stato agricolo e tradizionalmente repubblicano - e prima ancora in Congresso per dieci anni. È un cristiano “rinato”, appartiene cioè a un movimento evangelico che interpreta in maniera letterale, dunque conservatrice, molti passaggi della Bibbia.

Ruolo chiave per un ex Goldman Sachs
Steve Mnuchin, banchiere di Goldman Sachs per 17 anni da maggio capo della campagna Trump per cui ha raccolto i fondi, è fra i primi nomi che si son fatti come ministro del Tesoro prima che saltasse fuori l’ipotesi Dimon. In passato Mnuchin ha anche lavorato per un hedge fund legato a George Soros, uno dei più importanti finanziatori di Hillary Clinton.

I consulenti economici
A proposito di trattati commerciali, potrebbe trasferirisi a Washington Peter Navarro, professore di economia all’University of California, critico con la politica commerciale degli Stati Uniti che Trump vuole smantellare. Altra figura con un ruolo sarà Thomas Barrack, uomo d’affari di Los Angeles che ha aiutato finanziariamente la campagna del neopresidente.

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Deregulation, il capo è un ex di Bear Stearns
Il teorico di taglio delle tasse - soprattutto per piccole imprese e ceto medio - e deregulation si chiama Stephen Moore, economista alla Heritage Foundation. David Malpass, ex chief economist a Bear Stearns, la banca che fece crack sei mesi prima Lehman Brothers e innescò la crisi finanziaria 2008, è invece il capo del transition team di Trump per gli affari economici e il Dipartimento del Tesoro. Al fianco di Malpass c’è Paul Atkins, ex commissario repubblicano della Sec, critico con le regole finanziarie post crisi, quelle per intenderci che hanno frenato un po’ gli abusi emersi con la crisi dei mutui subprime.

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L’ex sindaco di New York della tolleranza zero
Rudy Giuliani è un altro fedelissimo che non ha mai abbandonato Trump neanche nei giorni in cui il candidato repubblicano appariva indifendibile. L’ex sindaco di New York della tolleranza zero potrebbe diventare ministro dell’Interno o più probabilmente della Giustizia. È l’uomo law and order che realizzerebbe - almeno in parte - i tanti slogan sulla sicurezza di Donald.

La diplomazia di Donald
Per il ruolo di segretario di Stato, cioè capo della diplomazia americana, in queste ore si parla del falco John Bolton e di una vecchia conoscenza della tanto vituperata politica di Washington: è l’ex speaker della Camera ma soprattutto superconservatore Newt Gingrich.

Gingrich è un altro fedelissimo di Donald e con il neopresidente condivide quelle frasi che allarmano progressisti e molti conservatori. Tralasciando le opinioni sulla prima moglie - «non è abbastanza bella e giovane per starmi accanto nel caso diventi presidente, e poi ha il cancro» - e su stesso - «non sono un leader, sono troppo intellettuale e astratto; penso troppo» - ha detto delle donne al fronte: «hanno problemi biologici a stare 30 giorni in trincea perché prendono infezioni e non hanno un’adeguata forza fisica». Della libertà religiosa in Usa: «Non ci dovrebbero essere moschee vicino a Ground Zero fino a quando non vedremo chiese e sinagoghe in Arabia Saudita. Sarebbe come mettere un simbolo nazista vicino al museo dell’Olocausto».

Alla Difesa il generale che scrive su Russia Today
Ministro della Difesa o consulente per la sicurezza nazionale potrebbe essere Michael Flynn, generale che collabora con Russia Today. Era uno dei più rispettati esperti di intelligence militare della sua generazione, ha scritto Politico, prima di diventare l’alter ego per le questioni di sicurezza di Trump e soprattutto chiedere in pubblico «arrestate Hillary».

Flynn è stato capo della Defense Intelligence Agency, una versione del Pentagono della Cia, prima di essere fatto fuori in malo modo durante l’amministrazione Obama. Non è uno che si tira indietro quando c’è da esaltare l’eccezionalismo americano ma soprattutto si è scagliato contro «gli islamisti radicali» sfidando la correttezza politica americana che in questi casi fa a meno di citare la religione degli estremisti.

Ben Carson, un altro afromericano per smantellare l’Obamacare
È stato uno degli sfidanti di Trump alle primarie ma quando si è ritirato ha dato subito il suo appoggio a The Donald. Afroamericano conservatore, è un neochirurgo in pensione e potrebbe essere lui l’uomo che smantellerà l’Obamacare, la riforma sanitaria del presidente uscente.

Il fedele Chris Christie
Il capo del transition team è il governatore del New Jersey Chris Christie, che contende a Giuliani la nomina di ministro della Giustizia ma potrebbe andare anche al commercio.

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