La prima telefonata di Vladimir Putin al presidente-eletto Donald Trump; l’arresto del ministro dell’Economia, il liberale Aleksej Uljukajev; l’ingresso in campo, nella guerra siriana e per la prima volta nella storia - come ha orgogliosamente ricordato il ministro della Difesa Serghej Shoigu - della portaerei Admiral Kuznetsov.
Tre notizie che si sarebbe tentati di mettere in collegamento, sia pure basandosi solo su supposizioni: il presidente russo che non perde tempo a muoversi per costruire con gli Stati Uniti - secondo quanto riferito dal Cremlino - «un dialogo tra partner basato su parità, rispetto reciproco e non interferenza». Auspicio che Putin, scommettendo sulla nuova disponibilità che immagina di riscontrare dal prossimo gennaio alla Casa Bianca, avrebbe accompagnato con le due mosse successive, ribadendo: 1. la posizione di forza acquisita dalla Russia sul fronte siriano; 2. la determinazione a perseguire i propri obiettivi a qualunque costo, anche sacrificando un ministro influente e competente come Aleksej Uljukajev. Nel nome della lotta alla corruzione che, da qualche mese, il Cremlino ha scatenato come uno dei pilastri su cui consolidare il consenso in Russia, base per la corsa alla rielezione di Putin nel 2018.
L’arresto di Uljukajev, naturalmente, è ancora tutto da interpretare. Un nuovo caso Khodorkovskij? Questa volta sembra ancora più difficile capire che cosa sta dietro una notizia esplosa a bomba nel cuore della notte di Mosca. Che si tratti di un intrigo è certo: saranno i prossimi avvenimenti a chiarire quanto imbrogliato mentre il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, si affretta ad assicurare che la vicenda non dovrebbe danneggiare il clima per gli investimenti in Russia.
Uljukajev ha negato l’accusa secondo cui avrebbe minacciato la dirigenza di Rosneft - la prima compagnia petrolifera russa, in mano al potente Igor Sechin - pretendendo 2 milioni di dollari in cambio del via libera all’acquisizione di Bashneft. E qui chi conosce Uljukajev - per 16 anni al governo - sottolinea l’assurdità di un comportamento suicida: solo un matto oserebbe esporsi in questo modo con Sechin. Di certo, però, Uljukajev ha giocato con il fuoco quando si è messo di traverso con Rosneft e ha sollevato dubbi sull’opportunità di una privatizzazione voluta da Sechin a ogni costo. Il suo arresto sarebbe stata dunque una vendetta, avvertimento che nessuno tra i potenti può ritenersi al sicuro. Finora l’offensiva anti-corruzione voluta da Putin ha spazzato via tre governatori, e diversi funzionari governativi e dei servizi di sicurezza, dove è in corso un regolamento di conti. Alzare il tiro su un ministro porta l’operazione su un nuovo livello: una lezione per tutti.
Un’altra interpretazione avrebbe implicazioni ancora più pesanti: Uljukajev è esponente della squadra liberale degli economisti al governo. Competenza e rigore è quello che finora ha contraddistinto l’operato del ministro dell’Economia accanto a quello delle Finanze, Anton Siluanov, o di Elvira Nabiullina, presidente della Banca centrale. Se il vento sta girando, per volontà dei “falchi”, l’arresto di Uljukajev sarebbe un modo “vecchio stile” per ricordarlo. Proprio come ai tempi di Khodorkovskij.
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