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Ecco la classifica delle notizie false più condivise dai supporter di Trump

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social e «post veritÀ»

Ecco la classifica delle notizie false più condivise dai supporter di Trump

(Ansa)
(Ansa)

La chiamano “post verità” e già nel suo nome c’è il segno di una resa: la resa all’ineluttabile forza della menzogna sulla realtà, della moneta cattiva che scaccia quella buona. La rete, e in particolare i social, sono il contesto in cui la comunicazione fake prevale sulla notizia vera, quella fondata e verificata da soggetti che si fanno tutori di questa attendibilità - ossia i giornalisti - avendo come obiettivo prioritario la rappresentazione fedele di quanto accade. Certo, ciò accade solo nel migliore dei mondi possibili e troppo spesso la stampa ha preferito utilizzare la notizia come merce di scambio, esaltando il proprio ruolo intermediativo, piuttosto che la cronaca, la sua analisi e il suo approfondimento sfaccettato.

I dati sulla calante distribuzione dei giornali in Italia sono specchio fedele di ciò. Per questo, i commentatori che sui giornali si scandalizzano di come i sostenitori di Trump abbiano utilizzato notizie false fatte circolare ad arte su Facebook, in particolare, o su Twitter, hanno le proverbiali “polveri bagnate”.

La parola ai numeri
Il dato di fatto è tuttavia incontrovertibile: qualunque sia la causa, la realtà dei fatti registra sulle reti di condivisione digitale l’accresciuta forza di notizie false su quelle vere. Ma in che dimensioni? Per misurare l’entità dell’informazione fake BuzzFeed ha analizzato i dati di Buzzsumo sugli ultimi tre mesi della campagna presidenziale statunitense da cui emerge evidente il sorpasso delle notizie false su quelle vere.

ENGAGEMENT SU FACEBOOK DELLE 20 PRICIPALI NOTIZIE ELETTORALI
Per engagement ci si riferisce al numero totale di condivisioni, reazioni e commenti per articolo su contenuti pubblicati su Facebook. (Fonte: Elaborazione Buzzsumo su dati Facebook)

Su Facebook le fake news generano un maggior engagement, ossia una maggior condivisione e quindi un maggior traffico di lettura sulla rete, rispetto almeno a quanto pubblicato da testate “tradizionali” come New York Times , Washington Post, Huffington Post , NBC News.

Ecco qui di seguito la classifica delle notizie più condivise sulle presidenziali Usa. Distinguere quelle vere da quelle false non dovrebbe essere difficile per il lettore italiano.

Cause e contromisure
Questi i numeri. Ma le ragioni di questa tendenza? Che cosa spinge a cliccare la notizia choc dell’incredibile appoggio del Papa a Trump? Attrazione consapevole per il trash? Forse. Di certo quella che i massmediologi definiscono omofilia delle reti porta sui social a cliccare sugli articoli che confermano le proprie opinioni e orientamenti (politici, religiosi, culturali), evitando di conseguenza tutto ciò che invece corrisponde a viene visto come oppositivo, stimolo, invito all’elaborazione critica.

Il filo-Renzi condividerà gli articoli per il Sì al referendum mentre il filo-Grillo condividerà solo gli articoli per il No. E a ciascuno dei due il mondo sembrerà unanimemente indirizzarsi verso questa direzione.

È una tendenza incontrovertibile oppure no? Nei giorni scorsi Google e Facebook hanno annunciato di voler di tagliare i proventi pubblicitari ottenuti dai falsi siti di notizie che potrebbero aver giocato un ruolo nelle elezioni presidenziali dell’8 novembre che hanno portato Trump a battere Clinton.

«Stiamo lavorano - dicono quelli di Google - per aggiornare le nostre politiche editoriali e inizieremo dal vietare che la pubblicità di Google sia usata su siti che alterano la verità dei fatti. Più in là vieteremo la pubblicità su pagine che falsificano, travisano o nascondono informazioni sull’editore e sullo scopo della pagina web».

“Nel rispetto delle regole vigenti non mostreremo pubblicità in applicazioni o siti che contengano false notizie”

da Facebook 

Lo stesso intende fare Facebook: «Nel rispetto delle regole vigenti non mostreremo pubblicità in applicazioni o siti che contengano false notizie».

Basterà? Difficile crederlo: per quanto voce di chi si pone anti-mainstream Facebook, Google, assieme a Amazon e Apple son di fatto i nuovi proprietari della nostra privacy, della nostra libertà di espressione, della nostra conoscenza. Incuriosisce la mossa di Twitter che ha chiuso gli account di razzisti sostenitori di Trump: una mossa coraggiosa, vista nell’ottica delle revenues da traffico, che altri non hanno ancora compiuto. Non a caso.

@maloconte

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