La chiamano “post verità” e già nel suo nome c’è il segno di una resa: la resa all’ineluttabile forza della menzogna sulla realtà, della moneta cattiva che scaccia quella buona. La rete, e in particolare i social, sono il contesto in cui la comunicazione fake prevale sulla notizia vera, quella fondata e verificata da soggetti che si fanno tutori di questa attendibilità - ossia i giornalisti - avendo come obiettivo prioritario la rappresentazione fedele di quanto accade. Certo, ciò accade solo nel migliore dei mondi possibili e troppo spesso la stampa ha preferito utilizzare la notizia come merce di scambio, esaltando il proprio ruolo intermediativo, piuttosto che la cronaca, la sua analisi e il suo approfondimento sfaccettato.
I dati sulla calante distribuzione dei giornali in Italia sono specchio fedele di ciò. Per questo, i commentatori che sui giornali si scandalizzano di come i sostenitori di Trump abbiano utilizzato notizie false fatte circolare ad arte su Facebook, in particolare, o su Twitter, hanno le proverbiali “polveri bagnate”.
La parola ai numeri
Il dato di fatto è tuttavia incontrovertibile: qualunque sia la causa, la realtà dei fatti registra sulle reti di condivisione digitale l’accresciuta forza di notizie false su quelle vere. Ma in che dimensioni? Per misurare l’entità dell’informazione fake BuzzFeed ha analizzato i dati di Buzzsumo sugli ultimi tre mesi della campagna presidenziale statunitense da cui emerge evidente il sorpasso delle notizie false su quelle vere.
Su Facebook le fake news generano un maggior engagement, ossia una maggior condivisione e quindi un maggior traffico di lettura sulla rete, rispetto almeno a quanto pubblicato da testate “tradizionali” come New York Times , Washington Post, Huffington Post , NBC News.
Ecco qui di seguito la classifica delle notizie più condivise sulle presidenziali Usa. Distinguere quelle vere da quelle false non dovrebbe essere difficile per il lettore italiano.
Le notizie più condivise in vista delle presidenziali Usa | ||
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Notizia | Editore | Condivisioni su Facebook |
Papa Francesco choc al mondo: appoggia Donald Trump alla presidenza. La dichiarazione | Ending the Fed | 960,000 |
La storia di Trump di corruzione è da capogiro. Allora, perché è Clinton quella presumibilmente corrotta? | Washington Post | 849,000 |
Breaking News: WikiLeaks conferma: Hillary ha venduto armi a Isis. E ora una nuova bomba | The Political Insider | 789,000 |
E' FINITA: Ecco la mail di Hillary su Isis. Ed è peggio di quanto avreste potuto immaginare | Ending The Fed | 754,000 |
Leggi la norma: Hillary non può assumere cariche federali | Ending The Fed | 701,000 |
Smettetela di far finta di ignorare perché la gente odia Hillary Clinton | Huffington Post | 623,000 |
Ecco svelate le foto di Melania Trump con un'altra donna | New York Post | 531,000 |
Ho lavorato per la Cia e ora appopggio Hillary Clinton | New York times | 373,000 |
Agente dell'Fbi che indaga sullo scandalo mail della Clinton trovato morto in caso, forse un omicidio suicidio | Denver Guardian | 567,000 |
Ford smentisce Trump: manterremo la produzione negli Usa | CNN | 407,000 |
Cause e contromisure
Questi i numeri. Ma le ragioni di questa tendenza? Che cosa spinge a cliccare la notizia choc dell’incredibile appoggio del Papa a Trump? Attrazione consapevole per il trash? Forse. Di certo quella che i massmediologi definiscono omofilia delle reti porta sui social a cliccare sugli articoli che confermano le proprie opinioni e orientamenti (politici, religiosi, culturali), evitando di conseguenza tutto ciò che invece corrisponde a viene visto come oppositivo, stimolo, invito all’elaborazione critica.
Il filo-Renzi condividerà gli articoli per il Sì al referendum mentre il filo-Grillo condividerà solo gli articoli per il No. E a ciascuno dei due il mondo sembrerà unanimemente indirizzarsi verso questa direzione.
È una tendenza incontrovertibile oppure no? Nei giorni scorsi Google e Facebook hanno annunciato di voler di tagliare i proventi pubblicitari ottenuti dai falsi siti di notizie che potrebbero aver giocato un ruolo nelle elezioni presidenziali dell’8 novembre che hanno portato Trump a battere Clinton.
«Stiamo lavorano - dicono quelli di Google - per aggiornare le nostre politiche editoriali e inizieremo dal vietare che la pubblicità di Google sia usata su siti che alterano la verità dei fatti. Più in là vieteremo la pubblicità su pagine che falsificano, travisano o nascondono informazioni sull’editore e sullo scopo della pagina web».
“Nel rispetto delle regole vigenti non mostreremo pubblicità in applicazioni o siti che contengano false notizie”
da Facebook
Lo stesso intende fare Facebook: «Nel rispetto delle regole vigenti non mostreremo pubblicità in applicazioni o siti che contengano false notizie».
Basterà? Difficile crederlo: per quanto voce di chi si pone anti-mainstream Facebook, Google, assieme a Amazon e Apple son di fatto i nuovi proprietari della nostra privacy, della nostra libertà di espressione, della nostra conoscenza. Incuriosisce la mossa di Twitter che ha chiuso gli account di razzisti sostenitori di Trump: una mossa coraggiosa, vista nell’ottica delle revenues da traffico, che altri non hanno ancora compiuto. Non a caso.
@maloconte
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