Mentre continua l’ondata di arresti in Turchia per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen (da ultimo un mandato di cattura è stato emesso per 60 membri dell’aviazione militare, tra cui diversi piloti, nella provincia anatolica di Konya) il governo del partito filoislamico Akp di Recep Tayyip Erdogan, al potere dal 2002, deve affrontare una marea di reazioni suscitate dalla controversa proposta di legge intesa ad abolire la condanna dei responsabili di abusi sessuali nei confronti delle minorenni sposando la vittima.
Reazioni politiche e sociali così forti che hanno costretto il governo a fare (per ora) dietrofront. Il primo segno di sbandamento nel proseguire con la cosiddetta agenda islamica per estirpare qualsiasi traccia di laicità in Turchia, l’aveva dato lunedì in serata lo stesso presidente Erdogan affermando di ritenere «molto utile una risoluzione del problema che tenga conto delle critiche provenienti da tutti i settori del governo e della società».
Un’affermazione accomodante molto inusuale per un personaggio che ha fatto dell’autoritarismo e il decisionismo la cifra politica del suo mandato in vista della trasformazione della repubblica parlamentare in una presidenziale alla francese. Il testo sottoscritto da sei deputati dello stesso Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) era passato in prima lettura giovedì scorso, ma in mancanza di 184 voti (un terzo dei seggi dell’assemblea) necessari per l’approvazione era stato rinviato a una seconda lettura per oggi. Stando alle frasi del premier Binali Yildirim, la proposta verrà rielaborata alla commissione Giustizia «per tenere conto delle opinioni di tutti e risolvere il problema».
Dalle femministe alle islamiste per una volta (fatto inconsueto in un paese molto polarizzato) le donne turche sono unite contro la proposta del governo. «Non vogliamo che la proposta sia riformulata, ma che venga ritirata», ha affermato Sunay Karamik, presidente dell’Associazione per sostenere le candidate politiche (KADER). Lo scorso luglio la Corte costituzionale ha annullato un articolo del codice penale che puniva come “abuso sessuale” qualunque atto sessuale che coinvolgesse un minore di 15 anni, stabilendo che nel valutare la pena fosse necessario considerare l’età della vittima e la sua consensualità. Per Karamik, riporta l’Askanews, «il rischio di vedere abbassata a 12 anni la soglia per essere considerati consenzienti» è ancora in atto. Tuttavia la valanga di reazioni delle donne scese nelle strade di diverse città turche e le critiche dell’opposizione sembrano avere momentaneamente raggiunto l’obiettivo di bloccare l’esecutivo che pare essere diventato una sorta di schiacciasassi sulla via della islamizzazione forzata del Paese sul Bosforo. Ma a criticare la proposta non sono state solo le femministe o le donne che si riconoscono nell’ala kemalista e laica del Paese, bensì anche i circoli di donne filo AKP. E questa è una svolta importante.
A partire dall’Associazione per la donna e la democrazia KADEM, la cui vicepresidente risulta essere proprio Sumeyye Erdogan Bayraktar, figlia del presidente Erdogan. Erdogan figlia, che era andata a studiare all’estero per un periodo per evitare di dover entrare nelle università turche senza velo (divieto ora prontamente abolito in attesa di rendere l’uso del velo, temono i laici obbligatorio come nella vicina Iran) , aveva infatti espresso scetticismo riguardo alle rassicurazioni del ministro della Giustizia Bekir Bozdag, il quale ha affermato che la misura era intesa a «proteggere i bambini» e che si sarebbe applicata solo nei casi in cui l’atto è compiuto senza «uso di forza, minacce o altre restrizioni del consenso». «Anche se non si fosse in presenza dell’uso della forza o di minacce come si potrà mai stabilire ’la volontà’ di una bambina?» aveva affermato ovviamente Bayraktar mettendo in luce la contraddizione logica del pensiero del ministro che vuole solo rendere lecita l’abitudine in uso da secoli nella Turchia anatolica profonda.
Molto più critica la posizione della giornalista Ayse Bohurler, tra le fondatrici dell’AKP, la quale su Twitter aveva scritto che la proposta avanzata «non è né legale e nemmeno aderente ai principi dell’Islam. nell’Islam l’abuso sessuale è peccato, è reato (..) Difendere il giusto dell’Islam è difendere il diritto delle bambine. Per questo motivo non riesco a comprendere le posizioni che sostengono la proposta in nome di una presunta sensibilità islamica», aveva commentato la giornalista aggiungendo che «ritirare la proposta è la cosa più saggia da fare».
«La normativa turca prevede che un abuso sessuale rivolto al minore che abbia meno di 15 anni presupponga implicitamente una violenza», è «assurdo parlare di ’consenso del minore’», sottolinea l’avvocato Hurrem Sonmez. Poco importa l’età fissata dalla legge per dare in moglie una figlia a un uomo, anche anziano, se la famiglia ha un debito da pagare o c’è di mezzo una faida. Per questo motivo sono numerose le minorenni (le cosiddette “spose bambine”) che continuano a essere date in moglie prima del compimento della maggiore età, posizionando la Turchia al primo posto in Europa e terzo nel mondo per quanto riguarda il fenomeno delle minorenni sposate ad adulti. Secondo i dati dell’Istituto di statistiche turco (TUIK) per il 2015, le minorenni sposate a 16 e 17 anni sono oltre 31mila e 330. Ma si tratta di matrimoni ufficiali, che non tengono conto di tutte le unioni “religiose” - senza valore legale - e che non vengono registrate.
Secondo una ricerca condotta in 23 città dall’Associazione KAMER, attivo nel sudest turco a maggioranza curda dove il fenomeno è più diffuso, il 51% delle donne che vivono in queste zone sono state date in moglie prima dei 18 anni. Il 32,5% delle intervistate ha avuto un bambino tra i 10 e i 15 anni (per il 4%) e tra i 16 e i 18 anni (per il 28%). Se risulta dunque necessario contrastare con urgenza questo fenomeno, una eventuale depenalizzazione del reato d’abuso sessuale sui minori rischia di fatto di legalizzare questa piaga della società turca. Se il governo ha fatto una reale marcia indietro su questo punto lo si vedrà con la nuova proposta che «raccoglierà il consenso di tutti». Ma in passato abbiamo assistito solo a dei rinvii tattici, con Erdogan che ha proseguito eliminando ogni avversario, verso l’”islamizzazione anatolica” della società turca.
Non è un caso che ieri la portavoce del servizio di azione esterno della Commissione europea, Maja Kocijancic, all’Adnkronos ha affermato che «quella della Turchia di avvicinarsi o allontanarsi dall’Ue è una scelta sovrana», commentando quanto dichiarato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo cui Ankara potrebbe rinunciare all’avvicinamento all’Ue a favore di un più stretto legame con la Russia e altri Paesi per mezzo di un’alleanza asiatica. Anche Gianni Pittela, presidente del gruppo S&D nel Parlamento Europeo, in conferenza stampa a margine della seduta plenaria dell’Europarlamento, ha annunciato che visto il numero elevato di arresti di deputati e di giornalisti in Turchia, «non è colpa nostra se siamo costretti a chiedere il congelamento dei colloqui relativi all’adesione» di Ankara all’Ue. «Siamo ben consapevoli dell’importanza della Turchia, ma con Erdogan sta sprofondando sempre più verso una sorta di regime autoritario. Per questo chiederemo che il Parlamento Europeo voti una risoluzione sulla possibilità di congelare i negoziati».
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