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dopo il referendum

Svizzera, con la bocciatura del referendum uscita «soft» dal nucleare

La Svizzera uscirà in futuro dal nucleare, ma non nei tempi brevi richiesti dallo schieramento ecologista. L'iniziativa dei Verdi elvetici su un'uscita più rapida è stata infatti respinta oggi in votazione popolare. Il no è stato espresso dal 54,23% dei votanti. Venti dei 26 cantoni ha votato no. Per essere approvata, l'iniziativa aveva bisogno di un doppio sì, quello dei votanti e quello dei cantoni appunto. La geografia del voto fa emergere una divisione abbastanza netta nella Confederazione, con la gran parte dei cantoni di lingua tedesca e di lingua italiana (i no in Ticino sono il 53,7%) contrari all'iniziativa dei Verdi e con la maggior parte dei cantoni di lingua francese invece favorevoli.

Il Governo e la maggioranza del Parlamento federale si sono schierati per il no. L'Esecutivo elvetico intende uscire dal nucleare, che oggi fornisce al Paese circa il 40% dell'elettricità, però più gradualmente e in tempi più lunghi, sulla base della “Strategia energetica 2050” messa a punto in questi anni. Ciò significa in pratica che la Svizzera continuerà a produrre energia nucleare per almeno, probabilmente, i prossimi 20-30 anni.
Il testo dell'iniziativa dei Verdi chiedeva di limitare a 45 anni la durata d'esercizio dei cinque impianti esistenti. Più specificamente, gli impianti di Beznau I e II (nel canton Argovia) e di Mühleberg (Berna) avrebbero dovuto essere disattivati nel 2017, quelli di Gösgen (Soletta) e Leibstadt (Argovia) rispettivamente nel 2024 e nel 2029. I sostenitori dell'iniziativa hanno proposto una politica basata sulla riduzione del consumo di energia, sull'incremento dell'efficienza, su un maggior ricorso a fonti rinnovabili. Il Governo svizzero è favorevole ad un ampliamento delle rinnovabili, ma non nei modi e nei tempi dell'iniziativa.

La sicurezza dell'approvvigionamento energetico è stato uno dei principali argomenti del Governo e di quanti si sono opposti all'iniziativa. Rinunciare troppo velocemente al nucleare, hanno detto con varie sfumature i favorevoli al no, significherebbe dover importare più elettricità dall'estero, elettricità magari prodotta anche da centrali a carbone, ritenuti da molti non il massimo dal punto di vista ecologico. Indipendentemente dall'esito alle urne, la Svizzera dovrà comunque rinunciare a breve a una parte della sua produzione di energia nucleare. La società Bkw ha infatti annunciato che il suo impianto di Mühleberg, che fornisce circa il 5% dell'elettricità, verrà definitivamente spento nel 2019.

Il voto di oggi conferma l'orientamento di fondo degli elettori svizzeri, a lungo favorevoli ad una contenuta presenza nel nucleare e poi in anni più recenti favorevoli ad una uscita da questo, però organizzata su tempi non brevi. Nel 2003 in una votazione popolare era stata respinta la proposta di limitare il ciclo di vita degli impianti nucleari a 40 anni, così come la proposta di spegnere i due reattori di Beznau e delle cantrale di Mühleberg al più tardi nel 2005, di quelle di Gösgen nel 2009 e di quella di Leibstadt nel 2014. Ora gli svizzeri danno fiducia al programma del Governo di uscita graduale dal nucleare.

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