Esame della legge di Bilancio congelato fino a marzo. La decisione dell'Eurogruppo di non affrontare oggi il caso Italia è in linea con la presa d'atto che occorrerà attendere l'evolversi della situazione politica, dopo la netta affermazione del No al referendum costituzionale. Resta in piedi il rischio di “deviazione significativa” rispetto all'attuale set di regole europee, con riferimento sia al deficit strutturale che al debito, evidenziato dalla Commissione nel parere emesso lo scorso 16 novembre. Sulla carta, sarebbe necessario colmare lo scarto per un importo vicino allo 0,3% del Pil (poco meno di 5 miliardi), ma da qui a marzo diversi sono i passaggi in cui si articolerà la trattativa tra Roma e Bruxelles.
La priorità assoluta è mettere in sicurezza i conti pubblici. La manovra da 27 miliardi per il 2017 ha ottenuto il via libera in prima lettura dalla Camera senza subire sostanziali stravolgimenti o modifiche tali da alternarne l'impianto. Ora Bruxelles e i mercati si attendono che si arrivi al varo definitivo nei tempi stabiliti. L'attenzione è prima di tutto sulla crescita, alla luce dei dati diffusi dall'Istat che proiettano sull'anno in corso un probabile incremento del Pil nella forchetta tra lo 0,9 e l'1%, contro lo 0,8% stimato dal Governo nei documenti contabili inviati a Bruxelles. Certo ora l'intero quadro macroeconomico andrà ricalibrato alla luce del responso delle urne. Diverse sono le incognite che pesano al momento sul giudizio europeo. Prevarrà con ogni probabilità un approccio più “politico”, come del resto è avvenuto nel parere espresso dalla Commissione in cui sostanzialmente si è sospeso il giudizio finale sulla manovra, in attesa che si svolgesse la consultazione referendaria. Resta l'obiezione di fondo: così come delineata dal Documento programmatico di bilancio, la manovra 2017 non appare conforme alle regole europee.
La “deviazione significativa” rispetto al percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio), è resa esplicita dal peggioramento del saldo strutturale. In sostanza, il target di riferimento calcolato al netto delle variazioni del ciclo economico e delle una tantum, presenta non una riduzione dello 0,6% - come chiesto dalla Commissione fin dalla scorsa primavera – ma un peggioramento dello 0,4%, passando dall'1,2 all'1,6 per cento. Il tutto a fronte di un debito che – stando alle stime governative ufficiali (si stanno valutando gli effetti della sia pur limitata revisione al rialzo delle previsioni di crescita) – si dovrebbe attestare quest'anno al 132,8% contro il 132,3% del 2015. Solo per fine 2017 è programmato il percorso di riduzione al 132,6%, che al contrario era stato ipotizzato già quest'anno.
E proprio sul debito, è atteso per le prossime settimane un dettagliato documento della Commissione che sulla carta potrebbe aprire la strada a una procedura d'infrazione. Ma prima di tutto si dovrà superare lo scoglio di una manovra che aumenta il deficit di 12 miliardi, con l'asticella ora fissata al 2,3% (il Parlamento ha autorizzato uno sforamento fino al 2,4%), contro l'1,8% che il Governo si era impegnato a realizzare lo scorso mese di maggio. Deficit in aumento, e comunque ampiamente entro il tetto massimo del 3% del Pil – questa la linea del Governo – motivato dalle spese per la doppia emergenza migranti/terremoto. Uno spazio di manovra che va ad aggiungersi ai 19 miliardi di flessibilità ottenuti nel 2015-2016. L'aspettativa è che su questo punto l'intesa sia possibile, ma a fronte di precise indicazioni (che questa volta sarà arduo disattendere) sul versante della crescita e della riduzione del debito. Anche al di là dell'esito del confronto in sede europea, questa è peraltro la vera clausola di garanzia da offrire ai mercati e agli investitori.
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