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Putin annuncia la tregua in Siria

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Putin annuncia la tregua in Siria

Aleppo (Epa/Sana)
Aleppo (Epa/Sana)

È tregua in Siria, a partire dalla mezzanotte scorsa. «Questa volta ho fiducia, ci sono nuovi contributi internazionali», ha dichiarato all’agenzia Reuters un comandante dell’opposizione. Riferendosi verosimilmente alla tela intrecciata da Vladimir Putin con iraniani e turchi, così che ieri il presidente russo ha potuto annunciare che il governo siriano di Bashar Assad e rappresentanti dell’opposizione hanno firmato un accordo per un cessate il fuoco esteso a tutto il Paese, con l’esclusione delle zone in mano a terroristi dell’Isis, di Jabhat Fateh al-Sham (ex al-Nusra) e «alleati».

Dell’intesa saranno garanti Mosca, Ankara e Teheran. Un secondo documento attesta la disponibilità delle parti a iniziare negoziati in Kazakhstan, presumibilmente a un mese dall’entrata in vigore della tregua, se rispettata. L’esercito di Damasco e l’Esercito siriano libero, alleanza che raccoglie parte dell’opposizione, hanno confermato l’intesa.

«Tutti gli accordi raggiunti - ha detto Putin accanto al ministro della Difesa Serghej Shoigu e al ministro degli Esteri Serghej Lavrov- sono molto fragili e richiedono grande attenzione e pazienza, e un contatto costante con i nostri partner». Per due volte ha pronunciato la parola “fragile”. Poi Putin si è detto d’accordo «con la proposta formulata dal ministero della Difesa a proposito di una riduzione della nostra presenza militare in territorio siriano».

“Tutti gli accordi raggiunti sono molto fragili e richiedono grande attenzione e pazienza, e un contatto costante con i nostri partner”

Vladimir Putin, presidente russo 

La svolta conferma gli impegni presi il 20 dicembre scorso dalla “trojka” - Iran, Russia e Turchia. Con Putin determinato ad assumere il ruolo-guida dell’operazione e a garantire il rispetto degli accordi per conto di Assad, mentre il presidente turco Recep Tayyep Erdogan dovrebbe fare lo stesso con i gruppi dell’opposizione sunnita, probabilmente resi più malleabili dalla perdita di Aleppo. Ma così come è avvenuto nei precedenti tentativi di negoziare la fine della guerra, la composizione del fronte dei ribelli che siederanno di fronte ai rappresentanti di Damasco è destinata a essere controversa. Shoigu ha nominato sette gruppi, chiarendo che «chi non deporrà le armi verrà considerato gruppo terroristico» ed escludendo da tregua e negoziati Isis, gli ex qaedisti di al-Nusra e «alleati». Ma chi stabilirà l’elenco dei “terroristi”? L’Esercito siriano libero esclude dal cessate il fuoco le milizie curde dell’Ypg ma chiede che nessun altro gruppo ribelle, compreso al-Nusra, venga escluso: «Non possiamo separarli - ha spiegato a Reuters Zakaria Malahifji, capo dell’ufficio politico di Fastaqim, una delle sigle dell’opposizione - perché sul territorio si sovrappongono».

Risulterà controversa anche l’affermazione del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, secondo cui tutti i foreign fighters presenti devono lasciare la Siria, comprese le milizie sciite libanesi di Hezbollah impegnate contro i ribelli dell’opposizione. Questo è un punto che difficilmente Teheran accetterà, ma che serve a Erdogan per far digerire le intese raggiunte ai gruppi dell’opposizione sunnita e garantirne il rispetto.

Un altro probabile punto di inciampo sarà il ruolo di Assad, di cui la Turchia ha da sempre chiesto l’uscita di scena. La Dichiarazione di Mosca del 20 dicembre sembra immaginare per il presidente siriano una transizione graduale, un futuro passaggio di testimone con un esponente del clan alawita di Assad meno controverso dell’attuale presidente. Un compromesso tra i tanti che saranno necessari e che richiede, in questo caso da parte della Turchia, una flessibilità tutta da dimostrare.

I grandi assenti in tutto questo sono gli Stati Uniti, ma Lavrov guarda oltre il 20 gennaio. «Spero che (la nuova amministrazione Trump) possa unirsi a questi sforzi», ha detto ieri il ministro russo. Se per ora gli Usa si limitano a definire «molto positivo» l’accordo, l’inviato dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, ha accolto favorevolmente la svolta augurandosi che possa risparmiare vite umane, migliorare la distribuzione degli aiuti e «aprire davvero la strada a colloqui di pace produttivi».