Trump impone nuove sanzioni all'Iran ma già con Obama l'accordo sul nucleare era stato applicato sono in parte. Teheran ha potuto tornare a esportare petrolio in Occidente ma è rientrata nel sistema finanziario internazionale a metà: le banche non erogano crediti importanti alle imprese che fanno affari con la repubblica islamica nel timore che il Tesoro Usa possa sanzionarle. Gran parte dei contratti con l'Iran sono dichiarazioni d'intenti e non definitivi: mancano le garanzie bancarie.
Con l'accordo sul nucleare del luglio 2015 gli Stati Uniti avevano fatto il grande passo di distendere i rapporti con Teheran ma Obama si era fermato a metà del guado, incapace di imprimere una svolta reale alla politica americana in Medio Oriente.
Trump non poteva che confermare l'antica ostilità di Washington verso la repubblica islamica, nata nel 1979 quando gli studenti sequestrarono gli ostaggi nell'ambasciata Usa di Teheran. Il nuovo presidente, nonostante la frenata sugli insediamenti ebraici, rimane un grande alleato di Israele, cioè dell'arci-nemico dell'Iran, che a sua volta rifiuta ostinatamente di riconoscere lo stato israeliano e appoggia Hamas a Gaza. Trump ha anche investito il genero ebreo, Jared Kushner, dell'incarico di inviato in Medio Oriente, confermando che deve qualche voto alla lobby dell'Aipac.
Non solo. L'altro grande alleato Usa nella regione è l'Arabia saudita che Trump naturalmente non ha incluso nella lista nera dei visti e per un motivo molto semplice: i sauditi sono i maggiori clienti di armamenti americani. Lo stesso Obama in otto anni di presidenza ha venduto a Riad armi per 115 miliardi di dollari. Inoltre i sauditi, come ha confermato in questi giorni il ministro del petrolio, hanno miliardi di dollari di investimenti nelle raffinerie e nelle pipeline americane, oltre a essere clienti privilegiati dei bond Usa.
Tra i capi di stato che Trump ha sentito direttamente c'è stato tra i primi re Salman con cui vorrebbe concordare l'insediamento in Siria di zone sicure per i rifugiati. Non si tratta come può apparire di una mossa umanitaria ma di una manovra politica per tentare di sottrarre del territorio al controllo di Assad, dei russi e degli iraniani. I sauditi sono nemici degli iraniani e con le altre monarchie del Golfo hanno sostenuto jihadisti, In realtà il conflitto siriano è stato una guerra per procura contro l'Iran, il maggiore alleato insieme a Mosca del regime di Damasco.
Confermando i precedenti storici, Trump si si è schierato con il fronte sunnita delle monarchie del Golfo dove ci sono sette basi militare Usa e la Quinta flotta impegnata in questi giorni in manovre militari davanti al Barhein con un'esercitazione mirata a simulare un attacco all'Iran. Difficile che partendo da questi presupporti Trump possa convincere Putin a mollare l'Iran. Molti hanno definito quella tra Mosca e Teheran un'alleanza di comodo ma si è trasformata in un legame più stretto da quanto la Russia ha allargato le sue basi in Siria dove il sistema di sicurezza deve molto all'Iran e agli Hezbollah libanesi che affiancano le forze armate di Assad dall'inizio della guerra civile nel 2011. È stato proprio il coordinamento tra russi e milizie sciite che ha contribuito in maniera decisiva alla caduta di Aleppo, la svolta strategica del conflitto che ha costretto la Turchia di Erdogan ad adeguarsi al cessate il fuoco nei termini voluti da Mosca e Teheran.
Se sfida l'Iran Trump sfida indirettamente anche gli interessi della Russia, in questo probabilmente incoraggiato da un team della Casa Bianca dove gli ex generali Flynn e Mattis, silurati a suo tempo da Obama, sostengono apertamente uno scontro con la repubblica islamica. Dove si spingerà Trump? Non a un conflitto diretto contro l'Iran ma sosterrà l'Arabia Saudita contro gli ayatollah. In particolare in Yemen dove Riad è incapace di vincere la guerra contro gli Houthi sciiti appoggiati dagli iraniani.
Le dichiarazioni di Trump sul disimpegno americano erano ingannevoli. La politica estera di un Paese non si cambia dall'oggi al domani e se Trump, come dice, persegue gli interessi americani continuerà a farlo ricalcando uno schema noto da 70 anni. Su questo punto troverà una convergenza di interessi con alcuni Paesi europei come la Gran Bretagna e la Francia che privilegiano gli affari e le commesse belliche con i sauditi e le monarchie del Golfo rispetto a quelli con l'Iran. Poco importa se questi Paesi sono stati tra i maggiori finanziatori dell'islam radicale, per tenerlo lontano da casa loro, e se il jihadismo ha finito per fare vittime anche in Europa. L'odore dei soldi talvolta è più forte di quello del sangue.
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