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Si risveglia l’inflazione britannica: +2,3%

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economia e brexit

Si risveglia l’inflazione britannica: +2,3%

LONDRA - L’inflazione britannica balza al 2,3%, bruciando le previsioni di analisti convinti che potesse raggiungere al massimo il 2,1 per cento. Il dato diffuso dall’Ufficio nazionale di statistica è relativo al mese di febbraio misurato con il febbraio del 2016. Se si declina invece con l’inflazione di gennaio la dinamica di crescita dei prezzi al consumo appare ancor più rapida: da 1,8% al 2,3 in quattro settimane. Analizzando il consumer price index (cpi) senza tenere conto di carburante e alimentari come fanno alla Banca d'Inghilterra, l’inflazione si ferma a +2% rispetto all’1,6 di gennaio.

Comunque la si voglia leggere, la corsa dei prezzi in Gran Bretagna è ricominciata, e con essa le voci di un possibile rialzo dei tassi d’interesse. Rumors tanto intensi da aver aiutato la sterlina a riprendersi (più 0,8 sul dollaro ora scambiato a 1,2460) dopo il calo brusco di ieri provocato dall’annuncio che la marcia verso la Brexit sarà avviata, con l’attivazione dell’articolo 50, mercoledì prossimo.

Decisione che ha già avviato il motore europeo con l’annuncio, da Bruxelles, della convocazione per il 29 aprile di un summit dei Ventisette dedicato al divorzio dalla Gran Bretagna. Fra il primo e il secondo turno delle elezioni francesi, dunque, i Ventisette metteranno a punto il menù per la Brexit. E allora sul mercato dei cambi le turbolenze potranno essere assai più forti di quanto stia accadendo in queste ore.

Sul destino dei tassi gli analisti sono divisi, ma sembra prevalere l’opinione delle colombe. A parere di Samuel Tombs di Pantheon la dinamica dell’inflazione è stata generata dall’aumento del costo dei prodotti d’importazione, cresciuti per la svalutazione del pound (17% circa dal giugno scorso) sul dollaro. Non si tratta quindi, secondo l’economista, di un’inflazione generata da dinamiche economiche interne. Per questo nonostante preveda una crescita fino al 3,5% entro la fine del 2017, Pantheon ritiene improbabile un immediato aumento dei tassi. Numerosi indicatori segnalano nel frattempo un rallentamento dei consumi, mentre i salari nell’ultimo trimestre sono cresciuti a un ritmo annnuo del 2,3% rispetto al 2,6%, il passo tenuto fino allo scorso autunno.

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