Il dopo Brexit rischia di cominciare con un nodo politico non da poco per il Regno Unito: l’Irlanda del Nord. È scaduto infatti il termine per trovare un accordo sulla ricostituzione di un governo locale di unità nazionale, dopo le elezioni del 2 marzo che hanno portato i repubblicani dello Sinn Fein a un solo seggio dagli unionisti del Dup. E l’intesa tra i due partiti (prevista dagli accordi di condivisione del potere), non è stata trovata, anche se Londra ha concesso una proroga, vista la «ristretta finestra di opportunità» per arrivarci nei prossimi giorni. In caso contrario, restano due sole opzioni: nuove elezioni o addirittura un ritorno al governo diretto di Londra, per la prima volta dal 2017.
La questione irrisolta è formalmente quella che ha fatto naufragare il precedente esecutivo: lo Sinn Fein non vuole che a ricoprire il ruolo di premier, destinato al partito che ha ottenuto più voti, sia l’attuale leader del Dup, Arlene Foster, coinvolta in uno scandalo di malversazione sulle energie rinnovabili. Era questa la richiesta dell’ex leader repubblicano, Martin McGuinness, morto pochi giorni fa; è questa la posizione ribadita dalla nuova leader dello Sinn Fein, Michelle O’Neill. Dietro il casus belli tuttavia si nascondono profonde divergenze sul programma di governo, a cominciare dalla gestione della Brexit.
Le divisioni mai sopite sono già riemerse in occasione del referendum, che ha visto una maggioranza di nordirlandesi contrari al divorzio di Londra dalla Ue. L’Irlanda del Nord del resto è la regione del Regno Unito più esposta alle conseguenze di Brexit, prima di tutto per una questione geografica. Come la comune appartenenza al mercato unico e all’unione doganale aveva favorito la distensione culminata negli accordi di pace del 1998, rendendo la frontiera tra le due Irlande - un tempo blindatissima - una traccia quasi impalpabile, così la reintroduzione di un confine, chiamato ora a dividere la Ue dal Regno Unito, rischia infatti di avere pesanti ripercussioni, economiche e politiche.
Sul piano economico si temono danni ai rapporti commerciali tra le due parti dell’isola, rifioriti con la pace, su quello politico tornano ad affacciarsi vecchie rivalità e ambizioni solo accantonate. L’affermazione dello Sinn Fein alle elezioni del 2 marzo ha così ridato vigore alle richieste del partito di tenere un referendum per lasciare la Gran Bretagna e riunirsi all’Irlanda , ipotesi respinta con decisione dagli unionisti e vista con preoccupazione anche dal governo di Londra.
A Londra, al termine della proroga concessa per i negoziati, passerà comunque la palla. In caso di fallimento, nuove elezioni dovrebbero essere convocate entro tre settimane.
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