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VINCE IL SÌ al REFERENDUM

La Svizzera dice addio al nucleare: il sì vince con il 58%. Aumenti in bolletta per le rinnovabili

Afp
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La Svizzera dice addio, con gradualità, alle centrali nucleari. I cittadini elvetici hanno oggi approvato con un referendum il progressivo abbandono dell'atomo e una politica di promozione delle energie rinnovabili attraverso i sussidi: i sì hanno vinto con il 58,2 per cento. Il popolo svizzero era chiamato a pronunciarsi sulla «Strategia energetica 2050», cioè una revisione della legge sull'energia composta da un primo pacchetto di misure voluto dal governo e volto a ridurre il consumo di energia, aumentare l'efficienza energetica, promuovere le energie rinnovabili. Prevede inoltre il divieto di costruire nuove centrali nucleari.

«I risultati - ha dichiarato il ministro elvetico dell’Energia Doris Leuthard - dimostrano che la popolazione chiede una nuova politica energetica e non vuole nuovi impianti nucleari». La legge approvata dal referendum prevede un prelievo annuo di 480 milioni di franchi dagli utenti della rete elettrica per finanziarie investimenti nell’eolico, nel solare e nell’idroelettrico. Ulteriori 450 milioni di franchi saranno prelevati da una tassa sui combustibili fossili già in vigore per ridurre del 43% entro il 2035 il consumo di energia nelle case. Attualmente il solare e l’eolico coprono meno del 5% della produzione energetica svizzera, contro il 605 dell’idroelettrico e il 35% del nucleare.

Questi i punti principali della Strategia energetica 2050. La Svizzera rinuncia alla costruzione di nuove centrali nucleari. I cinque impianti attuali, che hanno prodotto l’anno scorso 22,1 terawattora (TWh), potranno restare in funzione sino a quando risponderanno alle norme di sicurezza. La chiusura delle ultime centrali dovrebbe avvenire tra 20 - 30 anni. Una proposta di chiusura accelerata è stata respinta nel novembre scorso in un altro referendum. Considerando che verrà a mancare così oltre un terzo della produzione nazionale di elettricità, sono previste misure per aumentare i risparmi energetici.

La nuova legge prevede di ridurre fortemente il consumo medio pro capite di energia. L’elettricità mancante sarà compensata appunto anche con un potenziamento delle fonti energetiche rinnovabili. La produzione delle centrali idroelettriche, pari a 36,2 TWh nel 2015, dovrebbe raggiungere 37,4 TWh entro il 2035. Le nuove energie rinnovabili (solare, eolico, geotermia, biomasse) dovrebbero compiere un balzo nello stesso periodo da 1,7 a 11,4 TWh.
Oggi la Svizzera figura tra i Paesi europei con la più alta quota di produzione di elettricità derivante da fonti rinnovabili, ma circa il 95% di questa sua elettricità da rinnovabili deriva solo dalle centrali idroelettriche. Nel campo delle altre e più nuove energie rinnovabili, la Confederazione secondo i sostenitori della nuova legge potrebbe quindi crescere parecchio. Il vento ha fornito nel 2015 solo lo 0,17% dell’elettricità consumata in Svizzera, contro l’8,3% nella Ue; il sole ha assicurato solo l’1,7% dell’elettricità in Svizzera, contro il 3,2% nella Ue, sottolineano i fautori del sì.

Secondo gli oppositori della Strategia 2050, questo pacchetto di misure farà aumentare troppo i prezzi dell’elettricità. Il sistema svizzero attuale, che comprende nucleare, petrolio e gas, per i fautori del no va mantenuto, per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento. Per Governo e maggioranza del Parlamento, la promozione delle energie rinnovabili comporterà solo un leggero aumento dei prezzi, che sarà compensato dal potenziamento dell'efficienza. Ci sarà inoltre un contenuto e temporaneo supplemento di rete (40 franchi l’anno per nucleo familiare) per sostenere le centrali idroelettriche, il risanamento degli edifici e la costruzione di nuovi impianti per le rinnovabili. La nuova strategia consente inoltre secondo il Governo di ridurre la dipendenza dall’estero, favorendo l’innovazione e i posti di lavoro in Svizzera.

La Svizzera dunque segue la strada imboccata in passato dalla vicina Austria (e dall’Italia) e più recentemente dalla Germania, che ha deciso di uscire dal nucleare entro il 2022.

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