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Il Brasile di Temer in grave crisi ma il Pil mostra una ripresina (+1%)

Recessione finita ? Oppure un rimbalzino tecnico ? Il Brasile di Michel Temer vive difficoltà politiche e soprattutto istituzionali con un impeachment che – secondo i media brasiliani - si fa sempre più probabile ma per fortuna c'è un piccolo segnale congiunturale positivo: l'economia brasiliana, dopo due anni di recessione, è cresciuta dell'1% nel primo trimestre dell'anno rispetto al trimestre precedente, secondo dati ufficiali divulgati dall'Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge), l'Istat brasiliano.

Ripresina ?
Gli ultimi due anni sono stati caratterizzati da continue cadute: il Pil brasiliano nel 2015 e 2016 aveva segnato una contrazione rispettivamente del 3,8% e 3,6%, facendo precipitare il Paese nella peggiore recessione della sua storia. «La recessione è finita!», ha scritto il capo di Stato sui social. «Ciò è il risultato delle misure che stiamo adottando – ha continuato Temer. Il Brasile è tornato a crescere. E con le riforme crescerà ancora di più». Gli economisti dell'Ibge in verità sono molto più prudenti : il tasso di investimenti in percentuale al pil è molto basso (attorno al 15% ), il livello minimo dal 1995. E i consumi delle famiglie cadono da 9 trimestri consecutivi.

Sul fronte occupazionale vi è stato un lieve rallentamento della disoccupazione nella principale economia dell'America Latina: secondo dati divulgati pochi giorni fa dall'Istituto brasiliano di geografia e statistica, il tasso medio è stato del 13,6% nel trimestre compreso tra febbraio ed aprile, facendo registrare un numero complessivo di persone senza lavoro pari a 14 milioni. Il risultato complessivo è leggermente migliore di quello registrato tra gennaio e marzo scorsi, quando il tasso di disoccupazione era salito al 13,7% e i senza lavoro a 14,2 milioni.

La crisi politica
Temer ha dichiarato che «non esiste un piano B per il Brasile», e ha difeso il proprio operato sottolineando che la traiettoria iniziata dal suo Esecutivo «non sarà interrotta». Lo ha dichiarato davanti a una platea di imprenditori. Anche se ormai principali alleati del capo di Stato - finito tra gli indagati dell'inchiesta Lava Jato, la Mani Pulite locale - già pensano a un nome per sostituirlo ed uscire dalla grave crisi politica in cui è precipitato il governo.

Il clima politico è sempre più arroventato: l'opposizione ha presentato una piattaforma, costituita da vari punti: a) democratizzazione dello Stato, b) anticipazione delle elezioni presidenziali al 2017, c) approvazione urgente della riforma politica, con adozione di finanziamento pubblico di campagne elettorali, d) democratizzazione dei mezzi di comunicazione di massa, e) democratizzazione del Potere giudiziario.

Teresa Isenburg, docente universitaria di Geografia economica e politica, spiega da San Paolo che «il Brasile vive un momento istituzionale con contorni surreali. Il governo guidato dal presidente illegittimo Michel Temer continua ad occupare il potere esecutivo dopo che denunce con prove dimostrano che lo stesso Temer è protagonista di recezione e distribuzione di valige piene di soldi contanti, analogamente ad Aécio Neves, già candidato sconfitto alle elezioni presidenziali del 2014 e oggi ex segretario del Psdb (Partito di centrosinistra)  e senatore sospeso».

Anche i mercati sono sempre più preoccupati del clima congiunturale brasiliano. «L'agenda delle riforme appartiene al Paese, non al presidente ha dichiarato José Berenguer, Ceo di JP Morgan Chase & Co's». Quello che vive il Brasile è un mix di corruzione, inefficienza e recessione politica che potrebbe innestare una miccia di instabilità regionale.

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