BRUXELLES - Al quinto piano del palazzo che ospita la Commissione europea qui a Bruxelles il futuro dell’Unione è già segnato. Fuori dall’ufficio del capo-negoziatore che in nome dei Ventisette negozierà l’uscita della Gran Bretagna, sono state allineate con precisione le bandiere nazionali dei paesi membri. Nel corridoio stretto, manca l’Union Jack. D’altro canto, Michel Barnier, 66 anni, rappresenta i Ventisette, e non i Ventotto. Nella sua prima intervista da quando è stato nominato, a un gruppo di giornali europei tra cui Il Sole 24 Ore, l’ex commissario europeo e ministro francese ha esortato Londra a iniziare le trattative. L’uomo si vuole severo, ma equilibrato, firm but fair, direbbero appunto gli inglesi. Nonostante il ritardo accumulato, esclude rinvii alla tabella di marcia: «Qualsiasi rinvio è fonte di instabilità sociale ed economica».
Le elezioni legislative dell’8 giugno hanno reso il panorama politico oltre-Manica ancor più ingarbugliato. La premier Theresa May è impegnata a formare un difficile governo di coalizione con gli unionisti irlandesi. Che sentimenti le suscita questa situazione?
Brexit è una decisione seria. Bisogna metterla in pratica senza perdere tempo. Noi siamo pronti. Sono passati tre mesi da quando la premier May ci ha scritto, notificando il desiderio di uscire dall’Unione ex articolo 50 dei Trattati. Da allora non abbiamo fatto progressi. Come ho detto, siamo pronti a negoziare da domani, dalla settimana prossima, dal 19 giugno, come ho suggerito io stesso. Dobbiamo andare molto velocemente. Voglio ricordare qui la trafila che ci siamo dati: un accordo sull’uscita ordinata dell’Unione entro l’autunno del 2018, un passaggio cruciale; e poi una intesa di massima sul nuovo partenariato tra il Regno Unito e l’Unione che successivamente verrà negoziata in dettaglio.
Il nuovo governo May potrebbe non poter condurre le trattative fino in fondo, vista la sua fragilità. Pensa che i negoziati rischiano di essere più difficili dopo il voto britannico?
Non voglio fare commenti sulla situazione a termine. Sono preoccupato di avere il più velocemente possibile un partner negoziale. Ho bisogno di un capo-negoziatore britannico che sia stabile, responsabile (accountable in inglese, ndr) e con un mandato. È il Regno Unito ad avere chiesto di lasciare l’Unione.
Del nuovo governo inglese potrebbero far parte gli unionisti irlandesi (Dup). Questi vogliono preservare una frontiera leggera tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda.
La questione dei confini è una di tre questioni che ha creato molte incertezze, insieme ai diritti dei cittadini e agli impegni finanziari. Sono molto attento a questo tema. Non voglio assolutamente che Brexit fragilizzi l’accordo del Venerdì Santo (che ha creato nell’Ulster una area economica comune, ndr). Credo sia possibile al tempo stesso rispettare le regole del mercato unico e rispettare l’intesa del 1998. Sono le considerazioni che ascolto anche oltre-Manica.
Ci permetta di insistere: prevede un negoziato più semplice con Londra? Pensa che il nuovo governo May, anche per la presenza degli unionisti irlandesi nell'esecutivo, possa puntare a un soft Brexit?
Io non so cosa sia un soft Brexit, o un hard Brexit. Questo fine settimana ho sentito parlare anche di open Brexit... Il Regno Unito ha chiesto di uscire dall’Unione. Metteremo in pratica questo desiderio senza spirito punitivo o di vendetta. Non saremo neppure ingenui. Vogliamo essere rispettosi della verità.
Pensa che i cittadini britannici siano sufficientemente informati sul significato di Brexit?
Credo che vi siano progressi da fare su ambedue i fronti. Le conseguenze di Brexit sono tecniche, finanziarie, giuridiche, sociali. Molti le hanno sottostimate. Ne approfitto per ribadire che l’opzione di un non-accordo avrebbe conseguenze gravi e serie. Aspetto da parte del governo britannico proposte chiare. Sono certo che bisognerà fare dei compromessi.
Il suo obiettivo è di trovare una intesa sui tre temi più delicati – diritti dei cittadini, frontiere e questioni di bilancio – entro fine anno; e chiudere il negoziato sull’uscita ordinata del paese entro l’autunno del 2018, in modo da permettere la ratifica entro il marzo 2019, quando scadono i due anni di trattative previste dall’articolo 50 dei Trattati. Considera l'eventualità di un rinvio di questi appuntamenti, visto il tempo perso finora?
Il tempo passa più velocemente di quanto non si creda. I nodi che dobbiamo risolvere sono straordinariamente complessi, da un punto di vista tecnico, giuridico, e finanziario. Confermo che voglio terminare il negoziato sul divorzio entro ottobre o novembre del 2018. Una volta raggiunto un progresso sufficiente su questo fronte, sperabilmente entro fine 2017, dobbiamo negoziare gli accordi transitori in vista di un nuovo partenariato sul quale voglio lavorare fin dall’inizio del 2018. Per rispondere alla vostra domanda: non vedo né l’utilità, né l’interesse di rinviare le date. Qualsiasi rinvio è fonte di instabilità sociale ed economica.
Che tipo di nuovo partenariato vorreste negoziare con Londra?
Stiamo aspettando la proposta britannica. Siamo preparati a tutte le opzioni, tra cui anche un eventuale non-accordo. Il mio obiettivo è di trovare una intesa. Voglio precisare che sarà un accordo misto, che dovrà essere approvato da tutti i Ventisette. Tutte le opzioni sono a disposizione. Vogliamo che sia un partenariato durevole, solido e sincero. In questo senso, è importante che l’intesa sul divorzio sia basata sulla piena fiducia. Il governo inglese conosce le condizioni per ciascuna opzione. Non intendiamo transigere sulle regole. Non vi può essere un menù à la carte. Saremo intransigenti sull’autonomia di decisione dell’Unione e sul fatto che l’accesso al mercato unico preveda il rispetto delle quattro libertà (circolazione dei beni, delle persone, dei capitali e dei servizi, ndr).
Il Regno Unito ha parlato di un accordo di libero scambio. Cosa ne pensa?
Aspetto dettagli. Mi limito ad osservare che una intesa di questo tipo avrà caratteristiche uniche. Col Giappone, col Canada, con la Corea del Sud, le intese di libero scambio sono state segnate da un processo di convergenza regolamentare. Nel caso britannico, è il contrario. C’è in atto un processo di divergenza. Vogliamo una divergenza regolamentare che sia controllata e gestita, o invece una concorrenza regolamentare con conseguenze in campo sociale o nel settore degli aiuti di Stato? Questa domanda mi viene posta regolarmente da imprese e sindacati. Non dico questo per creare problemi, ma per risolverli.
Proprio per risolvere problemi il governo May ha annunciato che farà una proposta «generosa» per gestire l’annosa questione dei diritti dei cittadini inglesi in Europa ed europei in Gran Bretagna.
Non capisco l’aggettivo «generosa»... Voglio preservare i diritti acquisiti dei cittadini, nel quadro del diritto europeo. Voglio un accordo giusto, giuridicamente e umanamente giusto, per tutti. Vogliamo anche preservare il ruolo della Corte europea di Giustizia a proposito dei diritti attuali.
Una ultima domanda: vi è grande incertezza sulla tenuta dell’unità dei Ventisette nel corso dei prossimi difficili negoziati. È preoccupato da eventuali divisioni?
L’unità sarà messa alla prova. Il mio obiettivo è di trovare una intesa che sia accettabile sia per il Regno Unito che per i Ventisette. Camminerò in mezzo al sentiero. Non sono una persona contorta (tordue, in francese).
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