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Ima cresce a tassi record

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Industria

Ima cresce a tassi record

Sono tassi di crescita prossimi al 20% che non hanno uguali tra i competitor europei del packaging quelli che il gruppo meccanico bolognese Ima sta inanellando: +21% il fatturato nei primi tre mesi del 2017 (anno su anno) e +50% l’Ebitda; +18% i ricavi (e +21% l’Ebitda) nel 2016 dopo il +30% messo a segno nel 2015, anno in cui abbattè il muro del miliardo di euro di fatturato.

Oggi Ima è il quarto player europeo per dimensioni tra i costruttori di tecnologie per il confezionamento e l’imballaggio, con 1,31 miliardi di giro d’affari, per l’86% export,e 5.200 dipendenti (metà all’estero). Quarto dopo i tedeschi di Krones – rileva l’annuale classifica di Ucima - i vicini di casa bolognesi di Coesia e gli svizzeri di Bühler (escludendo il colosso multibusiness Bosch che non scorpora il dato packaging dal consolidato di 73,1 miliardi). Ma Ima è indiscutibilmente il numero uno in Europa per tasso di crescita: sta correndo tre volte più veloce di Krones (che ha chiuso il 2016 con un +6,9% del turnover), sei volte più di Bühler (+3%) e ha quasi raggiungo Coesia, che l’anno scorso invece non è cresciuta affatto.

«Il trend del primo trimestre dovrebbe riscontrarsi anche su base annua, prevediamo anche per il 2017 un forte incremento dei volumi e un consolidamento anche delle marginalità: avevamo già previsto a perimetro costante un target di 1,4 miliardi di fatturato quest’anno, ma va aggiunta tutta la parte acquisitiva. Abbiamo un backload di dossier molto elevato che potrebbero sbloccarsi nei prossimi mesi», anticipa Alberto Vacchi,presidente e ad di Ima. Azienda nata a Bologna nel 1961 e salita subito al primo posto nel ranking internazionale con le macchine per il confezionamento del the in bustine (ancor oggi controlla il 70% del mercato mondiale), per poi espandersi negli anni Settanta nel pharma e iniziare dagli anni Ottanta in avanti una campagna di M&A che non si è mai arrestata, spaziando dalla Germania all’India, dagli Usa alla Svizzera per diversificare la produzione (prima cosmetica, poi food&beverage, automation e tabacco) e allargare i mercati, puntando sempre a società al top per tecnologie che garantissero la leadership nelle nicchie di riferimento. E la famiglia Vacchi è stata anche tra le prime in Italia, nel 1995, ad aprire il capitale di una realtà industriale “pesante” all’azionariato di Borsa per finanziare la crescita, pur mantenendo il controllo.

È di dieci giorni fa l’ultima acquisizione (Eurosicma), la quarta in sei mesi. «Abbiamo nel mirino diverse altre società ad alto potenziale nel generare cassa», conclude Vacchi. Che non solo non deve temere i cinesi, lavorando nella fascia alta del mercato, ma sta contendendo l’avanzata dei tedeschi «grazie alle piattaforme di subfornitura che abbiamo nel distretto emiliano che ci permettono di mantenere un elevato livello di competitività anche nella gamma intermedia».

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