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L’asilo migranti può essere chiesto nel Paese ospite dopo i tre mesi

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CORTE DI GIUSTIZIA

L’asilo migranti può essere chiesto nel Paese ospite dopo i tre mesi

  • –dal nostro corrispondente

BRUXELLES – La decisione dei Ventotto di adottare nel 2015 misure di ricollocamento dei rifugiati arrivati in Italia e in Grecia è valida, secondo l'opinione dell'avvocato generale della Corte europea di Giustizia. In attesa della sentenza definitiva della magistratura comunitaria, l'opinione non vincolante di Yves Bot è un passaggio politico cruciale. Ricorso era stato presentato dalla Slovacchia e dall'Ungheria, che si sono rifiutate di partecipare alle operazioni di redistribuzione.

Secondo Bot, la decisione del Consiglio è un atto non legislativo in linea con le prerogative dell'organismo che raggruppa i governi. Infatti, l'articolo 78 dei Trattati “autorizza l'adozione di misure, che, per rispondere a una situazione di emergenza individuata in maniera chiara, deroghino temporaneamente e su punti precisi ad atti legislativi in materia di asilo”. C'è di più. L'avvocato considera che “il Consiglio non era tenuto a decidere all'unanimità, perché la Commissione non si è opposta a tali modifiche”.

L'opinione di Bot, pubblicata stamani, giunge mentre alcuni Paesi dell'Est Europa si sono finora rifiutati di contribuire al processo di ricollocamento di 160mila persone in due anni, così come stabilito dal Consiglio. La Commissione europea ha aperto nelle scorse settimane una procedura di infrazione contro la Polonia, l'Ungheria e la Repubblica Ceca. Pur non vincolante, l'opinone rafforza la posizione dell'esecutivo comunitario nei confronti di questi tre Paesi.

Al di là delle posizioni di alcuni Paesi dell'Est, è da dire che le operazioni di ricollocamento dei rifugiati dall'Italia e dalla Grecia vanno a rilento, a due anni dalle scelte europee. La stessa valutazione di Bot giunge anche mentre i Ventotto stanno negoziando da mesi una riforma del diritto d'asilo. Il progetto presentato a suo tempo dalla Commissione europea prevede che venga rivisto il cosiddetto Principio di Dublino, secondo il quale responsabile del diritto di asilo è il Paese di primo sbarco.

A questo riguardo, in una sentenza pubblicata oggi, la Corte ha confermato che le attuali regole comunitarie impongono l'obbligo di trattare la richiesta di asilo al Paese di primo arrivo. La decisione riguarda un cittadino siriano e i membri di due famiglie afghane arrivate in Croazia e poi trasferite in Slovenia e in Austria, dove hanno presentato domanda di asilo. La Corte ricorda che, in base al Principio di Dublino, la richiesta andava presentata nel primo Paese europeo di arrivo: la Croazia.

Secondo la magistratura comunitaria, neppure l'emergenza migratoria del 2015-2016, quando migliaia di persone sono arrivate in Europa dalla Siria e dall'Irak in preda a violenti guerre civili, poteva esimere il Paese europeo di primo sbarco dalle sue responsabilità in termini di diritto d'asilo. Peraltro, l'emergenza umanitaria non concederebbe la possibilità per il Paese in questione di emettere autorizzazioni di viaggio valide per il tutto il territorio dell'Unione.

Ciò detto, sempre oggi in un'altra sentenza relativa a questioni migratorie, la Corte ha aperto a modifiche nella pratica del Principio di Dublino. Infatti, la magistratura ha statuito che “un richiedente asilo può far valere in giudizio la circostanza che uno Stato membro è divenuto competente per l'esame della sua domanda a seguito della scadenza del termine di tre mesi di cui tale Stato membro dispone per chiedere ad altro Stato membro di prendere in carico il richiedente”.

Il caso riguarda un cittadino eritreo, Tsegezab Mengesteab, la cui domanda di asilo è giunta alle autorità tedesche il 14 gennaio 2016 dopo che questi era arrivato in Italia e attraversato l'Europa verso Nord. Solo il 19 agosto dello stesso anno, l'Agenzia federale tedesca per l'immigrazione e i rifugiati aveva deciso di rinviare il caso alle autorità italiane, in linea con il Principio di Dublino. Secondo la magistratura comunitaria, scaduto il termine dei tre mesi, il cittadino eritreo può difendere la sua posizione in Germania.

Le decisioni della Corte giungono in un momento delicatissimo. L'Italia sta dando battaglia per modificare il diritto d'asilo e soprattutto i piani operativi di due missioni di salvataggio in mare dei migranti: Triton e Sophia. Nei due casi, l'obiettivo è di regionalizzare le operazioni e permettere alle navi di sbarcare le persone non solo in porti italiani. Per ora, il governo italiano è isolato. L'Europa vuole in questo momento concentrarsi sul frenare i flussi in arrivo.

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