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Trump: «Green card da dimezzare». Ma Congresso e aziende sono…

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la casa biancA sposa una proposta anti-immigrazione

Trump: «Green card da dimezzare». Ma Congresso e aziende sono contro

Donald Trump parte lancia in resta per una nuova crociata contro l’immigrazione in nome di America First, questa volta con l’obiettivo di limitare gli ingressi legali negli Stati Uniti. Il presidente ha sottoscritto la proposta di due senatori repubblicani, Tom Cotton dell’Arizona e David Perdue della Georgia, che intende dimezzare entro un decennio da un milione a circa 500mila l’anno le «green card», le carte verdi che sono il documento di residenza permanente e il primo passo verso la cittadinanza.
La riduzione, già stimata dagli autori della proposta al 41% nei primi dodici mesi, avverrebbe anzitutto limitando drasticamente le ricongiunzioni familiari. A chiedere la green card avrebbero diritto solo i figli minorenni e i coniugi, non i figli maggiorenni, fratelli e sorelle o altri parenti. Oggi il 64% degli immigrati che ottiene la residenza vanta legami familiari, solo il 15% entra per qualificazioni professionali.

Trump ha definito la riforma come «la più importante da 50 anni», necessaria a proteggere i lavoratori americani dalla concorrenza dei nuovi arrivati e da pressioni al ribasso suo salari. «Ricreerà il sacro legame di fiducia tra l’America e i suoi cittadini», ha detto. Spesso, ha continuato, a soffrire maggiormente sono le minoranze etniche e gli immigrati precedenti. Il presidente ha anche aggiunto che l’intervento restituirebbe agli Stati Uniti «un vantaggio competitivo nel 21esimo secolo». E consentirebbe risparmi miliardari al controbuente perché i nuovi immigrati usano con più frequenza il welfare.
Ma associazioni per i diritti civili e opposizione democratica in Congresso hanno subito protestato e pare difficile che la legislazione possa ottenere la maggioranza qualificata di 60 voti su cento necessario per portarla in aula.

I dubbi dei repubblicani
I repubblicani hanno un risicato vantaggio di 52 a 48 e dubbi sulla riforma esistono anche tra gli esponenti più moderati del partito. Il senatore della South Carolina Lindsey Graham ha denunciato che, se entrasse in vigore, una simile legislazione sarebbe disastrosa per l’economia del suo Stato che dipende dagli immigrati legali in grandi settori quali l’agricoltura e l’ospitalità. Obiezioni vengono sollevate anche direttamente dalla Corporate America: numerose aziende nei comparti più diversi sono oggi alle prese con una crescente scarsità di lavoratori e sono contrarie a creare nuovi ostacoli all’entrata nel Paese.
Per Trump, però, l’obiettivo è soprattutto politico: mantenere - o provare a mantenere - un’altra promessa elettorale fatta alla sua base, quella di combattere l’immigrazione giudicata eccessiva, all’indomani della sconfitta sofferta sulla sanità e al cospetto della paralisi su altre iniziative economiche cruciali quali la riforma delle tasse. Il suo tasso di approvazione nei sondaggi è sceso al 33 per cento. Nei giorni scorsi il Presidente aveva già preso di mira gli immigrati illegali, tacciati di commettere crimini, e promosso lotta senza quartiere alle «gang».

Anche simili affermazioni vengono messe in dubbio. Numerosi studi, rispondono i suoi avversari, mostrano come in relatà gli immigrati commettano meno reati dei cittadini statunitensi oltre al fatto che l’immigrazione è in realtà fonte di crescita economica. Gli autori della proposta di riforma, Cotton e Perdue, hanno rivendicato di essersi ispirati ai sistemi canadese a australiano che utilizzano criteri meritocratici e di qualifiche nel processo di immigrazione. Nella loro ipotesi vengono assegnati punti per la conoscenza dell’inglese, per i livelli di istruzione, per offerte di lavoro ben pagate, per successi ottenuti e dimostrate iniziative imprenditoriali.

I casi di Canada e Australia
Ma gli scettici, compresi centri conservatori quali il Cato Institute, hanno sottolineato come sia Canada che Australia ammettano proporzionalmente molti più immigrati degli Stati Uniti. E che i criteri ideati dai senatori non incentiverebbero gli arrivi di immigrati qualificati. La legge lascerebbe infatti invariato il numero delle carte verdi concesse per ragioni di lavoro, 140mila l’anno, che diventerebbero una percentuale superiore del totale solo grazie ai tagli altrove degli ingressi. La riforma eliminerebbe inoltre un programma di approvazione della residenza attraverso una lotteria destinata a regioni del mondo oggi sotto-rappresentate rispetto al resto, quali l’Africa. E ridurrebbe a 50mila le ammissioni annuali di rifugiati.

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