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La Fed inizia a smontare il Qe e cambia traguardo sui tassi

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Politica monetaria

La Fed inizia a smontare il Qe e cambia traguardo sui tassi

Janet Yellen (Ap)
Janet Yellen (Ap)

La Fed cambia traguardo. Inizia subito, come annunciato a giugno, la riduzione del suo bilancio, ma nello stesso tempo sembra orientata a rallentare la stretta nel medio termine, anche se non nel breve: il rialzo dei tassi di dicembre dall’attuale livello dell’1-1,25% - non modificato - resta molto probabile. Da ottobre, la Fed ridurrà la somma destinata agli acquisti di titoli di 10 miliardi ogni mese: per tre mesi reinvestirà quindi in titoli di Stato i rimborsi generati dall’attuale portafoglio escluso 6 miliardi, e in mortgage-backed securities i rimborsi ottenuti escluso quattro miliardi. Questi limiti, l’anno prossimo, aumenteranno progressivamente fino a portarsi a un massimo di 30 miliardi per i titoli di Stato e di 20 miliardi per gli altri titoli.

A cambiare davvero è il punto di arrivo dei tassi, quello definito “di lungo periodo”, che è ora indicato nel 2,75%, dal 3% di giugno. È un nuovo minimo. Nel 2012, quando la Fed ha iniziato a pubblicare i dots, l’obiettivo - o meglio la mediana delle previsioni dei tassi neutrali - era pari al 4,25 per cento. Comincia a prendere piede l’idea - ha spiegato in conferenza stampa la presidente Janet Yellen - che «la domanda aggregata globale sarà indebolita dalla bassa crescita della produttività e dall’invecchiamento della popolazione».

Il rialzo di dicembre è ancora molto probabile. I puntini - i dots - che riassumono le previsioni dei governatori indicano per fine anno tassi compresi tra l’1,25 e l’1,50%, come a giugno. L’incertezza dei componenti del Fomc è addirittura diminuita: alcuni «falchi» si sono rassegnati e hanno portato le loro previsioni in linea con la maggioranza del Fomc. Non è per l’immediato che le aspettative sono cambiate.

Nel 2018 l’andamento dei tassi è però un po’ più incerto. I governatori puntano ancora a tassi compresi tra il 2 e il 2,25% - un punto intero rispetto a oggi - ma la media scende bruscamente al 2% (dal 2,3%), segnalando che alcuni govenatori hanno cambiato idea e preferiscono essere più cauti. Per la fine del 2019, le previsioni indicano ora il 2,75%, dal 3% di giugno: si è tornati ai livelli che la Fed immaginava un anno fa. Per il 2020 le previsioni - pubblicate per la prima volta - indicano tassi compresi tra il 2,75% e il 3 per cento, in linea con il traguardo previsto per il lungo periodo.

Non è escluso però che in futuro, con l’arrivo di nuovi dati, la stretta non possa rallentare anche nel più breve periodo. C’è un po’ di incertezza in più nella diagnosi sulla bassa inflazione. Non emerge, in realtà, nelle nuove stime sull’inflazione futura. Le proiezioni macroeconomiche puntano ora a una dinamica del prezzi immutata all’1,6% per fine anno - è la variazione annua del dato trimestrale dell’indice Pce - mentre le abbassa all’1,9%, dal 2% per l’anno prossimo.

Il comunicato ufficiale dice invece qualcosa in più che i modelli macroeconomici evidentemente non permettono di cogliere. Anche se i rischi restano bilanciati l’inflazione sarà «controllata da vicino». I motivi? «La nostra comprensione delle forze che guidano l’inflazione è imperfetta», ha spiegato Yellen, mentre «gli inattesi bassi dati sull’inflazione» richiedono attenzione. Anche la Fed preferisce allora essere «cauta», come la Bce, non farsi trovare spiazzata da un’inflazione che non aumenta con una stretta ormai troppo avanti.

La Fed resta ancora piuttosto fiduciosa nel funzionamento della curva di Phillips: la bassa disoccupazione prima o poi si trasformerà in un’accelerazione dei prezzi e l’inflazione è solo in ritardo. La Yellen ha però riconosciuto che c’è una probabilità che la bassa dimanica dei prezzi non sia un fenomeno temporaneo. La Fed è quindi pronta anche a invertire la corsa: sia - e innanzitutto - sui tassi, che in futuro potrebbero essere abbassati nel caso in cui la situazione economica si deteriorasse, sia - ma solo in un secondo momento - sui reinvestimenti. Anche se il bilancio non è più, ha spiegato Yellen, uno strumento attivo di politica monetaria, la banca centrale è pronta ad aumentare il totale dei riacquisti - abbassando quindi i “tetti” introdotti alla loro riduzione - nel caso in cui la situazione economica dovesse richiedere una «notevole riduzione dei tassi», tale da riportarli vicino allo zero.

Janet Yellen, infine, non ha voluto commentare la fine del suo mandato, né dare indicazioni sulle proprie intenzioni.

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