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INTERVENTO A DUBLINO

Draghi: i giovani non vogliono vivere di sussidi. I governi diano risposte

Il problema della disoccupazione giovanile non va affrontato alla radice solo per questioni di natura economica ma anche per una ragione più fondamentale di giustizia ed equità sociale.

Lo ha detto il presidente della BceMario Draghi nel corso del suo intervento al Trinity College di Dublino. «Vi è una ragione più fondamentale - ha detto Draghi - per continuare ad affrontare questa sfida prioritaria con determinazione. Abbiamo visto come in molti paesi il peso della crisi è caduto in maniera sproporzionata sulle spalle dei giovani il che ha lasciato un'eredità di speranze deluse, rabbia e in definitiva sfiducia nei valori della nostra società e nell'identità della nostra democrazia».

I giovani vogliono opportunità, non sussidi
Alcuni sostengono, ha argomentato il presidente della Bce, che «una più equa distribuzione di reddito e ricchezza è la risposta giusta per riportare entro il patto sociale quelli che hanno perso la battaglia della globalizzazione. Ma questo non può essere abbastanza per i giovani che sono il futuro delle nostre democrazie. Non vogliono vivere di sussidi. Vogliono lavorare e accrescere le opportunità delle loro vite. Oggi, dopo la crisi, i governi sanno come rispondere a questa ricerca e come creare un ambiente in cui le loro speranze possano avere una possibilità di successo. E dovrebbero farlo: per il futuro dei giovani dei loro paesi e anche per la loro democrazia».

“I giovani non vogliono vivere di sussidi. Vogliono lavorare e accrescere le opportunità delle loro vite”

Mario Draghi, presidente della Bce 

La ripresa economica in atto nell'Eurozona ha portato a un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro ma rimane ancora molto da fare per superare il problema in particolare della disoccupazione giovanile. Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi nel suo intervento al Trinity College di Dublino. «Il Pil reale dell'Eurozona è ora in crescita da 17 trimestri consecutivi - ha detto Draghi - e questo ha permesso di creare oltre 6 milioni di posti di lavoro. Di conseguenza, la disoccupazione giovanile è scesa dal picco del 24% nel 2013 a circa il 19% nel 2016, ma è ancora superiore di 4 punti percentuali a dove si trovava all'inizio della crisi finanziaria nel 2007».

Il caso dell’Irlanda
In Irlanda, dove il pil reale è cresciuto del 5,2% l'anno scorco, la disoccupazione, ha ricordato Draghi, è scesa di oltre 13 punti percentuali rispetto al suo picco ed è ora sotto la media europea. Tuttavia la situazione rimane difficile. Nel 2016 oltre il 17% delle persone di età compresa tra 20 e 24 anni non stavano né lavorando né erano in formazione. «In alcuni paesi, e l'Irlanda è uno di questi - ha aggiunto Draghi - sono stati compiuti dei progressi nel ridurre la disoccupazione giovanile. Più in generale, il rafforzamento della ripresa nell'Eurozona continuerà a ridurre l'entità del fenomeno ma se si vogliono combattere le cause strutturali della disoccupazione giovanile allora vi sono delle condizioni necessarie come un grado uniforme di protezione fra i lavoratori, accordi di lavoro flessibili, programmi di addestramento efficaci, un alto grado di apertura al commercio e sostegno per ridurre il costo sociale della mobilità».

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