«Tutto è pronto» per il referendum catalano. Anche la reazione di Madrid, sembra di capire: «Non ci sarà alcun referendum»■, ha detto Inigo Mendez de Vigo, portavoce del governo centrale che ha già inviato più di 10mila agenti di polizia nella regione. Il presidente catalano Carles Puigdemont dovrà «rispondere davanti ai tribunali»,■ ha aggiunto Mendez, per la sua «grave slealtà istituzionale».
«Siamo in presenza - ha aggiunto - di un processo di disobbedienza costituzionale contro una democrazia europea consolidata e prestigiosa come quella spagnola, in pieno XXI sec olo». Un magistrato spagnolo ha anche ordinato a Google di chiudere l’app che consente agli elettore catalani di sapere dove potranno votare, mentre sono stati vietati voli privati su Barcellona.
Le preparazioni per il referendum in ogni caso proseguono. Il portavoce del governo regionale Jordi Turull ha ribadito che domenica si voterà «pacificamente»■ dalle 8 alle 20. «Tutto è pronto nei 2mila collegi elettorali e più»,■ha detto. «Hanno tutto quel che occorre perché la gente possa esprimere il proprio voto», ha aggiunto Puidgemont. «Né il governo né i cittadini della Catalogna stanno facendo nulla di male», ha aggiunto il vicepresidente calatano Oriol Junqueras che ha denunciato lo «stato di eccezione» instaurato da Madrid.
L’indicazione dei separatisti agli elettori è di recarsi alle urne manifestando «resistenza pacifica» anche se sarà loro impedito di votare. Junqueras ha aggiunto che sono state previste «alternative» per i seggi nel caso fosse impedito il voto. Il 63% degli aventi diritto, circa 3,4 milioni di persone, avrebbe intenzione di votare domenica, secondo un sondaggio Gas: sono dieci punti in più rispetto a due settimane. Il 27,7% dice invece che non voterà. La polizia spagnola, peraltro, non è riuscita ancora a sequestrare alcune delle urne predisposte dal governo catalano. L’Agenzia di Protezione dei Dati del governo spagnolo ha però minacciato di imporre sanzioni fino a 600mila euro per le persone che formeranno i seggi elettorali, per «l’uso fraudolenti» dei dati degli elettori, mentre un magistrato spagnolo ha ordinato a Google di chiudere l'applicazione che consente di sapere dove gli elettori catalani potranno votare, resa nota dal presidente Carles Puigdemont mercoledì scorso dopo che altri siti erano stati chiusi per ordine della giustizia spagnola.
Molte scuole, che ospitano le sezioni elettorali, sono state occupate dagli studenti - spesso spronati dai genitori - per evitare che abbia effetto il “cordone sanitario” predisposto dalla polizia di Madrid. Circa 60mila persone, secondo gli organizzatori delle occupazioni, si sono registrate per partecipare: hanno a disposizione tende, sacchi a peli, paella a volontà - gratuita - e spettacoli cinematografici. Centinaia di trattori sono intanto scesi nelle piazze di Barcellona e di tutte le principali città della regione in difesa del referendum.
Puidgemont si è anche rivolto alla polizia spagnola, chiedendo di agire con professionalità, e non come una polizia politica. «Mi piacerebbe che usassero gli stessi standard» della polizia catalana: «Non standard politici, su ordini politici, ma attività di polizia e standard professionali».
Josep Lluis Trapero, capo della polizia catalana, i Mossos d’Esquadra, ha ordinato ai suoi uomini, in una circolare, di non usare violenza contro chi attuerà forme di resistenza passiva. «L’uso della forza dovrà limitarsi ad accompagnare le persone fuori dai centri o per aprire un passaggio per la polizia.
Una denuncia contro il procuratore generale spagnolo José Manuel Maza e il procuratore capo per la catalonia José Maria Romero de Tejada, accusati di abuso di potere, è stata presentata dal ministro della Giustizia catalano Carles Mundó. I due magistrati avrebbero guidato la prima manovra repressiva contro le istituzioni catalane. Mundó ritiene che abbiano agito «al di fuori della legge» e che organizzare un referendum secondo la legge spagnola «non è reato».
Non mancano aperture a quella che sembra una delle poche soluzioni all’impasse: la trattativa. «Siamo assolutamente disposti a negoziare. Quando lo vorrà lo Stato spagnolo»,■ ha detto il ministro degli Esteri catalano Raul Romeva. «Abbiamo cercato di farlo per anni», ha aggiunto. Il governo centrale di Madrid ha intanto cercato di ridimensionare le preoccupazioni degli investitori: garantirà - ha spiegato un funzionario anonimo - i pagamenti a tutti i creditori dell’amministrazione regionale catalana.
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