DAL NOSTRO INVIATO - A Barcellona, la Generalitat è pronta a dichiarare, in modo unilaterale, l'indipendenza della Catalogna già nei prossimi giorni. «I cittadini catalani si sono guadagnati il diritto di vivere in uno Stato indipendente», ha detto davanti alla folla esultante il governatore della regione, Carles Puigdemont. Il governo spagnolo, da Madrid, ha condannato con fermezza nella notte «la sceneggiata» degli indipendentisti: «Il referendum che alcuni hanno voluto per spaccare il Paese e rendere indipendente una parte del Paese contro la volontà della maggioranza degli altri cittadini della comunità, semplicemente non c’è mai stato», ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy.
Il referendum di ieri e, ancora di più, le cariche della polizia spagnola che hanno ferito più di 700 elettori catalani davanti ai seggi, hanno mostrato che la rottura tra la Spagna e la Catalogna ormai definitiva . La disobbedienza dei Mossos d’Esquadra, gli agenti della polizia regionale, che si sono rifiutati di intervenire contro la gente e si sono schierati di fatto per il referendum, mostrano che la Catalogna è già altro rispetto alla Spagna: nella gestione del potere sul territorio, e non solo nelle rivendicazioni e nelle aspirazioni.
I leader secessionisti continuano a sfidare la legge spagnola, ignorando le sentenze della Corte Costituzionale e insistendo con una consultazione del tutto «illegale» che si è svolta senza le necessarie garanzie e la necessaria trasparenza. Ma Rajoy e le autorità spagnole si sono messi contro le manifestazioni pacifiche di milioni di catalani, la polizia si è resa responsabile davanti al mondo di azioni violente non degne di uno Stato democratico.
Il conteggio dei voti passa in secondo piano anche perché non può essere verificato da nessuno: ieri nei seggi le operazioni si sono svolte in modo improvvisato e chiunque avrebbe potuto votare, anche più volte. La Generalitat in ogni caso ha conteggiato 2,262 milioni di schede che rappresentano circa il 42% dei 5,3 milioni di catalani iscritti nelle liste elettorali. Il Sì all’indipendenza - come ampiamente previsto - ha ottenuto quasi il 90% dei consensi con 2,020 milioni di voti. Il No avrebbe incassato 176mila voti pari al 7,8 per cento. Secondo Barcellona tuttavia altri 770mila elettori erano iscritti nei 400 seggi chiusi dalla polizia e la partecipazione avrebbe potuto superare il 55 per cento.
«Non so che cosa accadrà ora. Dopo quello che ho visto ieri, dopo che ho visto la polizia colpire senza motivo persone che manifestavano pacificamente la loro opinione, ho paura» dice Emilia Blanc, uno dei tanti cittadini catalani che hanno votato dopo ore di fila al seggio. «Ho visto le cariche nel mio seggio in Deputaciò - aggiunge - e mi sono spostata in questo seggio qui al Raval per potere finalmente votare».
A Madrid non basta più invocare la legalità e il rispetto della Costituzione. Per contenere la deriva secessionista servono risposte politiche. E Rajoy non sembra averne. Ma cosa succede ora? La Generalitat arriverà davvero alla dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna? Come reagirà il governo spagnolo? Tutto è possibile. A sentire Barcellona e Madrid, la battaglia è destinata a diventare ancora più dura.
Il vicepresidente catalano Oriol Junqueras ha spiegato che spetterà al Parlamento di Barcellona, nei prossimi giorni, dichiarare l’indipendenza, in base alla legge sul referendum: la decisione sembra a tutti ormai inevitabile e potrebbe essere presa a partire da mercoledì.
Rajoy, ringraziando le forze dell’ordine e indicando i leader catalani come gli «unici responsabili» delle violenze di ieri ha fatto capire che il governo di Madrid non intende fare passi indietro. È pronto quindi a commissariare le istituzioni catalane, sospendendo ogni forma di autonomia della regione, com previsto dall’articolo 155 della Costituzione.
“Cosa succede ora? La Generalitat arriverà davvero alla dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna? Come reagirà il governo spagnolo?”
La crisi istituzionale in Catalogna ha tuttavia superato, da ieri, i confini nazionali. E non potrà non mettere in imbarazzo l’Europa fino a qui schierata con la legalità e quindi con Madrid. Puigdemont, tra la folla esultante di Placa de Catalunya, ha lanciato un appello all’Europa perché cessi di «ignorare la crisi catalana e le violazioni dei diritti umani di cui si è resa responsabile la Spagna» dicendo che «la Ue non può continuare a guardare dall’altra parte perché abbiamo guadagnato il diritto di essere rispettati in Europa». In mattinata si è poi pronunciato a favore di una «mediazione internazionale» con il governo di Madrid.
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