La disoccupazione è ancora alta. Il 17,1% - il dato di agosto - non segnala certo un’economia del tutto sana; e un tasso di giovani senza lavoro che raggiunge il 38,7% indica quanto sia drammatica la situazione, malgrado gli evidenti miglioramenti degli ultimi anni: la povertà, nel Paese, è ancora un problema molto serio. Al punto che l’Ocse - l’organizzazione dei Paesi avanzati con sede a Parigi - ha consigliato di elevare il salario minimo e gli aiuti alle famiglie con figli.
L’economia spagnola è stata colpita in modo durissimo dalla crisi. Nel 2007aveva finanze pubbliche sotto controllo, ma i tassi di interesse fissati dalla Bce sono stati a lungo troppo bassi, hanno alimentato una vera e propria bolla immobiliare che sua volta aveva surriscaldato l’economia. Il crollo è stato durissimo, il bilancio statale è stato chiamato a salvare le banche e l’indebitamento è salito fino al 100% del prodotto interno lordo, lasciando poco spazio per interventi sociali.
Dopo la lunga crisi, ora la situazione è decisamente migliorata: «La Spagna è nel suo quarto anno di impressionante espansione economica e creazione di lavoro», hanno spiegato gli economisti del Fondo monetario internazionale alla fine della loro visita annuale, a metà luglio. Ora si aspettano per fine anno una crescita del 2,6%. Soprattutto, è cambiato il motore dell’economia: non più il settore immobiliare, ma quello dei servizi, con un’interessante attività di export. Il deficit commerciale con la Germania, che secondo alcuni economisti è stato “il” problema del Paese, è oggi pari all’1,1% del Pil, meno per esempio dell’Austria o della Francia (e di otto altri Paesi di Eurolandia...).
La disoccupazione così alta rivela però che non tutti i problemi sono stati risolti. Il Paese invecchia, la produttività langue, rispetto ai partner europei, e il Fondo monetario internazionale ha anche notato un disallineamento tra le competenze richieste tra le aziende e quelle offerte dai lavoratori. Il mercato del lavoro è inoltre ancora molto diviso, sia pure meno rispetto al passato, quando le differenze tra lavoratori tutelati e i non tutelati avevano suscitato molte perplessità. Il sistema bancario, inoltre, non si è ripreso del tutto: le sofferenze sono ancora elevate, la solidità patrimoniale chiede di essere migliorata, secondo il Fondo monetario. Sono anche carenti le istituzioni di vigilanza sul settore finanziario in senso lato. La regolamentazione dell’attività di impresa è molto favorevole alle imprese più piccole e questo ha disincentivato il raggiungimento di dimensioni ottimali.
È inoltre un Paese molto diviso, con tassi di disoccupazione che vanno da un minimo del 12,5% per la Navarra e il 28,9% dell’Andalusia (in Catalogna, come a Madrid, è del 15,7%) e la locomotiva sembra essere proprio Barcellona e la sua regione: con il 16,5% della popolazione, produce il 20% del Pil e il 30% delle sue esportazioni.
Una delle soluzioni consigliate - dall’esterno... - a Madrid è da tempo quella di dare alla Catalogna la stessa autonomia fiscale della regione basca, e questo passaggio potrebbe ulteriormente aumentare le distanze tra le diverse aree del Paese.
A pesare, soprattutto, può essere l’incertezza. Per quanto le imprese stiano rapidamente imparando a vivere con l’incertezza politica - la Spagna è stata per mesi senza governo - è possibile che un confronto molto duro tra Barcellona e Madrid, con nuove elezioni regionali e, forse, nazionali, possa far slittare i piani di investimento, con un rallentamento della domanda interna.
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