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Rischio «spose bambine»: la Turchia ratifica le nozze celebrate dai muftì

Il presidente Erdogan
Il presidente Erdogan

Come un esperimento scientifico mal riuscito la Turchia torna lentamente ma inesorabilmente alle sue radici ottomane dopo essere stata trasformata nel 1922 in un paese laico dal fondatore del paese Kemal Ataturk. Come? Presto detto: il Parlamento di Ankara ha approvato una norma che rende legalmente validi i matrimoni celebrati dai muftì, gli esperti di legge islamica che dipendono a tutti gli effetti dal potente ministero per gli Affari religiosi il “Diyanet”.

I matrimoni religiosi in Turchia sono molto diffusi ma non hanno valore legale se non sono poi ufficializzati da un'unione civile. Ora però si cambia musica. I laici, sempre più minoranza e messi in un angolo in un Paese al 99% musulmano, temono che con la nuova norma cada un ultimo bastione di laicità voluto dal fondatore della Turchia moderna Ataturk.
Esagerazioni? Forse, ma d'ora in avanti anche i “muftì”, autorità musulmane riconosciute come funzionari pubblici, potranno celebrare legalmente i matrimoni, che finora venivano registrati solo davanti agli ufficiali civili. Una modifica fortemente voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan, che nei giorni scorsi aveva avvisato, con il consueto scarso rispetto per i diritti delle minoranze critiche di fronte al ddl: la legge passerà, «che vi piaccia o no». Per Erdogan la democrazia è un sistema dove chi prende più voti alle urne vince e governa senza dover tenere troppo conto del rispetto dei diritti della minoranza.

Sulle barricate del Paese sul Bosforo ci sono l'opposizione in Parlamento, che - essendo la Turchia una democrazia parlamentare monocamerale dove il governo ha una larga maggioranza di voti - ha annunciato dopo il voto a favore della legge l'intenzione di ricorrere «al più presto» alla Corte costituzionale, e i movimenti laici e femministi, già scesi più volte in piazza dopo la presentazione della proposta di legge a fine luglio. Sono purtroppo lontani i tempi dei ragazzi e delle ragazze di Gezi Park che si ribellarono a difesa di un piccolo parco verde nel cuore di Istanbul e sfidarono, senza successo, l’autoritarismo del partito al potere.

Finita la pausa estiva parlamentare, l'articolo che autorizza le nozze islamiche è stato inserito in un ampio piano di riforme sui registri civili, che deve ancora essere sottoposto ad un ultimo voto. Ma sarà solo una formalità. La maggioranza dell'Akp, sostenuta anche dai nazionalisti del professor Devlet Bacheli dell'Mhp, gli eredi dei Lupi Grigi di Alì Agca , non ha problemi di numeri alla Grande assembleae, unico ramo legislativo del Paese . Lo scopo, dice il partito di Erdogan, l’Akp, il partito filo-islamico, è quello di «facilitare le procedure e garantire che i cittadini ricevano i servizi nel modo più rapido e semplice», specie negli ambienti più conservatori che da sempre privilegiano la cerimonia islamica rispetto a quella laica.

Sarà, ma secondo i critici del socialdemocratico Chp e del filo-curdo Hdp il cui segretario è finito per mesi in prigione con accuse molto opinabili, la norma rischia di far diminuire i controlli sui casi di “spose bambine” e i matrimoni non registrati, in particolare nelle zone rurali della Turchia profonda. «State rendendo religiosi tutti i segmenti dello Stato, dall'educazione al matrimonio», ha denunciato in aula il socialdemocratico Chp, prima forza di opposizione e laica a Erdogan. A rischio, è l'accusa, ci sono i principi stessi di laicità della legge turca, aprendo così la strada a «una distruzione dei diritti acquisiti dalle donne».
Lo scorso anno, dopo aspre polemiche e numerose proteste di piazza, il governo di Ankara fece marcia indietro su una controversa proposta che condonava gli abusi sui minori in caso di “matrimonio riparatore”, se avvenuti in modo consensuale. Un colpo di spugna, scongiurato in extremis, sui casi di “spose
bambine” che in Turchia aveva fatto indignare anche alcuni ambienti tradizionali.

La linea del governo Akp è che, istituzionalizzando i matrimoni religiosi, sarà più facile controllarli, così da evitare pratiche illegali o non rispettose della legge, ma le opposizioni laiche ritengono che invece non ci sarà nessun controllo reale da parte dello Stato.

In realtà questo passo è l’ennesimo che l’Akp porta avanti seguendo quella che un tempo era chiamata “agenda segreta islamica” e che ora viene invece sbandierata senza problemi alla luce del sole e dei comizi politici. Come accade dalla salita al potere di Erdogan avvenuta nel lontano 2002, i turchi si dovranno rassegnare alle ennesime riforme dei conservatori. «Dopo la liberalizzazione del velo nei luoghi pubblici, scuole ed università compresi, ecco un'altra grande scelta di civiltà - ha esultato Jane Louise Kandur, ex leader della sezione femminile dell'Akp a Istanbul - questa legge ha un forte valore simbolico». E su questo non ci sono dubbi. Ankara si allontana dai principi laici dell’Illuminismo. Un altro passo che la porta lontano dalla laicità europea e dalle radici del suo fondatore, Kemal Ataturk.

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