Due Governi separati già ci sono. Così come due Parlamenti, due ministri del petrolio, due pseudo-eserciti, forse meglio definirli ancora milizie. Ma nella Libia spaccata in due, dove nella regione orientale della Cirenaica è il generale Kalifa Haftar a dettare il bello e il cattivo tempo, dopo la guerra delle banconote, scoppiata nel giugno 2016, tra poco scoppierà anche quella delle monete.
Il nuovo pesante carico è già sbarcato al porto di Bengasi, riaperto da pochi mesi dopo essere stato chiuso per tre anni a causa dei duri combattimenti con gli estremisti islamici.
Le monete, fabbricate in rame, pesanti più dei nostri due euro e con inciso il disegno di una pianta che cresce sulle montagne verdi della Cirenaica (sull’altro lato è impressa la scritta «Banca centrale della Libia») sono state coniate dalla Zecca di un Paese, la Russia, che mese dopo mese sta brillantemente consolidando le sue già amichevoli relazioni con la regione della Libia dove si trova almeno l’80% delle riserve di greggio dell’ex regno di Muammar Gheddafi.
In circolazione da novembre
Inizieranno a circolare tra poco, già il prossimo 2 novembre, ha precisato il ramo orientale della Banca centrale della Libia. Anche questa, naturalmente, in accesa competizione con la Banca centrale della Libia occidentale stanziata a Tripoli (Bengasi vorrebbe amministrare da sola le risorse petrolifere). Varranno un dinaro iracheno, dunque circa 75 centesimi di dollaro americano. Questo il tasso ufficiale, sul mercato nero invece 12 cents in meno. Sostituiranno le banconote da un dinaro e serviranno ad affrontare un’emergenza nazionale: la carenza di banconote, ormai molto poche, e comunque spesso deteriorate.
In verità già l’anno scorso 200 milioni di dinari in banconote erano arrivati da Mosca (dove, guarda a caso, vengono stampate anche le lire siriane) all’aeroporto di Labraq. La sede della banca centrale di al-Bayda – legata al governo di Tobruk – aveva iniziato a mettere in circolazione i contanti, con l’obiettivo di «raggiungere» entro il fine settimana anche l’ovest della Libia.
Una manovra «illegale»
La reazione del Governo di accordo nazionale, stanziato a Tripoli e il solo a essere riconosciuto ufficialmente dalle Nazioni Unite, non si era fatta attendere. Una manovra illegale che rischia di mettere nel caos e minaccia la credibilità dell’Istituto centrale agli occhi del mondo, aveva tuonato Sadiq al-Kabir, governatore della Banca Centrale di Tripoli, chiedendo al Consiglio presidenziale libico di vietare che le banconote «rivali» venissero messe in circolazione, definendole contraffatte.
Da parte sua, la Banca centrale di Tripoli aveva ricevuto in quel periodo altri 112,5 milioni di dinari in banconote stampate dalla società britannica De La Rue. Che ad aprile aveva inviato 70 milioni di dinari in Libia sempre con un velivolo atterrato all’aeroporto di Mitiga a Tripoli.
Al di là dei dissidi tra le due banche, e della legalità di una simile iniziativa, i libici erano e sono davvero in difficoltà. Il crollo della produzione petrolifera, in un paese dove il 95% delle entrate governative deriva dall’export di energia, è stato un dramma per l’economia. Dopo aver attinto generosamente alle riserve in valuta pregiata per tamponare i crescenti deficit di bilancio di entrambi i Governi, l’anno scorso la Banca centrale aveva posto un freno all’emorragia delle riserve valutarie. Ma altre entrate importanti, al di là dei lucrosi business della tratta di esseri umani e del contrabbando di armi, in mano a potenti organizzazioni criminali che operano spesso in combutta con diverse milizie, non ve ne erano.
Il miglioramento della produzione
La produzione petrolifera nel 2017 è decisamente migliorata, passando in agosto a quasi un milione di barili al giorno rispetto ai 350-400mila di media del periodo 2013-2016). Ma è ancora lontana dall’1,6 milione di barili al giorno del periodo precedente la rivoluzione del 2011.
Gli standard di vita sono dunque precipitati. L’inflazione galoppa, la disoccupazione si impenna e quell’esercito di pubblici dipendenti (oltre un milione su cinque milioni di abitanti), piuttosto viziati ai tempi di Gheddafi, comincia a faticare.
I libici sono ricorsi all’arte di arrangiarsi. Ormai sono avvezzi a trascorrere ore in fila davanti agli sportelli delle banche per ritirare il contante. Che peraltro è soggetto a limitazioni nel prelievo. E ora la pratica comune sono gli assegni post-datati. Che più di qualche problema lo stanno creando.
Qualcuno ha di recente avuto l’idea di avviare un workshop per introdurre nel Paese il commercio elettronico. Se non ci fossero la guerra, il caos e l’anarchia, sarebbe anche un’idea da prendere in considerazione.
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