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Theresa May e la difficile sopravvivenza con il nemico in casa

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L'Analisi|brexit

Theresa May e la difficile sopravvivenza con il nemico in casa

Il lungo riscaldamento è finito, per Theresa May la trattativa comincia ora. L’interlocutore non si trova a Bruxelles e neppure nelle capitali dei Paesi membri, ma a Londra dove s’annida l’opposizione vera alla signora premier. Gli euroscettici del partito conservatore promettono di dare battaglia se l’ospite di Downing street si mostrerà eccessivamente “generosa” nei confronti dell’Ue. E per sperare di andare avanti nel processo di divorzio Theresa May sa – a Bruxelles le è stato ribadito - di dover mettere mano al portafoglio, un gesto che i tories antieuropeisti non accettano suggerendo, invece, di far saltare il tavolo negoziale.

Le ragioni sono evidenti: hanno vinto un referendum mentendo sulle conseguenze del distacco, pagare ora svelerebbe all’elettorato la realtà di una Brexit dai piedi d’argilla che si conferma un azzardo politico e uno straordinario onere economico. Nulla a che vedere, quindi, con l’”opportunità” sventolata in questi anni con l’aiuto di media compiacenti. Il presidente francese Macron può anche aver ragione quando denuncia come un bluff il “no deal” di cui i più radicali euroscettici parlano da settimane. Londra gioca, indubbiamente, al “good cop, bad cop” con il ministro degli esteri Boris Johnson nelle vesti del poliziotto cattivo e la premier in quelle dell’agente buono, pronto al compromesso. L’”ammuina” di Londra non basta, tuttavia, per spiegare la congiuntura di oggi.

Theresa May è sotto schiaffo dall’opposizione interna: una realtà che l’Ue, in tutte le sue rappresentazioni, può decidere di ignorare esasperata, come crediamo sia, dalle minacce del partner riluttante e decisa, come crediamo voglia essere, a sottrarsi dalla morsa dei tory eurofobi. È un fatto, tuttavia, che gli spazi di manovra di Theresa May siano limitati dopo le aperture mostrate a Firenze. Il negoziato, da allora, ha conosciuto sussulti e non si è sbloccato come i partners avrebbero voluto, anche se sullo status dei cittadini Ue nel Regno Unito e di quelli britannici nella Ue il punto di compromesso è molto vicino. Non si può dire altrettanto per gli altri due passaggi ritenuti dall’Unione propedeutici all’avvio della fase due, quella che dovrà definire la silhouette delle relazioni anglo-europee dopo la Brexit. La definizione del confine fra repubblica d’Irlanda e Ulster crediamo che potrà trovare compimento solo nella seconda fase del negoziato: sarà, cioè, il nuovo status delle relazioni anglo-europee a tracciare i rapporti che verranno nella consapevolezza che la pace di Pasqua fra unionisti e repubblicani nordirlandesi deve essere protetta.

Il conto per il divorzio si conferma il capitolo più ostico. I venti miliardi di euro immaginati da Theresa May non possono bastare. La premier lo sa e i partner glielo hanno ribadito in queste ore. Dovrà alzare l’asticella e testare la determinazione degli euroscettici dentro e fuori dal suo governo dimostrando consapevolezza di quanto l’ex commissario Pascal Lamy ha ben riassunto nei giorni scorsi ricordando che la Brexit non è una trattativa tradizionale dove le parti cedono reciprocamente terreno per trovare un compromesso, ma “una procedura codificata”. Margini strettissimi, quindi. Londra dovrà rispettarli e dovrà pagare quanto prescritto con buona pace degli eurofobi, impermeabili anche all’evidenza che invoca un’intesa temporanea per dilatare tempi resi strettissimi dalle schermaglie di questo tormentato divorzio. Gli ospiti della City si tratterranno ancora qualche mese dalla smobilitazione, poi dovranno decidersi: non possono rischiare d’essere presi alla sprovvista dallo scenario del marzo 2019 quando la Brexit scatterà in assenza di un accordo ad interim.

L’intesa temporanea potrà essere definita solo quando la fase uno della trattativa sarà chiusa, ovvero quando Londra avrà pagato il dovuto. Ci sono due mesi scarsi prima del vertice Ue di dicembre, ultima chiamata per avviare la seconda fase negoziale e definire un’intesa-ponte capace di scavallare la deadline del marzo 2019. Il tempo stringe come i tweet di Lloyd Blankfein numero uno di Goldman Sachs non cessano di ricordare. «Bella Francoforte...molto bene perché passerò molto tempo da queste parti...».

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